venerdì 26 luglio 2024

Sabotaggio treni Tgv Francia, cosa sta succedendo: servizi segreti, Russia, Iran. Le ipotesi e le indagini

@ - Poche ore prima della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi, la rete ferroviaria TGV francese è stata gravemente compromessa da incendi dolosi che hanno paralizzato il traffico. La SNCF ha annunciato che nessun treno arriverà alla stazione di Parigi Montparnasse fino alle 13, mentre i servizi di intelligence sono stati mobilitati. Il ministro dello Sport, Amélie Oudéa-Castera, ha condannato il sabotaggio «come un attacco ai Giochi Olimpici», mentre il ministro dei Trasporti, Patrice Vergriete, ha parlato di azioni dolose coordinate condannando gli atti criminali e stimando il dato che circa 800.000 viaggiatori saranno colpiti.

Sabotaggio treni Tgv Francia, cosa sta succedendo: servizi segreti, Russia, Iran.
Le ipotesi e le indagini© Agenzia Nova

Cosa è successo: sabotaggi e arresti prima delle Olimpiadi
L'azione di sabotaggio è avvenuta a poche ore dall'apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024 e un giorno dopo la massiccia operazione anti terrorismo in Belgio dove sono stati arrestati sette sospetti di terrorismo provenienti dall'Asia centrale, associati allo Stato Islamico del Khorasan. L'operazione, che ha coinvolto perquisizioni in nove comuni, non è direttamente collegata alle Olimpiadi ma è stata accelerata per prevenire rischi. Il livello di allerta terrorismo in Belgio è attualmente a 3 su 4. Secondo gli esperti questa operazione non è collegata ai sabotaggi sulla linea ferroviaria, piuttosto l'avvertimento di Israele è sotto la lente di ingrandimento per evidenziare collegamenti con le azioni che hanno compromesso i viaggi in treno in Francia.

L'avvertimento di Israele su possibili attentati
Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz aveva avvertito nei giorni scorsi il suo omologo francese Stéphane Séjourné di un presunto complotto iraniano per attaccare la delegazione israeliana durante le Olimpiadi di Parigi 2024. Katz aveva espresso preoccupazione per gruppi vicini all'Iran e altre organizzazioni terroristiche che potrebbero mirare agli atleti e ai turisti israeliani. In risposta, la missione iraniana presso le Nazioni Unite ha respinto le accuse, definendole "bugie" e affermando che atti terroristici non rientrano nei principi dei gruppi di resistenza.

Servizi segreti attivati
Dopo il massiccio attacco alla rete di Alta Velocità in Francia, tutti i servizi di intelligence sono stati mobilitati per indagare sui gravi disagi su tre delle quattro linee del TGV. Intanto, il consorzio Eurostar ha annunciato l'annullamento di diversi treni tra Parigi e Londra a causa del presunto sabotaggio della rete ferroviaria.

Sospetti sulla Russia dietro il sabotaggio
Gli incendi, scoperti alle 4 del mattino, hanno danneggiato le infrastrutture, causando annullamenti e ritardi nei treni. Anche se non è stato identificato il responsabile, alcune testate straniere come il Financial Times sospettano un sabotaggio coordinato, con possibile coinvolgimento di gruppi legati alla Russia o attivisti politici. Le forze di sicurezza sono state intensificate e circa 45.000 poliziotti pattugliano Parigi, mentre la SNCF lavora per ripristinare i servizi.

giovedì 25 luglio 2024

danneggia le indagini su corruzione. Col bavaglio effetto intimidatorio sui cronisti”

@ - Pubblicato il rapporto sullo Stato di diritto della commissione Europea. Al fianco di preoccupazioni "di lunga data" come quelle sull'indipendenza della Rai, palazzo Berlaymont elenca tutta una serie di critiche alle norme varate dall'esecutivo di centrodestra: dal rischio d'interferenza della politica nella magistratura a causa della separazione delle carriere tra pm e giudici alla nuova prescrizione che può ridurre il tempo per celebrare i processi.


di Giuseppe Pipitone | 24 LUGLIO 2024

La riforma della giustizia firmata da Carlo Nordio può avere effetti negativi sulle indagini anti corruzione, mentre il bavaglio approvato su input di Enrico Costa per vietare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare potrebbe avere un “effetto intimidatorio” nei confronti dei giornalisti, che continuano a essere “aggrediti, minacciati di morte e intimiditi in vario modo”. Tutto questo mentre non si registra alcun progresso sul fronte delle garanzie per la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche. E neanche nella regolamentazione della lobby e del confitto d’interessi. Ma a destare preoccupa-zione sono anche le riforme costituzionali: quella della separazione delle carriere in magistratura e quella per introdurre il Premierato. Per l’Italia è una bocciatura totale quella contenuta nell’ultimo rapporto sullo Stato di diritto della commissione Europea. Un dossier che passa in rassegna le varie riforme in tema di giustizia del governo di Giorgia Meloni. Al fianco di preoccupazioni “di lunga data” come quelle sull’indipendenza della Rai, palazzo Berlaymont elenca tutta una serie di critiche alle norme varate dall’esecutivo di centrodestra.

