giovedì 21 settembre 2023

Ucraina, la situazione precipita: pioggia di missili. E la Polonia si ferma: "Stop alle armi"

@ - Notte difficilissima per l'Ucraina e il presidente Volodymyr Zelensky. Dopo il duro confronto all'Assemblea generale dell'Onu contro il ministro degli Esteri russo Lavrov, il capo del governo di Kiev dev incassare il brusco stop nelle forniture militari deciso dalla Polonia, fino a oggi uno dei più solidi alleati degli ucraini in Europa. Contemporaneamente, Mosca ha lanciato un nuovo affondo con una pioggia di missili su tutto il Paese.
Dal punto di vista strategico, il passo indietro di Varsavia nel pieno della controffensiva rischia di pesare tantissimo sul conflitto.


Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha affermato, in un'intervista televisiva, che la Polonia non trasferirà "più armi all'Ucraina, perché ora ci stiamo armando, dobbiamo difenderci". Dichiarazione inattesa poche ore dopo che Varsavia aveva convocato "d'urgenza" l'ambasciatore ucraino per protestare contro l'attacco di Zelensky, che, nell'intervento alle Nazioni Unite, aveva puntato l'indice contro alcuni paesi per i quali la solidarietà all'Ucraina è solo "teatro politico", mentre con le loro azioni "preparano il terreno alla Russia".

Contemporaneamente, da quanto si apprende il presidente americano Joe Biden tra poche ore annuncerà sì nel bilaterale con il presidente ucraino un nuovo pacchetto di aiuti militari, ma sembra che questo non includa i tanto attesi Atacms. "L'Ucraina - ha detto il primo ministro polacco - si sta difendendo da un brutale attacco da parte della Russia, e capisco questa situazione, ma, come ho detto, difenderemo il nostro Paese. Non trasferiamo più armi all'Ucraina, perché ora stiamo armando la Polonia". Segnale decisamente inquietante, anche per la stessa Unione europea e per la Nato, delle quali la Polonia rappresenta il confine a Est. Sul gelo Polonia-Ucraina pesa parecchio anche l'embargo imposto da Varsavia sull'import di grano di Kiev per preservare gli agricoltori polacchi.

Nella notte, intanto, le forze russe hanno lanciato 43 missili da crociera in diverse ondate, 36 dei quali sono stati distrutti dalle forze ucraine di difesa. Lo riporta Rbc Ucraina citando un post su Telegram del comandante in capo delle forze armate di Kiev, Valery Zaluzhny. I razzi sono stati lanciati da 10 aerei strategici Tu-95ms dalla zona ad ovest di Engels. Sono entrati nello spazio aereo dell'Ucraina da diverse direzioni e hanno cambiato costantemente rotta lungo il percorso. Per contro, le forze del Servizio di sicurezza ucraino (Sbu) e della marina militare hanno compiuto un attacco su vasta scala diretto contro l'aeroporto militare russo di Saki, in Crimea. Sempre secondo Rbc, nell'aeroporto si trovavano almeno dodici caccia Su-24 e Su-30 e un sistema di difesa aerea Pantsir-S. Nello stesso sito si trova anche una base di addestramento degli operatori di droni Mohajer. Gli attacchi ucraini avrebbero causato gravi danni alle attrezzature militari russe. Le forze di Kiev hanno fatto uso di droni e missili da crociera Neptun.

venerdì 15 settembre 2023

Emergenza immigrazione, ecco le prove del tradimento

@ - Sulla guerra a colpi di migranti evocata da Salvini la fonte de Il Giornale a Palazzo Chigi parte in sordina. «Prove e fatti non ne abbiamo ma...».

Emergenza immigrazione, ecco le prove del tradimento© Fornito da Il Giornale

Sulla guerra a colpi di migranti evocata da Salvini la fonte de Il Giornale a Palazzo Chigi parte in sordina. «Prove e fatti non ne abbiamo ma...». Dopo il «ma» un sospiro e un lungo silenzio seguiti da un inarrestabile crescendo. «...Ma qui tutti dai vertici politici a quelli dell'intelligence si chiedono come sia possibile che in 24 ore l'Italia subisca prima l'attacco di Germania e Francia, poi l'arrivo di 7mila migranti partiti tutti in fila e, infine, l'offensiva delle sinistre all' Europarlamento guidata, da dietro le quinte, dal socialista Josep Borrell, ovvero dal Commissario per gli Affari Esteri Ue. Un Commissario che non ha mai difeso il Memorandum firmato da von der Leyen. Saranno coincidenze, ma non ce le spieghiamo».

