La Mensa dei Poveri nel 590 d.C. dal Celio nelle Cappelle di S. Barbara Andrea e Silvia





PREMESSA AL PROGETTO PARCEL

Parco Archeolgico Religioso CELio
di:
Don. Guido Innocenzo Gargano
monaco Benedettino sul Celio – Gruppo Promotore PARCEL


Il colle Celio, che oggi fa parte del Primo Municipio di Roma, appartiene ai classici Sette Colli dell’Urbe e conserva ancora oggi tracce visibili della Mura Serviane costruite da Servio Tullio, uno dei Sette Re di Roma prima della Repubblica.
La sua posizione geografica lo pone a destra del termine della Via Appia, Regina Viarum, punto di arrivo di tutti coloro che raggiungevano l’Urbe provenendo da Sud Est e dunque da quell’Oriente che, comprendendo la Grecia, era riconosciuta di fatto da tutti, nell’Antichità, se non la culla della cultura umana certamente lo spazio in cui le più antiche forme di civiltà, quelle africane che avevano raggiunto il vertice nella valle del Nilo e quelle asiatiche, sviluppatesi nella Mesopotamia delimitata dal Tigri e dall’Eufrate, erano fiorite e si erano estese a tutto il Mediterraneo a partire dai tempi di Alessandro Magno. 
La Via Appia era stata poi la strada per eccellenza dell’arrivo della fede cristiana che, nata a Gerusalemme, era entrata in Europa via mare, con o senza attraversamento della Grecia, fino ad immettersi attraverso la Regina Viarum nel cuore dell’Urbe da cui tutte le strade si diramavano per raggiungere, a Nord e ad Ovest, le molteplici realtà che oggi chiameremmo europee. Non è forse vero il proverbio che “Tutte le strade conducono a Roma”?
Da questo colle ebbe inizio anche l’avventura, pensata verso la fine del VI secolo, da Gregorio Magno, discendente di nobili famiglie senatoriali romane sia da parte di Madre che di Padre, con l’invio di ben quaranta dei suoi monaci, formati nel suo Palatium sul Celio, divenuto Cenobio dopo la sua conversione alla vita monastica, ad evangelizzare gli Inglesi allora chiamati Angli. Questa avventura fu descritta, sia pure con grande fantasia teologica, da un discepolo inglese dei monaci romani chiamato Beda il Venerabile nella sua opera intitolata Historia Gentis Anglorum.
E’ stato importante fare questo brevissimo riferimento storico, perché la missione dei quaranta monaci gregoriani, partiti dal colle Celio, è all’origine di quella che sarà chiamata universalmente Via Francigena. E infatti quei quaranta monaci celimontani raggiunsero l’Inghilterra, o più precisamente il Kent, il cui capoluogo era Canterbury, attraversando appunto la terra dei Franchi.
Quel che successe dopo l’avventura di quei batti strada è a sua volta molto importante perché la via dell’andata divenne anche la via del ritorno e finalmente un vero e proprio andirivieni con tantissime diramazioni che presero nomi diversi a seconda dei luoghi e delle intenzioni per cui venivano tracciate così che queste diramazioni portavano nomi a loro volta divenuti tradizionali come la Via Benedettina, la Via Francescana, la Via di santa Scolastica etc. Grazie alla frequentazione di queste strade da parte di monaci, frati, missionari, commercianti, uomini avventurosi o di cultura, assetati di novità di tutti i tipi, si dette di fatto inizio ad uno scambio spettacolare di conoscenze su ogni aspetto dello scibile umano, così che, nel giro di pochi secoli quelle strade, che partivano e arrivavano alla via francigena, divennero strumenti preziosissimi di comunicazioni e di scambi vivenziali che produssero di fatto la civiltà europea.
Né va dimenticato che furono proprio i discepoli dei monaci gregoriani, partiti dal Celio che, seguendo l’insegnamento di Gregorio Magno, e forse anche in concorrenza con i loro dirimpettai monaci irlandesi, ad attraversare il mare, per iniziativa del monaco Vilfrido Villibordo Bonifacio e delle sue collaboratrici monache inglesi, a portare l’eredità gregoriana, custodita e sviluppata sul Celio, nei territori che partendo dall’Olanda, si estendevano per tutta la Germania fino alle Alpi e  ai confini nordorientali dell’Impero Romano. Con ciò stesso legando a Roma culturalmente e spiritualmente tutte le tribù germaniche non soltanto come fonte indiscussa della sensibilità religiosa cristiana, ma anche come metodo – appreso appunto da Gregorio Magno – che in pratica consisteva nel non considerare gli altri o i diversi né come occasione di sfruttamento, né come territori di conquista economica, religiosa o culturale, ma come dono proveniente da Dio stesso. I nuovi popoli, così li chiamava Gregorio, e non i barbari, come venivano definiti gli stranieri dai Greci e dai Romani, erano lo spazio della provvidenza ed erano gli attori di una crescita che garantiva la vita, nonostante che potessero apparire anzitutto come violenti e distruttori di un modo di vivere al quale ci si era fino al loro arrivo abituati. Non si trattava dunque né di opporsi ai diversi con confini militarizzati o con eserciti orientati a distruggerli, ma come occasione da non perdere perché il progetto di Dio, reso alla felicità di tutti, si potesse finalmente realizzare. Non era forse scritto nel Vangelo che Dio fa splendere il suo sole sui buoni e sui cattivi e dona la sua pioggia sia ai giusti che ai peccatori? Così nacque la nuova Europa cristiana.
Il che significa che tutto ciò che nei secoli successivi caratterizzerà la civiltà europea non potrà fare a meno di ammettere, senza alcun vanto ma per verità storica, che si è trattato di vero e proprio sviluppo di una pianta europea che deve alla lungimiranza profetica di Gregorio Magno, a partire dal colle romano del Celio, la sua caratteristica di essere cresciuta nella condivisione dei valori delle diverse etnie (romane, franche, anglosassone, germaniche etc) che formano la ricchezza straordinaria, ancora oggi, dell’Europa che conosciamo.  

Curare il Celio significa allora permettere alla tradizione viva dell’Occidente europeo di non dimenticare le proprie radici da cui è nata una pianta, chiamata appunto civiltà occidentale, che dal cuore di Roma, e più precisamente dal colle Celio e dalla profezia di Gregorio Magno, ha esteso i suoi rami sulle nuove terre scoperte nel secondo millennio cristiano fino a ospitare sotto la loro ombra l’estremo Occidente, cioè le due Americhe, l’Africa subsahariana, l’estremo Oriente e l’Oceania.

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