Il rapporto “nascosto – Una stroncatura che era in qualche modo attesa, dato che nelle scorse settimane aveva fatto scalpore la decisione di Ursula von der Leyen di ritardare la pubblicazione del rapporto, originariamente prevista per il 3 luglio. La presidente della Commissione Ue stava ancora cercando di ottenere la rielezione al vertice di palazzo Berlaymont e non voleva alienarsi l’appoggio della leader di Fratelli d’Italia con la pubblicazione di un dossier che critica aspramente le leggi del governo Meloni. Ora che von der Leyen è stata riconfermata, senza l’appoggio della presidente del consiglio, ecco dunque che il dossier è stato pubblicato. Va detto che, al netto dei giochi politici, il contenuto del Rule of Law è il frutto di un attento monitoraggio. Dopo interlocuzioni annuali con i vari Paesi comunitari, la Commissione Ue mette per iscritto le proprie valutazioni sul sistema giudiziario, sul quadro anticorruzione e sul pluralismo dei media. Nel caso italiano sono stati ascoltati esponenti del Parlamento, della Presidenza del consiglio, dell’autorità Anticorruzione, dell’Agcom, dell’Associazione italiana costituzionalisti, della corte di Cassazione, del Csm, della Procura nazionale Antimafia, dell’Ordine dei giornalisti, della Fnsi e dell’Associazione nazionale magistrati, ma anche di Libera e Amnesty.

Le raccomandazioni all’Italia Sei le raccomandazioni indirizzate all’Italia da parte Commissione Ue: si chiede maggior impegno nella digitalizzazione di tribunali e procure, un intervento per sbloccare la legge sui conflitti di interessi, regolando anche l’attività delle lobby, l’introduzione di un registro elettronico in cui siano riportati i finanziamenti a partiti e campagne elettorali. Bruxelles chiede inoltre a Roma di tutelare i giornalisti, proseguendo l’iter legislativo sul progetto di riforma della diffamazione, la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, ma anche di fornire finanziamenti ai media del servizio pubblico garantendone l’indipendenza. Infine viene chiesto anche di creare un’istituzione nazionale per i diritti umani in linea con i principi Onu.

I danni della riforma NordioLe sei Recommendations sono riportate all’inizio del Country Chapter on the rule of law situation in Italy: 46 pagine con cui gli analisti della commissione Ue bocciano la riforma della giustizia di Nordio recentemente approvata in via definitiva. “In Italia, una nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico d’influenze potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’investigazione di frodi e corruzione“, si legge nel rapporto. In cui si spiega come il governo italiano ritenga “che solo una frazione di tutti i procedimenti penali correlati per abuso di ufficio pubblico si concluderebbe con una condanna, il che dimostrerebbe l’inefficacia della criminalizzazione di tale comportamento, se confrontata con le risorse amministrative e finanziarie investite nello svolgimento delle relative attività procedurali. Inoltre, il governo sostiene che il reato ha un effetto paralizzante sulle pubbliche amministrazioni e altri reati di corruzione forniscono un quadro legislativo sufficientemente forte per contrastare gli atti che minano l’imparzialità e la corretta condotta della pubblica amministrazione”. La commissione Ue, però, ricorda quello che alcuni addetti ai lavori – come la professoressa Marina Castellaneta, intervistata dal Fatto Quotidiano – hanno più volte cercato di spiegare al ministro Nordio: abolire l’abuso d’ufficio equivale a violare un obbligo internazionale. “Tuttavia – si legge nel Rule of Law – la criminalizzazione dell’abuso d’ufficio e del traffico di influenze fanno parte delle convenzioni internazionali sulla corruzione e sono quindi strumenti essenziali per l’applicazione della legge e l’azione penale per combattere la corruzione”. Nel dossier si spiega come gli interlocutori della commissione abbiano “sottolineato che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio potrebbe portare a livelli inferiori di individuazione e indagine di frode e corruzione. Inoltre, la riduzione della portata del reato di traffico di influenze dovrebbe essere controbilanciata da norme più severe in materia di lobbying”. E a questo proposito si ricorda che “il 3 luglio 2024, il Governo ha approvato un decreto legge che introduce un nuovo reato di appropriazione indebita che copre i casi di impropria allocazione di denaro o beni mobili da parte di funzionari pubblici”. Una norma varata dopo il pressing del Quirinale, preoccupato dal rischio di una procedura d’infrazione europea.

I timori per la separazione delle carriere – A impensierire Bruxelles ci sono anche le due riforme costituzionali non ancora approvate. A cominciare da quella per separare le carriere tra pm e giudici in magistratura. “La separazione delle carriere ha innescato un dibattito sul fatto che la riforma possa incidere sull’indipendenza dei pubblici ministeri“, riportano gli analisti Ue, ricordando che “come già affermato nella Relazione 2023 sullo Stato di diritto, sebbene nell’Ue non esista un modello unico per l’assetto istituzionale delle procure, sono necessarie garanzie istituzionali per assicurare che i pubblici ministeri siano in grado di adempiere ai propri doveri e responsabilità professionali in condizioni giuridiche e organizzative adeguate e senza interferenze o influenze politiche indebite”. Il dossier riporta che “nel corso dell’ultimo anno, le parti interessate, tra cui l’Associazione nazionale dei magistrati, hanno espresso preoccupazione per le dichiarazioni pubbliche critiche nei confronti della magistratura da parte dei politici. Nell’ottobre 2023, alcuni politici hanno espresso pubblicamente forti critiche nei confronti di un giudice per una decisione sul rilascio di un migrante posto in detenzione”. Il riferimento è al caso di Iolanda Apostolico, la magistrata di Catania attaccata duramente dalla Lega per aver giudicato illegittimo il decreto del governo in materia di accoglienza. “In alcuni Stati membri dell’Ue – si legge nel rapporto generale – si teme un’indebita pressione sul sistema giudiziario da parte di politici o a livello esecutivo, e vi sono prove di pressioni provenienti anche da Paesi terzi. Il rischio che le dichiarazioni pubbliche di governi e politici possano influenzare la fiducia nell’indipendenza della magistratura desta preoccupazione in Slovacchia, Italia e Spagna”.