Al di là delle parole un fatto è evidente. I nemici dell'Italia e del Memorandum con la Tunisia - Pd compreso - ora giocano a carte scoperte. Per capirlo è bastata la riunione dei gruppi socialisti all'Europarlamento al termine della quale è stata chiesta la cancellazione del Memorandum. Una richiesta preceduta - nella più velenosa tradizione della sinistra - da una pretestuosa giustificazione politica ovvero il «niet» di Tunisi alla visita di cinque membri della Commissione Affari Esteri dell'Europarlamento. «Chiederò al presidente del Parlamento europeo - annuncia Iratxe Garcia Perez, capo delegazione socialista a Bruxelles, - una dichiarazione in cui condanni il rifiuto d'ingresso degli eurodeputati da parte del governo tunisino...esorto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a sospendere l'attuazione immediatamente del memorandum». L'euro-delegazione, cara ai socialisti, puntava a incontrare sindacati e organizzazioni dell'opposizione tunisina per «comprendere la situazione politica attuale del Paese, sostenere un dialogo nazionale inclusivo, e valutare il memorandum d'intesa firmato dall'Ue». Incontrare l'opposizione equivale però a ridare centralità e peso politico ad Ennahda, il partito della Fratellanza Musulmana portabandiera nel 2011 di quella Primavera Araba che ha trascinato il paese al disastro economico e garantito la libertà a centinaia di jihadisti arruolati dallo Stato Islamico. Non a caso il presidente Kais Saied appena riprese in mano le redini della Tunisia ha fatto arrestare il leader di Ennada Rached Ghannouchi condannato, lo scorso maggio, ad un anno di reclusione per apologia di terrorismo. Anche per questo la pretesa di incontrare l'opposizione senza sentire il governo è sembrata un inaccettabile sgarbo istituzionale. Uno sgarbo preceduto dalle inadempienze di un'Europa che alla firma del Trattato aveva promesso lo stanziamento «immediato» di due fondi da 150 e 105 milioni di euro indispensabili per risanare le finanze, far ripartire l'attività della Guardia Nazionale e bloccare le partenze dei migranti. Un'inadempienza che rende ora impossibile il pagamento degli stipendi e blocca la lotta al traffico di uomini. Ma ai socialisti europei, tra cui il nostro Pd, dei trafficanti di uomini importa poco. Dopo aver ostacolato l'erogazione dei fondi grazie «al lavoro sotto traccia dell'Alto Commissario Josep Borell» - spiega la fonte de Il Giornale - «la mancata trasferta dell'Euro-delegazione diventa ora il pretesto perfetto per far saltare il Memorandum voluto da Giorgia Meloni». Un comportamento che nelle parole del capo-delegazione di Fratelli d'Italia a Bruxelles Carlo Fidanza ha precise e pericolose finalità. «La sinistra smetta di boicottare l'accordo Ue-Tunisia. Fin dal primo giorno il Pd e la sinistra europea hanno lavorato per affossarlo. Sabotare quell'accordo significa rendersi complici degli sbarchi e dei trafficanti. Ne risponderanno agli italiani».

martedì 12 settembre 2023

Saudi Vision 2030: vademecum per le industrie italiane. Tutte le opportunità di investimento

  L’investimento stimato, pari ad oltre 500 miliardi di dollari, è ad ampio spettro: focus su tech e innovazione. Nel campo Industrial & Manufacturing ci sono 201 opportunità. I tre pilastri del progetto: società in cambiamento, economia fiorente, localization rate di petrolio e gas. 


Il premier e principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman

La National Investment Strategy: l’azienda straniera può fondare uno stabilimento industriale o acquistare in tutto o in parte un’attività saudita. Previsti crediti all’export, programmi di prestito, esenzioni doganali e fiscali, finanziamenti per l’occupazione e per la r&s. 

Il Forum Italo-Saudita, hanno siglato accordi anche: Eni, A2A, Rina, De Nora, Italmatch Chemicals, Confindustria, Technogym

Produttori di sistemi e componenti di automazione e system integrator di robotica. Specialisti nei forni industriali e, in generale, nei sistemi di combustione. Fabbricanti di motori idraulici. Industriali in vari settori della meccanica e della meccatronica, dalle pompe alle valvole, dalla componentistica automotive ai sistemi aerospaziali. Aziende attive in tutti i settori delle energie rinnovabili, dai produttori di batterie per le auto elettriche ai fornitori della filiera dell’eolico. Fornitori di tecnologie informatiche, hardware e software. Sono solo alcuni esempi delle industrie italiane che possono trovare grandi opportunità di commercializzazione e di sviluppo internazionale grazie al progetto Saudi Vision 2030. E in questo articolo ci occuperemo di come fare per affrontarla, riproponendoci di tornare sulla questione con ulteriori approfondimenti. Perché l’importanza di questa opportunità è enorme.

Saudi Vision 2030 è un ambizioso piano di Riyad per un radicale cambiamento economico e sociale: introdurre l’economia di mercato in una società finora governata dallo Stato e sorretta solo dai proventi dell’industria petrolifera. E farlo cavalcando le ultime frontiere dello sviluppo tecnologico. Un piano che si può attuare solo comprando competenze, prodotti e componenti dall’estero. E che sembra fatto apposta per l’Italia, che ha tutte le specializzazioni appropriate per diventare, con le sue industrie, un fornitore chiave. Senza ovviamente abbandonare il greggio e il gas (dalle cui fluttuazioni di prezzo sono dipese per anni le entrate dello Stato) ora Riyad punta sull’economia di mercato, sull’industrializzazione al passo serrato, sulla creazione di gigantesche Smart City, su farmaceutica e biotecnologie, su chimica e servizi finanziari, su eolico e fotovoltaico, sul minig & metals, su turismo e trasporti, sulla realizzazione di filiere logistiche internazionali, sulla localizzazione di impianti militari e sui porti. E sono solo alcuni esempi. L’investimento stimato, pari ad oltre 500 miliardi di dollari è davvero ad ampio spettro.

