sabato 23 aprile 2022

L'ultimo ricatto dello Zar che umilia l'Europa

@ - Resa in cambio della tregua. Mosca ricatta Kiev sulla città simbolo dell'accanimento e degli appetiti russi nel sud-est dell'Ucraina. Volete la tregua umanitaria su tutto il sito industriale, o solo su una parte, per consentire l'evacuazione di centinaia di civili rifugiati nei bunker sotterranei?


Per averla - è l'aut aut di Mosca - prima è necessario vedere la resa della capitale de facto del nazionalismo ucraino, l'acciaieria Azovstal, dove sono asserragliati i combattenti ultranazionalisti del Battaglione Azov, i nemici della guerra nel Donbass che il Cremlino definisce «nazisti». Lo stabilimento nella città di Mariupol, di cui i russi hanno annunciato la presa, deve cadere perché Putin - che ha mancato la marcia su Kiev - possa esibire i primi frutti della guerra il 9 maggio in patria, alla Giornata della Vittoria che celebra la capitolazione dei nazisti nella Seconda Guerra mondiale. E se la resa del Battaglione Azov non c'è - è la convinzione del presidente russo - è perché il governo di Kiev lo impedisce, vietandola ai combattenti ucraini.

Ad annunciare l'ultimatum all'Ucraina è stato il generale russo Mikhail Mizintsev: «La tregua umanitaria inizierà quando le forze ucraine rintanate nello stabilimento Azovstal di Mariupol, bloccato dall'esercito russo, alzeranno bandiera bianca». Se non è ancora accaduto - ha spiegato Putin durante la telefonata con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel - è perché «il regime di Kiev non permette loro di cogliere la possibilità. «A tutti i soldati dell'esercito ucraino, ai militanti dei battaglioni nazionalisti e ai mercenari stranieri - ha insistito il leader russo - è stato garantito che avrebbero avuto salva la vita, un trattamento decente in linea con il diritto internazionale e adeguata assistenza medica». Ma Kiev non vuole che accada, è la conclusione di Putin, pronto a scaricare la colpa della mancata tregua sull'Ucraina.

Da parte di Kiev, un copione opposto anche stavolta. «La resa è fuori questione», ha già detto il capitano Svyatoslav Palamar del Battaglione Azov, che nega la presa di Mariupol. Nessuno si arrenderà perché le forze ucraine in città sono «sufficienti per respingere gli attacchi», perché il porto strategico «resiste», ma anche perché nessuno crede a un'uscita in sicurezza dei civili, che sono sotto le bombe pesanti, feriti e uccisi dagli ordigni anti-bunker russi. «Sappiamo con chi abbiamo a che fare - chiarisce il capitano Palamar - E che tutte le garanzie e le affermazioni di Mosca non valgono nulla».

Non lascia ben sperare, dunque, nemmeno «la richiesta immediata di corridoi umanitari da Mariupol e dalle città assediate, soprattutto in occasione della Pasqua ortodossa», avanzata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel nell'ora e mezza di colloquio telefonico con Putin, una chiacchierata «franca e diretta», secondo Michel. Di fatto un altro buco nell'acqua, un nuovo dialogo fra sordi. Michel ha invitato il leader russo ad avere un contatto diretto con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ma Zar Vlad ha risposto che dipenderà dall'esito dei negoziati, nei quali gli ucraini sono stati «incoerenti e non disposti a soluzioni mutualmente accettabili». E ha definito «irresponsabili» le dichiarazioni dei rappresentanti del Consiglio europeo «sulla necessità di una soluzione militare del conflitto in Ucraina».

Nella conversazione Michel, reduce da Kiev, ha ribadito il sostegno «incrollabile» all'Ucraina: «L'unità della Ue, i nostri principi e i nostri valori sono inalienabili», ha spiegato Michel. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in un'intervista a der Spiegel, promette che consegnerà altre armi a Kiev, ma ammette che le possibilità «sono ampiamente esaurite». Berlino non vuole andare oltre, per «responsabilità». «Farò di tutto per impedire un'escalation che possa portare a una terza guerra mondiale. Non deve esserci una guerra nucleare», è il punto di Scholz. Intanto Bruxelles prepara il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Allo studio c'è lo stop all'import di petrolio. Il gas aspetta. E la guerra continua. Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, in attesa di fissare un incontro con Zelensky, sarà a Mosca da Putin martedì 26. «Per una pace urgente». Di cui non si vede traccia.

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