Quelli sul Premierato – Da Bruxelles avanzano dubbi anche sulla riforma del Premierato.Il Governo ha presentato al Parlamento un progetto di riforma costituzionale, con l’obiettivo di garantire una maggiore stabilità di governo. Alcune parti interessate hanno espresso preoccupazioni in merito alle modifiche proposte all’attuale sistema di controlli e bilanciamenti istituzionali, nonché dubbi sul fatto che ciò possa apportare maggiore stabilità”, si legge nel quarto paragrafo del dossier. “Il progetto di riforma prevede anche una regolamentazione dettagliata in caso di crisi di governo, ovvero se il governo cade prima della fine del mandato quinquennale della legislatura – si legge ancora – In tal caso, il Presidente della Repubblica avrebbe tre opzioni: dare un nuovo mandato per formare il governo al Primo Ministro uscente, nominare un nuovo Primo Ministro, a condizione che sia un membro del Parlamento e appartenga allo stesso partito o coalizione del Primo Ministro uscente, oppure sciogliere il Parlamento se né il primo né il secondo Primo Ministro ottengono la fiducia del Parlamento (non sarebbe consentita la formazione di un terzo governo). Con questa riforma, non sarebbe più possibile per il Presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come Primo ministro”.

Modiche alla prescrizione riducono il tempo per i processi” – Ma non solo. Nel report si avanzano preoccupazioni anche per l’ultima riforma della prescrizione. “Le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per condurre procedimenti giudiziari anche nei casi di corruzione“, si legge nel dossier. Le autorità giudiziarie, ricorda la commissione, hanno espresso preoccupazione per il fatto che la riforma proposta, arrivando così presto dopo quella del 2021 (ci sono state cinque riforme di questo tipo dal 2016), impone un notevole onere amministrativo per ricalcolare i termini di prescrizione applicabili per tutte le cause pendenti, con possibile effetto pregiudizievole sulla durata dei procedimenti giudiziari e per l’eliminazione dell’arretrato giudiziario”. Da Bruxelles si esprime apprensione per il fatto chegli sviluppi possano incidere sull’efficacia del perseguimento e del giudizio dei reati penali, compresi i casi di corruzione ad alto livello”.

I bavagli e l’effetto chilling out – Gli analisti Ue criticano poi la riforma Nordio anche nella parte in cui vieta la pubblicazione di intercettazioni che non siano state riportate nelle motivazioni di un provvedimento del giudice. Ma bocciano anche la norma proposta dal deputato di Azione, Enrico Costa, per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari. “Due iniziative legislative, la cosiddetta riforma di Nordio e l’emendamento Costa, sono state presentate per regolamentare la possibilità di pubblicare determinate categorie di documenti giudiziari. Il governo ha ritenuto che tali iniziative fossero giustificate per garantire il diritto alla privacy, il rispetto della riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni e la presunzione di innocenza. Il governo ha inoltre ritenuto che tali iniziative non avrebbero influito sulla libertà di stampa né sulla libertà di informazione, poiché, nel caso della riforma Nordio, la limitazione si sarebbe applicata solo alle informazioni non acquisite nel corso del procedimento penale in conformità alle pertinenti disposizioni del codice di procedura penale, mentre, nel caso dell’emendamento Costa, il divieto di pubblicazione sarebbe stato limitato temporalmente alla fase delle indagini preliminari e non avrebbe impedito in alcun caso ai giornalisti di parafrasare o riassumere il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare”, riassume la commissione Ue. “Tuttavia – aggiunge – diversi soggetti interessati hanno ritenuto che tali misure costituissero una restrizione della libertà di stampa, poiché avrebbero influito sulla rendicontazione giudiziaria e sul diritto dei cittadini a essere informati. I soggetti interessati hanno inoltre sollevato preoccupazioni in relazione alle misure previste dall’emendamento Costa, evidenziando come questo generi un chilling effect sui giornalisti, i quali rischiano di essere maggiormente esposti a possibili cause per diffamazione in caso di riassunti errati o riformulazioni di ordini di custodia cautelare”. Con chilling effect si intende la riluttanza a esercitare un diritto per paura di sanzioni legali: è dunque una sorta di effetto intimidatorio quello che produce il bavaglio nei confronti dei cronisti.

Il caso Rai – Non è l’unica preoccupazione avanzata nel dossier sulla libertà di stampa. “I giornalisti continuano ad affrontare diverse sfide nell’esercizio della loro professione. Sono stati segnalati casi di aggressioni fisiche, minacce di morte e altre forme di intimidazioni, che continuano a sollevare preoccupazioni sulla sicurezza dei giornalisti in Italia”, si legge nel rapporto. “Nonostante le norme mirate sulla protezione dei giornalisti dalle minacce – prosegue palazzo Berlaymont – la situazione relativa alla loro sicurezza e alle condizioni di lavoro, nonché la crescente prevalenza di casi di querele temerarie (Slapp) contro la loro partecipazione pubblica rimangono un problema”. La commissione si sofferma anche sulla Rai, avvertendo che il governo deve “garantirne l’indipendenza” e “finanziamenti adeguati”. Sulla questione della tv pubblica il dossier ricorda che “il sistema di governance nel garantire la piena indipendenza della Rai rappresenta una fonte di preoccupazione di lunga data in Italia”. E ancora una volta riporta la richiesta di “una riforma completa per garantire che la Rai sia meglio protetta dai rischi di interferenza politica“. La commissione ricorda che “i media di servizio pubblico svolgono un ruolo cruciale nel panorama dei media” e “sebbene esistano regole volte a garantire che forniscano informazioni indipendenti e pluralistiche, ci sono diverse sfide in relazione alla loro governance e al sistema di finanziamento”. Bruxelles riporta poi diverse “preoccupazioni” espresse dalle parti interessate anche sui fronti della par condicio e sulla “decisione del Governo, adottata con la Legge di Bilancio per il 2024, di ridurre il canone di abbonamento Rai e di compensare tale riduzione con l’erogazione di un finanziamento diretto aggiuntivo di 430 milioni di euro”.