Il punto è che le aziende industriali del Belpaese possono intervenire nei settori innovativi, lì dove mancano competenze locali. Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) Adolfo Urso, è un qualcosa che pochi stati possono vantare: «Un sistema completo», che mette insieme agricoltura, industria, tecnologia, economia reale, università e centri di ricerca. E per il ministro degli Investimenti saudita (Misa) Khalid Al-Falih afferma che rileva «l’eccellenza che le aziende italiane possono portare in Arabia; e non soltanto con le tre F, Food, Fashion e Forniture; ma anche con la quarta F, quella di Factory: e quindi tecnologia e innovazione». 

E Khalid Al-Falih è una figura di grande rilievo nel suo Paese: è un esponente della seconda linea di comando, subito dopo il premier e principe ereditario Mohammed Bin Salman. Nei fatti, è l’attuatore del programma Saudi Vision 2030; d’altra parte, in precedenza Khalid Al-Falih è stato ministro dell’Energia e ceo di Saudi Aramco, la compagnia petrolifera nazionale. Ma il punto è: cosa possono fare le nostre imprese per cogliere queste opportunità? Cosa devono fare nella pratica? Industria Italiana ha assistito alla sigla di un Memorandum of Understanding tra Urso e Khalid Al-Falih. La firma è appena stata apposta, nel corso del Forum Italo-Saudita sugli Investimenti, iniziativa organizzata a Milano da Mimit e Misa, in collaborazione con Assolombarda, Confindustria, Ice e The European House Ambrosetti. A seguito di ciò, Industria Italiana ha approntato questo “vademecum” per le aziende del Belpaese. Alla fine, l’azienda italiana deve solo collegarsi al portale Invest Saudi, (https://investsaudi.sa/en/login) registrarsi, richiedere licenze di investimento e ottenere un certificato temporaneo per presentare proposte di progetti.

La strada è in discesa, perché il Piano ha definito, per le imprese straniere, un’efficace riduzione delle procedure, tempi di approvazione in giornata, sgravi fiscali, rapporti immediati con le autorità e la possibilità di dar vita a realtà economiche e industriali in loco di proprietà interamente straniera. Per fare un esempio, il Regno ha realizzato più di 555 riforme per servire meglio gli investitori, portando a una riduzione del tempo necessario per avviare un’impresa da 15 giorni a soli 30 minuti. Sul sito, ci sono oltre mille opportunità di investimento prontamente disponibili a cui dare un’occhiata in oltre 68 settori. Ad esempio, nel campo Industrial & Manufacturing ci sono 201 opportunità. Presenti al Forum anche il viceministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e il responsabile rapporti con gli investitori del governo saudita, Badr Albadr. Accordi B2B stati siglati tra Eni e Acwa Power (presente con il Ceo Marco Arcelli), tra quest’ultima e A2A, Rina, De Nora, Italmatch Chemicals (presente con il Ceo Sergio Iorio), Confindustria; tra l’araba National Water Company e Sab e Plastitalia; tra la saudita Alkholi e Cipriani; tra Al-Jazirah Water Treatment Chemicals e Ncr Biochemical; tra la saudita Isg e Valvosider; tra la prima e Vogt Valves; tra Leejam e Technogym; tra Bahra Electric e Continuus Properzi; tra Alrabiah Consulting Engineers e lo Studio Martini Ingegneria; e altri. Al Forum hanno partecipato circa 1200 imprese (di cui 500 in presenza e oltre 700 in remoto); tra le aziende presenti, anche Versalis (con il Ceo Adriano Alfani), Enea (con il Ceo Gilberto Dialuce) Pirelli (con il Ceo Andrea Casalucci), Ceer (il primo carmaker saudita, con il Cfo Joerg Schuessler), Lucid (con Anna Bakola, Director of International Policy and Public Affairs) e altre. Queste aziende saranno protagoniste di un secondo articolo di Industria Italiana. Invest Saudi online portal. L’azienda italiana deve solo collegarsi al portale (https://investsaudi.sa/en/login) registrarsi, richiedere licenze di investimento e ottenere un certificato temporaneo per presentare proposte di progetti

Che cos’è Saudi Vision 2030
1) Le sette aree chiave che racchiudono op- portunità per le aziende italiane
«Con il lancio di Vision 2030, il Regno ha intrapreso la strada che porta ad un futuro pioneristico e ambizioso. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma, teso a realizzare evoluzioni economiche, sociali e culturali» – afferma Haya Alkahtani, Associate Relationship Management Officer, Saudi Arabia Ministry of Investment. In sintesi, il Piano si concentra su sette aree chiave. Già dall’esame di quest’ultime emergono le tante opportunità per le aziende italiane, che offrono servizi e tecnologie in questi settori. Anzitutto, la diversificazione economica: si tratta di sviluppare altri settori, oltre all’oil&gas, come l’industria, l’information technology, la finanza e il turismo. In particolare l’Arabia Saudita, Paese ricco di risorse, è alla ricerca di aziende innovative quanto a tecnologia. Si pensi a quanto è accaduto nella chimica: ora l’Arabia Saudita è una potenza regionale quanto a chimica di base; ma ciò è avvenuto grazie al know how e competenze per lo più europee. L’impressione è che Riyad intenda replicare questo modello. «Puntiamo a diventare una delle prime 15 economie mondiali» – afferma Mufleh Alshammari, Communication and Media Vp, National Transformation Program, e cioè il responsabile della comunicazione della società che gestisce il piano Poi, la promozione del settore privato. Impianto per la desalinizzazione delle acque di Italmatch Chemicals