Preoccupazione per i troppi decreti legge” – Nel rapporto viene definito come “fonte di preoccupazione” pure l’uso eccessivo di decreti legge da parte del governo:Il frequente ricorso a decreti legge da parte dei governi potrebbe incidere sull’equilibrio dei poteri tra il governo (in quanto potere esecutivo) e il Parlamento (in quanto potere legislativo)”. Mentre tra le segnalazioni arrivate si riportano quelle sugli “attacchi verbali da parte di alcuni media e politici contro le organizzazioni, soprattutto quelle che svolgono attività umanitarie, e di episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia”. All’Italia, comunque, viene riconosciuto di aver fatto “alcuni progressi nel proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione per i Tribunali penali e le Procure” e “alcuni ulteriori progressi nell’adozione di norme globali sui conflitti di interessi“, anche se non si registra “nessun progresso nell’adozione di un regolamento sul lobbismo per istituire un registro”. Per la Commissione Ue, inoltre, non è stato intrapreso “nessun ulteriore progresso nell’affrontare in modo efficace e rapido la pratica della canalizzazione delle donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e per l’introduzione di un unico registro elettronico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali”. Da qui le sei raccomandazioni indirizzate al nostro Paese.

martedì 23 luglio 2024

Crosetto contro Stoltenberg, nessun affronto: l’Italia viene messa ai margini dalla Nato perché il governo è ambiguo sull’Ucraina

@ - Le dure parole di Guido Crosetto nei confronti di Jens Stoltenberg hanno fatto emergere ancora una volta la non facile relazione tra l’Italia e l’Alleanza Atlantica. Il ministro della Difesa italiano ha attaccato il segretario generale della Nato per aver affidato alla Spagna il ruolo di inviato per il Fronte Sud, un ruolo fortemente voluto dall’Italia nonostante l’opposizione di Stoltenberg, e invece assegnato allo spagnolo Molina.

Guido Crosetto© Fornito da Il Riformista

Episodio di per sé significativo e ancora più rilevante se consideriamo che Stoltenberg è uomo noto per cautela e razionalità. Cautela che dovremmo avere anche noi Italia, specie se ci facessimo un esame di coscienza. A giugno, infatti, l’Italia si era distinta per la sua riluttanza a impegnarsi nell’erogazione di 40 miliardi di euro l’anno in aiuti militari per l’Ucraina. Il ministro Crosetto aveva affermato che questo impegno avrebbe comportato per l’Italia una spesa di 3,5 miliardi di euro all’anno, politicamente insostenibile per un paese ancora ben lontano dal raggiungere il 2% del Pil previsto dagli accordi Nato per le spese della Difesa. Una posizione non ben accolta dagli alleati, e che ha generato tensioni non solo con Stoltenberg.

A maggio lo stesso Crosetto – il cui supporto pubblico all’Ucraina, va riconosciuto, è sempre stato molto deciso – aveva criticato duramente Stoltenberg sull’invio di armi, appellandosi persino all’articolo 11 della Costituzione (“l’Italia ripudia la guerra”) in relazione all’uso delle stesse anche in territorio russo. Un’interpretazione – ripetuta anche dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani – che molti costituzionalisti hanno prontamente respinto. Ancora meglio Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio (le cariche istituzionali pesano) oltre che ministro delle Infrastrutture, che nell’occasione ha richiesto le dimissioni di Stoltenberg. Il leghista, le cui simpatie per la Russia sono ben note, è forse la principale fonte di sospetti sulla coerenza e affidabilità della posizione italiana, e – appare chiaro – il principale problema politico di Giorgia Meloni, non solo su questo tema. Lasciamo poi perdere le imbarazzanti posizioni dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte – colui che nel 2020 fece sfilare l’esercito russo in Italia nel quadro di un’operazione tra propaganda e spionaggio – o di pezzi del Pd.

Non solo Roma però. La scorsa settimana, una risoluzione del Parlamento europeo ha riaffermato il sostegno all’Ucraina, chiedendo aiuti militari senza restrizioni. I partiti di maggioranza italiani hanno votato a favore, ma Fratelli d’Italia si è astenuto su alcune parti del testo (sulla stessa parte Forza Italia ha dato via libera per un errore!), mentre la Lega ha votato contro l’intera risoluzione. Nel frattempo sul tema delle spese per la Difesa Crosetto – che non è in una posizione facile tra l’incudine dei conti nazionali e il martello Nato – continua a insistere sullo scorporo rispetto al calcolo del rapporto debito/Pil, una proposta ripetutamente bocciata e con inesistenti possibilità di successo futuro, tanto più considerando la discussione sul debito che ci aspetta a breve con la Commissione. E come se non bastasse il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha proposto di ricalibrare il concetto di spesa per la Difesa, suggerendo di includere alcune voci non considerate finora. Una manovra che molti vedono come un tentativo di aggirare le regole. Giorgetti ha infatti dichiarato alla Camera:Da una sommaria analisi di quello che viene contabilizzato come spesa per la Difesa da altri partner europei, abbiamo scoperto che il concetto vada ricalibrato. Alcune spese militari, che in questo momento non sono considerate tali, potrebbero esserlo in un ragionamento complessivo”. Immaginiamo i report inviati nelle rispettive capitali da parte degli ambasciatori dei paesi Nato in Italia.

Infine c’è l’elefante nella stanza: l’Italia, all’interno della Nato, è considerata – per tutti i motivi di cui sopra – un potenziale pericolo, paragonabile a paesi come Ungheria e Slovacchia. Questa percezione è aggravata dall’ingombrante presenza di figure come il generale Vannacci, importante esponente di un partito di governo, la cui fascinazione – sua e di alcuni pezzi delle nostre forze armate – per l’aggressore russo che minaccia l’Europa desta preoccupazioni.