«Prima l’economia era guidata dallo Stato; ora non più, e le opportunità sono sia per i locali che per gli stranieri» – afferma Alkahtani. «In effetti i progetti di privatizzazione riguardano tanti fra i più importanti settori: comunicazioni, media, ambiente, acqua e agricoltura, salute, industria e minerali, proprietà, educazione, difesa, tasse, risorse umane e trasporti, sport, housing e altro» – afferma il citato responsabile dei rapporti con gli investitori del governo saudita, Badr Albadr. In terzo luogo, il miglioramento dell’istruzione e della formazione. Per il genere di modello cui tende l’Arabia Saudita, occorrono nuove competenze diffuse. Si intende preparare i cittadini alle esigenze del mercato del lavoro moderno. In quarto luogo, si intende puntare sulla sostenibilità ambientale, con una riduzione delle emissioni. Pur non rinunciando all’Oil&gas, si vuole conseguire un nuovo mix tra fonti fossili e quelle rinnovabili. In ciò, tante aziende italiane con una forte esperienza e cono conoscenze innovative potrebbero giocare un ruolo di primo piano. In quinto luogo, si punta alla crescita delle industrie culturali e dell’intrattenimento. Ovviamente, questi sviluppi vanno realizzati anche sulla scorta della sensibilità religiosa molto radicata nel Paese. In sesto luogo, lo sviluppo del turismo internazionale. L’Arabia Saudita sta lavorando per diventare una destinazione turistica di prima classe, aprendo il paese ai turisti stranieri e cercando di attirare visitatori da tutto il mondo. In settimo luogo, il miglioramento della qualità della vita: si intende realizzarlo con servizi pubblici di qualità, abitazioni migliori e un ambiente più sano.Target della strategia nazionale degli investimenti

2) I tre pillar del piano
Per la Alkahtani, tre sono i pilastri che sostengono il Piano. Anzitutto la società in profondo cambiamento. Si diceva del settore privato. «Ora contribuisce al 65% del Pil, contro il 40% dall’inizio del Piano» – afferma Alkahtani. Si pensi anche che tra gli obiettivi del Piano c’è il conseguimento del 70% delle ownership delle case, contro 47% di baseline. In secondo luogo, l’economia fiorente. «Le revenue governative da attività non-oil hanno raggiunto quota 267 miliardi di dollari, partendo da 43» – afferma Alkahtani. Inoltre, il localization rate di petrolio e gas è passato dal 40% al 75%. «Nel 2022 l’economia saudita è cresciuta del 5,4%: è il rialzo più importante tra i Paesi del G20. Ed è l’unica ad aver guadagnato un outlook positivo da parte di tre agenzie globali di rating» – afferma Abdeljabbar Chraiti, Chief Center of Excellence. Infine, l’ambizione del Paese. Era l’83esimo Stato, secondo il Government Effectiveness Index: ora è il 15esimo. Quanto al fondo pubblico di investimenti, è il secondo più grande del mondo. Ne parliamo adesso.I tre pillar
La strategia nazionale per gli investimenti.

Per realizzare Saudi Vision 2030, è stata definita una strategia nazionale per gli investimenti (“National Investment Strategy”, Nis). Va sottolineato che il citato “totale cumulativo degli investimenti” anzitutto rappresenta la somma di tutti quelli che ci si aspetta siano realizzati nel periodo 2021-2030, e poi non riguarda solo quelli “domestici”: ci si attende che contribuiscano anche quelli “stranieri diretti”. Questi ultimi (Foreign Direct Investment, Fdi) si verificano quando un investitore straniero acquisisce una partecipazione significativa o di controllo in un’azienda o un’entità economica situata in un altro Paese. Insomma, la Nis prevede anche che l’azienda italiana, belga o americana, invece di fondare uno stabilimento industriale nel Regno o di partecipare ad un appalto, acquisti in tutto o in parte un’attività saudita. Secondo Alkahtani, ci sono buone motivazioni per investire (o trasferire tecnologia) in Arabia Saudita. Rappresenta la più grande economia, il più grande network marittimo, il Paese più importante per Venture Capital, export, potere d’acquisto del Medio Oriente e Nord Africa (Mena, in sigla). Di quest’area, l’Arabia Saudita è lo stato con la minore inflazione. Inoltre, in 4 ore di volo da Riyad si raggiungono più di 60 Paesi; in 6 ore si copre un’area dove si realizza il 40% del Pil mondiale. l’accesso semplice a tre continenti (Africa, Asia ed Europa) si ottiene grazie a 13 aeroporti internazionali. Il 13% del commercio globale passa attraverso il Mar Rosso. Il network logistico è ancora più importante: si contano 10 porti, 5.590 km di autostrade e 40 zone industriali.