Intanto, rispetto alla guerra in Ucraina, dall’Italia politica e televisiva salgono messaggi che vanno da “abbassare i toni con la Russia” alla “difesa nonviolenta” (Pannella si starà rivoltando nella tomba), sino allo scioglimento della Nato, senza che quasi nessun politico abbia il coraggio di dire in maniera chiara la verità agli italiani. La verità sul perché dobbiamo essere a fianco dell’Ucraina o combattere gli Houthi, e sul perché ciò sia nell’interesse dell’Italia, della propria economia, e della democrazia. E sì, questo comporta un aumento delle spese della Difesa, su cui abbiamo risparmiato per 70 anni grazie all’ombrello americano, che però presto Trump potrebbe chiudere, lasciando l’Italia – più di altri paesi, essendo impreparata – esposta alle intemperie di una geopolitica impazzita.

Insomma, con una tale sequenza di situazioni – col solo presidente Meloni a toccare i tasti giusti – è purtroppo inutile poi stupirsi di certe decisioni. L’Italia, di destra di sinistra, sembra da sempre pensare che un ruolo internazionale debba esserle attribuito d’ufficio: in nome della geografia, della produzione industriale, dell’essere paese fondatore dell’Ue e via di seguito. Ma un paese diventa determinante quando sa posizionarsi nei momenti chiave delle questioni internazionali con azioni chiare, basate su un percorso storico coerente, e rappresentate in maniera credibile grazie a un forte supporto interno (quello che Crosetto ha da Meloni ma non dalla maggioranza). Questo è ancora più importante in un tempo di guerra come questo, che ci coinvolge tutti, anche se preferiamo pensare che si svolga lontano e non ci tocchi.

Possiamo anche dire che è sempre colpa degli altri, dei poteri forti, del destino baro, dell’arbitro cornuto, ma alla fine rimane solo che così le partite vengono perse. E, parafrasando una vecchia frase di Claudio Lotito: La politica non è come le bocce, in cui vince chi si avvicina di più, qui contano i risultati”.

giovedì 18 luglio 2024

L’Europa toglie i finanziamenti ambientali alla Tanzania?

@ - L’Unione europea rifiuta i finanziamenti per la conservazione della natura alla Tanzania, perché il Paese africano è accusato di violazioni dei diritti umani nei confronti dei Masai. In realtà…


Su Africa Express è comparsa una notizia a firma di Sandro Pintus che mette in evidenza il diniego che l’Unione europea ha manifestato nei confronti della Tanzania per quello che riguarda i finanziamenti per la conservazione della Natura. Si parla di ben 18 milioni di euro che sarebbero stati, invece, dirottati verso il Kenya. L’accusa riguarda il mancato rispetto dei diritti umani, come prevede il progetto “NaturAfrica”, più precisamente la presunta espulsione dei Masai dai territori da loro sempre abitati “per far spazio al turismo della conservazione e alla caccia ai trofei”. Caroline Pearce, Direttrice generale di survival international, parla di “furto brutale” e che in tal modo si “creano aree protette come parchi nazionali e zone di caccia ai trofei con la complicità di Wwf e Frankfurt zoological society (Fzs)”. Sembra che le continue violenze per l’attuazione di questi sfratti non siano state condannate dalle due associazioni ambientaliste, che da anni collaborano col governo tanzaniano per la conservazione. Sempre secondo la Pierce, gli spostamenti dei Masai “serviranno a creare nuove aree di caccia ai trofei per la famiglia reale di Dubai”.

La stessa Pearce, tuttavia, ha dato subito dopo una notizia che evidenzia un altro problema, in parziale contraddizione con il precedente: infatti negli ultimi decenni la popolazione Masai è più che raddoppiata, arrivando a circa 200.000 persone. Territori e fauna salvaguardati cozzano naturalmente con la sovrappopolazione umana, vero problema di tutte le aree naturali, ma in generale in moltissime nazioni, oltretutto le più povere. Infatti la presidente della Tanzania, Samia Suluhu Hassan, all’atto del suo insediamento, aveva dichiarato “…Avevamo concordato che le persone e la fauna selvatica potessero convivere, ma ora il numero delle persone sta superando quello della fauna selvatica”. Parole incontestabili, che abbiamo evidenziato proprio parlando della situazione venutasi a creare nel Parco kenyano Masai Mara, in cui la sovrappopolazione dei turisti sta decretando l’impossibilità di mantenere una fauna naturale.

Oltretutto il popolo Masai è prettamente composto da allevatori bradi e l’eccessiva presenza cozza pesantemente con la presenza stessa dei predatori, che spesso incappano in esche avvelenate predisposte proprio dai pastori. L’Europa, che ha deciso questo declassamento nei confronti della Tanzania, ancora si ostina a non capire che l’Africa ha tra i suoi patrimoni più importanti proprio la fauna selvatica. La quale se gestita, e venduta con abbattimenti mirati che tanti altri Stati, Kenya compreso, fanno ugualmente perché non si possono tenere territori troppo densamente popolati da specie più forti a danno delle più deboli, porta tanti soldi (compresi, certo, quelli della famiglia reale di Dubai) che possono fornire le risorse per salvare fauna e territori. Certo che le popolazioni selvatiche vanno salvaguardate, magari però inserite nel turismo venatorio qualificato e non desertificando il territorio con allevamento brado intensivo che toglie di mezzo, perché scomodo, qualunque animale “in competizione”. Quello che ci ha meravigliato è che il Wwf viene accusato di partecipare a queste gestioni del territorio, accettando anche una caccia controllata negli stessi territori protetti. In effetti la contrarietà di tale associazione nei confronti dell’attività venatoria è tipicamente italiano, in altri Paesi non è così osteggiata. In uno dei nostri primi Safari in Zimbabwe ci dicevano i vari professionisti che il numero dei capi cacciabili era proprio deciso e monitorato dal Wwf locale. Il Presidente per molti anni è stato un grandissimo cacciatore, come il Duca di Edimburgo. Ma da noi l’associazione, dai tempi dei Fulco Pratesi, ha sempre costruito consensi e introiti osteggiando in ogni modo il settore venatorio.

domenica 14 luglio 2024

Papa Gregorio Magno: LA PACE ORA

Papa Gregorio Magno: LA PACE ORA:   La pace non può regnare tra gli uomini se prima non regna nel cuore di ciascuno di loro. L’amore sia il valore più importante per la tua v...