In particolare, ci sono alcuni piani definiti “Giga Projects” e altri detti “Mega Projects”. Nella prima categoria, quelli di valore superiore a 10 miliardi di dollari: Neom, ad esempio, città futuristica e zona economica speciale da realizzare nell’Arabia Saudita settentrionale. Il nome deriva dalla combinazione delle parole “nuova” (new) ed “Arabia” (Arabia), sottolineando l’aspirazione di creare una nuova e innovativa destinazione economica e urbana. E poi, Roshn, una comunità residenziale di alta qualità; Qiddiya, progetto di sviluppo immobiliare e di intrattenimento di vasta portata; e infine “The Red Sea”, che mira a trasformare una vasta area costiera lungo il Mar Rosso in una destinazione turistica di lusso e sostenibile. Nella seconda categoria, invece, i progetti di valore superiore al miliardo di dollari. Ad esempio, la “Knowledge Economic City”, il “King Salman International Complex for Maritime Industries and Sevices”, la “Jizam City for Primary and Downstream Industries” e il “King Abdullah Financial District”. Dunque, ci sono massicce opportunità per svariati settori. «Si tratta di un insieme di possibilità straordinarie» -afferma Alkahtani. Si pensi allo sblocco di 453 miliardi di dollari di investimenti (al 2030) per energia, mining, industria e logistica; a quello di 64 miliardi per il turismo e l’entertainment; a quello di 224 miliardi per l’healthcare. «Noi siamo leader nell’oil&gas, ma puntiamo anche sull’idrogeno, sull’energia green, e sulla realizzazione di una nuova supply chain di importanza globale, anche considerando la posizione strategia del Regno» – afferma Khalid Al-Falih – «l’Italia, peraltro, è nella top 20 degli investitori nel nostro Paese».

Ponti d’oro a chi investe in Arabia Saudita
Riyad ha dato vita ad un’ampia serie di incentivi per le imprese straniere che investono nel Regno. Sotto il profilo finanziario, ad esempio, sono previsti crediti all’export, programmi di prestito, esenzioni doganali e fiscali nonché finanziamenti per l’occupazione e per la ricerca e sviluppo. I rapporti con le imprese straniere sono favoriti da nuove leggi sugli appalti pubblici e da un insieme di stimoli per le filiere, che riguardano anche le Pmi e le start-up. Peraltro Riyad ha portato avanti un’importante attività di semplificazione amministrativa. Si pensi che il tempo di approvazione della licenza di investimento (che ha una validità superiore ai cinque anni) è stato ridotto a sole tre ore, mentre la durata dello sdoganamento è ora contenuto in 24 ore. Anche il visto d’affari si rilascia in giornata (senza, peraltro, che sia richiesto il visto locale). I documenti doganali richiesti sono due per le esportazioni e due per le importazioni. Infine, l’aspetto più atteso dalle società straniere: è consentita loro la proprietà al 100% di realtà imprenditoriali realizzate in Arabia Saudita. «Quest’ultima novità è un messaggio chiave che l’amministrazione saudita vuole lanciare agli investitori stranieri» – afferma Alkahtani.

Il protocollo di intesa
Secondo il Mimit, il protocollo d’intesa è volto a sostenere il dialogo tra le istituzioni e le imprese interessate alla promozione degli investimenti tra i due Paesi e a incoraggiare la cooperazione negli investimenti diretti, sostenendo gli investitori in tutte le fasi dei progetti qualora siano stati indicati come aventi importanza economica strategica per uno dei due Paesi.
Le imprese italiane sono pronte a partecipare

Si accennava al «sistema completo», citato da Urso. «Anche l’Arabia è consapevole che deve diventare un sistema completo». Per Urso, «in un mondo in tempesta, l’Italia crede nel valore della partnership: e il Belpaese e l’Arabia possono fare molto insieme. Quanto ad alcune tecnologie specifiche, ci sono alcuni campi in cui l’Italia è assolutamente all’avanguardia: si pensi a quelle per il green, o si pensi all’aerospazio, con Leonardo, o alla blue economy». D’altra parte, «l’Italia è promotrice del dialogo e della stabilità nell’area del Golfo. Il rafforzamento delle relazioni commerciali con il Regno va in questa direzione» – afferma Giorgio Silli, sottosegretario di Stato alla Farnesina. Per Valentini, un punto focale è il Made in Italy, «che non è soltanto eccellenza, ma è anche missione. Non conta dove facciamo le cose, ma come». Insomma, l’eccellenza può essere esportata.
Come fare nella pratica e le mille opportunità

Si accennava a Invest Saudi. Per la precisione, questa viene descritta dal Misa come una «piattaforma al servizio degli enti governativi e legati ad esso per quanto riguarda la promozione del Regno come destinazione di investimenti future-ready, contribuendo così alla realizzazione della Vision 2030». In pratica, ha il compito di promuovere le enormi opportunità di investimento in Arabia Saudita. «Sul sito, ci sono oltre mille opportunità di investimento prontamente disponibili a cui dare un’occhiata in oltre 68 settori. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri investitori e partner, li supportiamo nello sviluppo dei loro piani aziendali, nella valutazione delle opportunità, e in tanto altro. Si possono pure scansionare codici a barre sullo schermo per avere accesso ai manuali, alle linee guida e a tutte le informazioni necessarie» – afferma Alkahtani. Ad esempio, nel campo Industrial & Manufacturing ci sono 201 opportunità. Una riguarda gli “Industrial robot”: si intende favorire la realizzazione di «strutture per l’assemblaggio e l’integrazione locale di robot industriali con un focus specifico sulle capacità di svolgere attività ripetitive nei settori alimentare e delle bevande, automobilistico, elettronico, dei metalli e dei macchinari». La dimensione prevista per l’investimento è dai 24 ai 27 milioni di dollari; mentre l’impianto deve avere una capacità da 1.800 a 2.200 unità.

Un’altra riguarda gli “Industrial Burners”: qui si vuole «creare di uno stabilimento per localizzare il montaggio di bruciatori industriali per diverse applicazioni nei settori petrolchimico, petrolio e gas, energia e acqua, estrazione mineraria e metalli e produzione di altro genere». La dimensione dell’investimento è prevista dai 12 ai 13 milioni di dollari, con un impianto di almeno 1.440 unità. Un’altra ancora riguarda le “Drill Pipes”: qui l’obiettivo è «realizzare una struttura per progettare e produrre tubi per la trivellazione di petrolio e gas per soddisfare l’espansione di capacità nella produzione di greggio e metano». È previsto un investimento tra i 310 e i 315 milioni di euro, con un periodo di rimborso in 9 anni e la creazione di posti di lavoro tra i 2.800 e i 3mila. Un ultimo esempio riguarda gli “Hydraulic Motors”: qui si intende dar vita ad «un impianto locale di assemblaggio di motori idraulici per soddisfare la crescente domanda nei settori della produzione, della movimentazione dei materiali, dell’edilizia e di altre attrezzature per il movimento terra». L’investimento è tra i 29 e i 30 milioni di euro, con una capacità tra le 60mila e le 70mila unità e con la creazione di posti di lavoro tra i 260 e i 280.

giovedì 7 settembre 2023

Il racconto di una volontaria in Tanzania: "Dopo un viaggio così, non si può tornare alla vita di tutti i giorni"

 @ - Riceviamo e pubblichiamo ...  Pensando che con i soldi delle "ARMI" tra RUSSIA & UCRAINA ... avremmo potuto risolvere la seguente "GRANDE VERGOGNA FORSE PER SEMPRE !!!!


giovedì 31 agosto 2023

Migranti, il retroscena: "La mano straniera dietro il boom di sbarchi"

@ - C’è una mano straniera dietro all’ondata di immigrati irregolari che si è abbattuta sull’Italia?


Una regia internazionale si è data l’obiettivo di destabilizzare politicamente il nostro Paese a colpi di barconi? A palazzo Chigi stanno molto attenti a non usare simili termini. Però la mossa fatta da Giorgia Meloni nell’ultimo consiglio dei ministri conferma che il sospetto c’è: uno scenario simile è preso in considerazione. Si spiega anche così il ruolo centrale che la presidente del consiglio ha affidato ai servizi segreti, gli unici che possono avere le informazioni ed elaborare scenari accurati su simili manovre. Le parole della premier diffuse al termine della riunione di lunedì meritano di essere rilette con attenzione. Ha detto ai ministri che occorre «stringere le maglie, dare segnali chiari ai trafficanti e serve un coordinamento maggiore tra noi nell’attività di contrasto ai flussi illegali di migranti. Già alla fine di questo consiglio dei ministri è convocata una riunione del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr), che ben si presta a essere la sede di questo raccordoE da oggi è convocato permanentemente».

UN ORGANO PARTICOLARE
Da due giorni, dunque, la gestione del “dossier immigrazione” è nelle mani di quel comitato. Che non è un’invenzione recente, ma esiste dal 2007, ossia dai tempi del secondo governo Prodi, quando la legge di riforma dei servizi lo creò presso la presidenza del Consiglio dei ministri, affidandogli «funzioni di consulenza, proposta e deliberazione» in materia di sicurezza. È presieduto dal capo del governo, a fare da segretario è il direttore del Dipartimento delle informazioni perla sicurezza, Elisabetta Belloni, ed è composto dall’autorità delegata ai servizi, che è il sottosegretario Alfredo Mantovano, e dai ministri di Esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e Sviluppo economico. Quando il premier lo ritiene necessario possono partecipare alle sue riunioni i direttori dei servizi di sicurezza esterna (Aise) e interna (Aisi) e altre autorità. Un conclave nel quale i servizi segreti hanno un peso decisivo, insomma, che da adesso in poi si riunirà una volta a settimana.

Ma chi legge il coinvolgimento del Cisr come una mossa per depotenziare il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è fuori strada. È successo qualcosa di molto diverso, che gli stessi ministri, confermano fonti dei diversi dicasteri, hanno caldeggiato. «Intanto c’è la necessità di fare in modo che tutto quello che un singolo ministero fa per la Tunisia, che in questo momento è al centro del nostro interesse, sia conosciuto dagli altri», spiega una fonte dell’esecutivo. «Sinora non è stato così, e questo ha creato alcuni problemi, anche con i nostri interlocutori laggiù. E poi c’è la necessità di avere uno sguardo più ampio su ciò che sta accadendo».

COMPITI DIVERSI
La pressione dal Sahel è fortissima, ci sono bande criminali e attraverso le frontiere dei Paesi nordafricani passa di tutto. «Affermare oggi con certezza che c’è una regia che coordina i flussi migratori può essere esagerato», prosegue la fonte, «ma il Cisr permette di coinvolgere a pieno titolo i servizi, che in quei territori stanno facendo un ottimo lavoro d’intelligence e ci aiutano a capire cosa sta succedendo davvero». Compiti molto diversi da quelli del ministero dell’Interno, che per sua natura prende in carico il problema degli immigrati irregolari quando questi arrivano in Italia, quindi troppo tardi. Prima ci sono altre fasi, meno evidenti eppure più importanti. Come quella della diplomazia, che ha il compito di trattare con gli Stati di partenza e di transito per impedire che gli immigrati si imbarchino, e quella dei servizi segreti, «che sono gli unici», spiega un’altra persona vicina al dossier, «in grado di dire se nel porto tunisino di Sfax o in altre piazze ci sono cinquecento o cinquemila individui pronti a partire alla volta dell’Italia, se ad organizzare il loro viaggio è un’organizzazione criminale internazionale o un gruppo di pescatori, se le milizie mercenarie hanno un ruolo e così via. Certo», conclude, «se si è deciso di usare quel comitato, è perché c’è la percezione che le forze in campo siano importanti». Non è la prima volta che il Cisr è usato a questo scopo. Già ai tempi di Matteo Renzi, ogni lunedì mattina, il comitato si riuniva a palazzo Chigi e i servizi facevano il punto sull’immigrazione e i rischi perla sicurezza nazionale. Erano gli anni in cui a spostarsi in massa erano i profughi in fuga dalle guerre in Siria, Afghanistan e Iraq, quando si temeva che l’Isis infiltrasse i suoi uomini sui barconi diretti verso l’Italia. Adesso la paura più grande non si chiama terrorismo, ma destabilizzazione.