Come sta Donald Trump, le condizioni dopo gli spari durante il comizio: sangue all’orecchio e corsa in ospedale

@ - Il candidato repubblicano Donald Trump ha subito un agguato durante un comizio elettorale a Butler, in Pennsylvania. Era da poco passata la mezzanotte in Italia del 14 luglio quando sono iniziati a susseguirsi i primi lanci di agenzia. “Spari contro Trump, tycoon alza pugno prima di andarsene”.


© Fornito da Il Riformista

Il gesto alla folla: pugno alzato
Così come emerge nei primi video pubblicati sui social, Trump indossa un cappellino rosso e, mentre sta parlando alla folla, si tocca l’orecchio destro e poi si piega sulle gambe. Tra le urla dei presenti, viene soccorso dagli agenti della sua sicurezza e portato immediatamente via. Prima di lasciare la scena, il tycoon 78enne ha alzato il pugno per far capire a presenti che le sue condizioni non erano gravi.

I colpi e la fuga: “Giù, giù”
Almeno tre i colpi uditi in rapida successione con Trump che si porta una mano all’orecchio mentre la folla urla e si dimena. Provvidenziale l’intervento degli agenti dei Servizi che urlano a Trump “giù giù” poi lo scortano via a bordo di un suv. La zona è stata evacuata. Poi poco dopo una nota di un portavoce dell’ex presidente americano fa sapere che Trump “ringrazia le forze dell’ordine e i primi soccorritori per la loro rapida azione durante questo atto atroce. Sta bene ed è in fase di controllo presso una struttura medica locale”.

Attentatore in una pozza di sangue
Accertamenti in corso da parte della polizia con il responsabile che è stato già intercettato. Su X circolano video che mostrano l’uomo bloccato dalle forze dell’ordine: è a terra ricoperto di sangue: non è chiaro se ferito o ucciso.

Quello a Butler, in Pennsylvania, è l’ultima manifestazione elettorale cui partecipava Trump prima dell’inizio della Convention nazionale repubblicana a Milwaukee, la prossima settimana

venerdì 12 luglio 2024

Fonti Ue: Bruxelles valuta di sfilare a Orban il Consiglio Esteri-Difesa per rappresaglia

@ - Dopo l'incontro con Putin (nel quale il leader del Cremlino lo ha accolto come "rappresentante dell'Ue") e dopo le aspre polemiche che ne sono seguite, con 20 Paesi europei schierati contro di lui, Orban ha raddoppiato. Ed è volato a Mar-a-Lago per incontrare Donald Trump nella sua residenza privata in Florida.

orban putin© Ansa

E intanto Bruxelles cerca di capire che cosa fare per mettere un freno al presidente ungherese, dato che a quanto parla la nota consegnata al rappresentante permanente ungherese nel corso del direttorio dell'Ue non è servito a molto.

E il modo dell'Ue per farsi sentire potrebbe passare per la decisione di privare l'Ungheria dell'informale Difesa (Gymnich) previsto a fine agosto trasformandolo in un Consiglio Affari Esteri a tutti gli effetti, che quindi ha sede a Bruxelles. Per il momento si tratta solo di un'ipotesi, che però sta acquistando consensi. E una fonte europea sottolinea che "c'è la necessità di dare un segnale".

Perché la questione è chiara: è lecito che Orban si comporti come si sta comportando proprio quando detiene il semestre di presidenza dell'Ue? Mercoledì il servizio giuridico del Consiglio ha presentato un'argomentazione "chiara e forte" sul fatto che tutti gli Stati membri sono "vincolati dal principio della cooperazione sincera" e che la presidenza di turno ha solo "un ruolo limitato nella rappresentanza esterna dell'Ue". E secondo il Financial Times, gli esperti del Consiglio si sarebbero spinti a definire la condotta di Orban come "una violazione" dei trattati (anche se questa sembra essere più che altro l'interpretazione di alcuni Stati membri).

Tajani: "Non decidiamo noi cosa può fare il premier ungherese" Il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, da parte sua getta acqua sul fuoco. "Viktor Orban è il premier dell'Ungheria e fa ciò che ritiene più opportuno, non è che decidiamo noi quello che deve fare", commenta. Sottolineando però che "certo non va da Trump in rappresentanza dell'Unione Europea. E io continuo a dire che noi non dobbiamo interferire nella campagna elettorale americana".

Gli animi, però, in Europa si stanno scaldando. "Non ho mai assistito a una tale animosità", ha assicurato un alto diplomatico di lungo corso riferendosi all'atmosfera che si respirava al Coreper quando l'Ungheria è stata messa alla sbarra. A margine del vertice della Nato gruppi informali di leader europei avrebbero discusso altre idee, tra cui quella di una lettera congiunta a Orban in cui si esprimerebbe chiaramente la loro indignazione e si chiederebbe a di cessare le "escursioni non autorizzate" in politica estera.

Intanto l'ipotesi di accorciare la presidenza magiara per darla alla Polonia - caldeggiata ancora oggi da Renew - viene invece definita ormai "irrealizzabile", anche perché la Corte di Giustizia dell'Ue probabilmente darebbe parere contrario. Il Gymnich invece avviene per tradizione nel Paese che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue ma l'egida resta nelle mani dell'alto rappresentante (ovvero Josep Borrell), che dunque può decidere l'agenda. E si sta pensando anche di invitare il ministro ucraino Dmytro Kuleba.