sabato 26 agosto 2023

Guerra Ucraina Russia, news. Recuperate scatole nere del jet Wagner e i dieci corpi

@ - una assoluta menzogna che il presidente Vladimir Putin abbia ordinato l'uccisione di Yevgeny Prigozhin", ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Il Pentagono esclude che sia stato abbattuto da un missile, mentre il New York Times parla di una bomba a bordo. "Noi non c'entriamo niente, tutti sanno chi è il responsabile", afferma Zelensky. Lukashenko: "Non posso credere ci sia Putin dietro la morte di Prigozhin". Le forze russe hanno abbattuto due aerei ucraini su Donetsk e Kherson.
Morte Prigozhin, cosa succede ora al gruppo Wagner. Le ipotesi sul futuro della brigata
Dallo scioglimento immediato all'assorbimento all'interno dell'esercito russo, o di altri gruppi combattenti privati, fino a una marcia "di vendetta" su Mosca: gli analisti scommettono sul futuro della compagnia rimasta orfana del loro leader. LE IPOTESI

23:27
Yevgeny Prigozhin, chi era il capo del gruppo mercenario Wagner
Oligarca convertito a capo militare, dopo mesi a combattere in Ucraina, a giugno 2023 aveva lanciato una sfida a Mosca affermando di voler rovesciare la leadership militare russa. Dopo il tentato golpe, era andato in Bielorussia e il 23 agosto l'aereo su chi viaggiava si è schiantato tra Mosca e San Pietroburgo. LEGGI

23:06
Russia, cade aereo privato tra Mosca e San Pietroburgo: a bordo anche Prigozhin
Un video diffuso dall'agenzia Reuters mostra i momenti in cui precipita il jet di proprietà del capo del gruppo Wagner. A bordo del velivolo c'erano 10 persone, compresi il leader della milizia privata e il suo braccio destro Utkin: nessuno è sopravvissuto. GUARDA IL VIDEO

22:48
Russia, caduto aereo Prigozhin. Wagner: “È morto ucciso dai traditori”. Cosa è successo
Il volo, che avrebbe avuto a bordo 10 persone, si è schiantato tra Mosca e San Pietroburgo. Il canale Telegram vicino ai Wagner Grey Zone ha scritto: “Il capo del gruppo Wagner, eroe della Russia e vero patriota, Yevgeny Viktorovich Prigozhin, è morto a causa delle azioni dei traditori della Russia. Ma anche all'Inferno sarà il migliore! Gloria alla Russia!”. LEGGI

22:34
Morte Prigozhin, Putin: “Uomo di talento, condoglianze alle vittime”
Il presidente russo rompe il silenzio a meno di 24 ore dall'incidente aereo che ha portato alla morte del capo Wagner e di altre 9 persone. Putin ricorda Prigozhin e il contributo dei suoi combattenti nella guerra in Ucraina e garantisce: "Inchiesta sarà esaustiva". LEGGI L'ARTICOLO

22:14
Russia, Mosca equipaggerà i sommergibili nucleari con missili ipersonici Zircon: cosa sono
Alexei Rakhmanov, capo della United Shipbuilding Corporation che produce i sottomarini, lo ha annunciato in un’intervista a Ria Novosti spiegando che "il lavoro in questa direzione è già in corso". Gli esperti militari statunitensi, seppur con cautela, stimano che gli Zircon possano essere i missili più veloci del mondo, motivo per cui sarebbero anche invisibili ai radar. SFOGLIA LA GALLERY

21:57
Gli ultimi mesi di Prigozhin, dal tentato golpe all'esilio in Bielorussia fino alla morte
Il capo della Wagner era a bordo del jet abbattuto il 23 agosto tra Mosca e San Pietroburgo. Per anni uomo di fiducia di Putin, negli ultimi mesi la sua parabola aveva subìto un declino. In contrasto con i vertici militari russi aveva messo i suoi uomini in marcia verso la capitale. La mediazione di Lukashenko aveva risolto la situazione ma da allora il numero uno dei miliziani era un personaggio scomodo. LEGGI

21:38
Ucraina, battaglione Azov torna al fronte nella regione di Lugansk
Lo ha dichiarato oggi il capo del dipartimento di pianificazione della Guardia Nazionale, Mykola Urshalovych, come riporta l'emittente statale Suspilne. LEGGI L'ARTICOLO

21:29
Ucraina, media: in attacco su Crimea morti "decine" di russi
In seguito all'attacco ucraino con i droni a obiettivi militari russi in Crimea, portato a termine dall'intelligence ucraina e dal Servizio di sicurezza civile di Kiev (Sbu), sono stati uccisi o feriti "decine di invasori". Lo riporta Ukrinform, citando fonti nello Sbu. L'attacco sarebbe stato portato a segno oggi contro la 126esima Brigata della Flotta russa del Mar Nero in un'operazione speciale congiunta dei Servizi di sicurezza di Kiev (Sbu) e dell'esercito. Mosca, questa mattina, aveva riferito di aver abbattuto 42 droni ucraini in Crimea nella notte. "Possiamo parlare con certezza di diverse decine di russi uccisi e feriti", ha detto la fonte, "sono stati danneggiati anche depositi di munizioni".