Gli attriti con la Nato Orban ha peraltro usato il summit della Nato per riaffermare la sua narrazione, e cioè che "l'Alleanza Atlantica fu creata 75 anni fa come progetto di pace: a nome dell'Ungheria sosterrò che dovremmo preservare la Nato così come è stata concepita, un'alleanza di difesa". E ha ribadito che Budapest non parteciperà a nessuna iniziativa a favore dell'Ucraina.

Alla vigilia del vertice, dopo le sue visite a Mosca e Pechino, il premier magiaro aveva poi elogiato Trump - in un'intervista rilasciata alla Bild - evidenziando come ci siano "altissime probabilità" che Biden non venga rieletto. "Credo - ha dichiarato senza mezzi termini - che sarà un bene per la politica mondiale. Trump è un uomo di pace. Durante il suo mandato di quattro anni non ha iniziato una sola guerra e ha fatto molto per creare la pace in vecchi conflitti in aree del mondo molto complicate", ha aggiunto. Una presa di posizione che, in questo momento, sa di provocazione nei confronti di diversi leader Ue.

L'Ue sta pensando di sfilare all'Ungheria il Consiglio informale Esteri-Difesa previsto a fine agosto a Budapest come rappresaglia contro le missioni all'estero del premier magiaro. Lo riferiscono alcune fonti diplomatiche ed europee. Per ora si tratta solo di un'ipotesi, ma diversi Stati membri sarebbero stati già sondati e si riscontrerebbe un sostanziale consenso. L'idea è quella di trasformare l'informale in un Consiglio formale, che per prassi si tiene a Bruxelles. Inoltre verrebbe invitato anche il ministro ucraino Dmytro Kuleba.

martedì 9 luglio 2024

Onu: 'L'ospedale pediatrico di Kiev centrato da un missile russo. Un crimine di guerra'

@ - Il procuratore generale della città: 'Uccisi 559 bambini ucraini dall'inizio della guerra'

I soccorsi © ANSA/AFP

ospedale pediatrico di Kiev ha subito con un'"alta probabilità un colpo diretto" da un missile russo: lo ha detto la rappresentante dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani in Ucraina, Danielle Bell.

Belle, che ha sottolineato la necessità di un'indagine più approfondita basata su filmati, ha affermato che l'ospedale è stato colpito da un missile da crociera KH101 "lanciato dalla Federazione Russa".

Almeno 559 bambini sono stati uccisi in Ucraina e altri 1.449 sono rimasti feriti dall'inizio dell'invasione del Paese da parte delle forze russe, secondo reso noto su Facebook l'ufficio del Procuratore generale, come riporta Ukrinform. Il nuovo bilancio include quattro bambini morti ieri a Kiev a causa del massiccio attacco missilistico russo, che ha colpito anche un ospedale pediatrico della capitale, aggiunge la fonte.

"Vorrei ricordare che gli ospedali godono di una protezione speciale ai sensi del diritto internazionale umanitario. Condurre attacchi intenzionali contro un ospedale protetto è un crimine di guerra e i responsabili devono essere chiamati a risponderne". Lo ha detto Joyce Msuya, sottosegretario generale ad interim dell'Onu per gli affari umanitari al Consiglio di Sicurezza sull'Ucraina. Il presidente di turno dell'organo delle Nazioni Unite per questo mese è la Russia.

Il Papa ha appreso "con grave dolore le notizie circa gli attacchi contro due centri medici a Kyiv, tra cui il più grande ospedale pediatrico ucraino, nonché contro una scuola a Gaza - riferisce la Sala Stampa della Santa Sede -. Il Papa manifesta il suo profondo turbamento per l'accrescersi della violenza. Mentre esprime vicinanza alle vittime e ai feriti innocenti, auspica e prega che si possano presto identificare percorsi concreti che mettano termine ai conflitti in corso".

Il bilancio dell'attacco missilistico lanciato ieri dalle forze russe sull'Ucraina è di 41 morti, riporta la Reuters.

Per approfondire

venerdì 5 luglio 2024

Chi è Keir Starmer? La storia del nuovo primo ministro del Regno Unito

@ - La biografia e la storia politica di Keir Starmer, il leader dei Laburisti nuovo primo ministro del Regno Unito dopo il successo alle elezioni generali del 4 luglio 2024.


Chi è Keir Starmer? Una domanda di stretta attualità visto che stiamo parlando della persona che, visto il successo dei Laburisti alle elezioni Regno Unito 2024, è diventato il nuovo primo ministro.

Alle elezioni generali del 4 giugno 2024 i Laburisti - dal 2020 guidati proprio da Starmer - hanno ottenuto ben 403 seggi su un totale di 650 componenti della Camera dei Comuni. Una vittoria netta anche se inferiore nei termini a quelli che erano state le previsioni dei sondaggi.

Keir Starmer così è il nuovo primo ministro del Regno Unito, riportando i Laburisti alla guida del Paese ben quattordici anni dopo l’ultima esperienza targata Gordon Brown: tutto merito del leader, ma anche demerito dei Conservatori che negli ultimi anni hanno sbagliato tutto quello che potevano sbagliare, cambiando la bellezza di tre premier nell’arco di una legislatura.

Da tempo Starmer ha spiegato quale sarebbe la sua ricetta per risollevare le sorti del Regno Unito che a inizio anno è entrato in recessione tecnica: basta con le politiche dei tagli e dell’austerità, aumento delle tasse per i più ricchi e lotta alla disuguaglianza sociale. Sulla questione della guerra ha dichiarato che ogni operazione militare sarà possibile solo dopo il voto della Camera dei Comuni.

Vediamo allora la biografia di Keir Stramer, dando uno sguardo alla storia politica di questo avvocato di successo - ha fatto parte anche del team legale del ricorso di Silvio Berlusconi alla Corte di Giustizia Europea - che è diventato il nuovo primo ministro del Regno Unito.

La biografia di Keir Stramer
  • Nome: Keir Rodney Stramer
  • Data di nascita: 2 settembre 1962
  • Luogo: Londra (Regno Unito)
  • Famiglia: figlio di un’infermiera e di un costruttore di utensili, ha quattro fratelli
  • Vita privata: sposato, ha un figlio e una figlia
  • Istruzione: laurea in Legge
  • Lavoro: avvocato
  • Partito: Laburista
  • Ruolo: leader dei Laburisti, primo ministro dopo le elezioni generali del 2024
  • Curiosità: gioca a calcio a livello amatoriale ed è un grande tifoso dell’Arsenal
  • Keir Stramer: prossimo primo ministro del Regno Unito?
Il destino di Keir Stramer è tutto nel nome che porta: il padre fervente militante laburista lo ha chiamato così in onore di Keir Hardie, il fondatore dello storico partito di sinistra del Regno Unito.

Terminati gli studi, Stramer ha iniziato una brillante carriera di avvocato specializzandosi nei casi riguardanti i diritti umani, senza tralasciare però la passione per la politica che gli è stata tramandata dal padre.

Tra le fila dei Labour è stato eletto per la prima volta alla Camera dei Comuni nel 2015, venendo poi riconfermato sempre nel collegio londinese di Holborn and St Pancras sia alle elezioni del 2017 sia in quelle del 2019.

Proprio nel 2019 la pesante sconfitta del Partito Laburista ha portato alle dimissioni di Jeremy Corbyn, con Keir Stramer che nel 2020 ha conquistato la leadership diventando così il capo dell’opposizione d’Oltremanica.

Alle elezioni generali del 4 luglio 2024, Stramer è stato il candidato dei Laburisti che hanno ottenuto una netta vittoria proiettandolo a Downing Street: dopo quattordici anni, è stato lui a riportare la sinistra alla guida del Regno Unito.

Modifica dei trattati: il futuro dell'UE secondo il Parlamento europeo

  • Le modifiche puntano a dare più voce ai cittadini e creare un'UE più efficace
  • Il processo legislativo dev'essere rivisto per rimanere al passo con le sfide moderne
  • Le proposte riguardano tutti i settori politici e mirano ad ampliare la cooperazione a livello dell'UE
  • Il Parlamento si aspetta che il Consiglio europeo convochi a dicembre una Convenzione per la revisione dei trattati

Dopo la Conferenza sul futuro dell'Europa e in un contesto di crisi e sfide senza precedenti, i deputati presentano le loro proposte per cambiare l'UE.

La relazione, preparata da cinque correlatori che rappresentano un'ampia maggioranza in Parlamento, è stata approvata con 305 voti favorevoli, 276 contrari e 29 astensioni. La risoluzione che l'accompagna è stata approvata con 291 voti favorevoli, 274 contrari e 44 astensioni. Le citazioni dei cinque correlatori sono consultabili qui.

Il Parlamento chiede riforme che rafforzino la capacità dell'UE di agire e diano più voce ai cittadini. Tra le proposte presentate figurano:un sistema più bicamerale per evitare situazioni di stallo, attraverso un maggiore ricorso al voto a maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria;

il riconoscimento al Parlamento di un pieno diritto di iniziativa legislativa e del ruolo di colegislatore per il bilancio a lungo termine;
una revisione delle norme sulla composizione della Commissione (rinominata "esecutivo europeo"). Tra queste, anche modifiche che riguardano la figura di Presidente della Commissione, che riceverà la nomina del Parlamento e l'approvazione del Consiglio (contrariamente a quanto avviene oggi) e potrà scegliere i propri Commissari in base alle preferenze politiche, tenendo conto dell'equilibrio geografico e demografico, e la possibilità di presentare una mozione di censura sui singoli Commissari;

la pubblicazione delle posizioni degli Stati membri dell'UE su questioni legislative, per garantire una maggiore trasparenza in seno al Consiglio;

la creazione di meccanismi di partecipazione adeguati e il rafforzamento del ruolo dei partiti politici europei, per dare più voce ai cittadini.

Una maggiore cooperazione a livello dell'UE
I deputati chiedono maggiori compenze dell’UE in materia di ambiente. Inoltre, propongono rendere le competenze nei seguenti settori (attualmente di competenza esclusiva degli Stati membri) di competenza condivisa: salute pubblica (in particolare le minacce per la salute a carattere transfrontaliero, compresa la salute sessuale, riproduttiva e i relativi diritti), protezione civile, industria e istruzione.

Infine, auspicano una maggiore collaborazione tra UE e Stati membri anche in quegli ambiti in cui le competenze sono già condivise (come energia, affari esteri, sicurezza esterna e difesa, politica delle frontiere esterne e infrastrutture transfrontaliere).

Per saperne di più su queste e altre proposte, consultare il comunicato stampa pubblicato dopo il voto in commissione parlamentare.

Con l'approvazione di questa relazione, il Parlamento dà seguito alle proposte della Conferenza sul futuro dell'Europa, rispondendo alle aspettative dei cittadini per un'UE più efficace e democratica.

Prossime tappe
Ora che i deputati hanno ribadito il loro appello a modificare i trattati dell'UE e chiesto al Consiglio di "presentare immediatamente e senza alcuna deliberazione al Consiglio europeo le proposte", spetta ai capi di Stato e di governo convocare una convenzione per prendere una decisione a maggioranza semplice.

La presidenza spagnola del Consiglio dovrebbe presentare le proposte al Consiglio europeo di dicembre. Per saperne di più su come si modificano i trattati dell'UE, consultare questo link.