21:17
Prigozhin, una leggenda nera. La parabola del leader del gruppo Wagner
"Senza pietà, senza vergogna, senza legge". Le parole con cui il New York Times ha descritto la brigata Wagner probabilmente si adattano bene anche al suo fondatore Evgenij Prigozhin. Abile e spregiudicato Prigozhin, ma anche sanguigno e istintivo. Ha scritto la sua leggenda nera nel corso dei decenni, ma la parabola finale è stata il frutto di una svolta repentina. LEGGI

21:09
Aereo Prigozhin, Cnn: "Catastrofico incidente prima dello schianto"
Un “catastrofico incidente di volo” avrebbe causato lo schianto dell'aereo sul quale viaggiava presumibilmente il capo del Gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin. E' il risultato dell'analisi a cui esperti di aviazione e di esplosivi, intervistati dalla Cnn, sono giunti, dopo aver esaminato dati e video di volo, per ricostruire ciò che è accaduto nei minuti precedenti allo schianto. L’analisi suggerisce che l’aereo privato ha subito almeno un “catastrofico incidente di volo” prima di precipitare, anche se le riprese video disponibili non mostrano il momento esatto dell'esplosione.
Nel filmato infatti si vede un aereo che cade, con una scia di fumo o vapore che si allunga dietro di esso, scendendo rapidamente contro un cielo azzurro brillante. La persona che filma il video ingrandisce l' aereo che scende a spirale senza controllo, rivelando che gli manca un'ala.

21:05
Fonti Kiev: "Decine di morti per attacco droni su Crimea"
Nell'attacco ucraino con i droni sulla Crimea occupata, portato a termine dall'intelligence ucraina e dal Servizio di sicurezza civile di Kiev (Sbu), sarebbero morte decine di persone. Lo affermano alcuni media ucraini, tra cui Rbc Ukraine e Ukrainska Pravda citando fonti interna alla Sbu. L'attacco avrebbe colpito la base militare colpito dove si trova la 126ma brigata della Flotta russa del Mar Nero, che ha sede nel villaggio di Perevalne. Oltre ai morti ci sarebbero anche decine di feriti e i droni avrebbero colpito anche un deposito di munizioni.

21:00
Belgorod, abbattuta stele dedicata agli alpini: ricordava morti durante ritirata di Russia
Un gruppo di sconosciuti è arrivato sul posto con un escavatore, gettato una corda intorno al cippo per poi trascinarlo via. Il fatto è avvenuto in uno degli oblast russi più colpiti nei mesi scorsi dagli attacchi dei droni ucraini e teatro di tentativi di infiltrazione dal confine. LEGGI L'ARTICOLO

20:45
Zelensky,: "Stiamo già attuando gli accordi presi con i partner"
"Tutti gli accordi che abbiamo portato a casa dai nostri partner sono già stati attuati. Prima di tutto, gli aerei F-16". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram. Zelensky spiega che i compiti per tutte le parti coinvolte sono chiari, "per la comunità internazionale, si tratta di ampliare il più possibile le missioni di addestramento" mentre "per i militari, accelerare la preparazione delle infrastrutture, inviare piloti e ingegneri per garantire la piena disponibilità dell'Ucraina". L'obiettivo è quello di "arrivare al momento in cui gli F-16 ci aiuteranno a tenere lontani i terroristi russi". Il presidente ucraino ha raccontato di aver avuto una lunga riunione sui risultati delle visite effettuate in Europa, che hanno appunto portato allo sblocco degli F-16 per Kiev, e ha aggiunto che si è discusso anche dei nuovi pacchetti di difesa, che avranno "esattamente il contenuto di cui i nostri soldati hanno bisogno e di cui mi hanno parlato quando ho visitato il fronte". Infine, il presidente ucraino annuncia la preparazione di "nuovi eventi internazionali per l'autunno, nuovi passi nelle relazioni con i partner che dovrebbero rafforzare l'Ucraina". "L'autunno sarà impegnativo per la nostra diplomazia" ha concluso Zelensky.

20:37
Brics, sei nuovi paesi entreranno da gennaio tra cui Arabia Saudita e Iran
Dal primo gennaio 2024 i Brics si allargano e avranno sei nuovi membri effettivi. Si tratta di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. LEGGI

20:29
Bombe ucraine, un morto nella regione di Kursk
Un uomo è morto, perchè è finito sotto il fuoco delle forze armate ucraine nel villaggio di Elizavetovka, distretto di Glushkovsky nella regione di Kursk. Lo scrive l'agenzia Tass. Altri due civili - un uomo e una donna - sono stati ricoverati in ospedale dopo essere stati bombardati dalle forze armate ucraine. La donna è stata ferita da schegge.

20:21
Prigozhin, l’aereo è stato abbattuto? È stato Putin a dare l'ordine? Domande e ipotesi
Il 23 agosto 2023 è precipitato in Russia l’aereo sul quale, secondo diverse fonti, era a bordo Yevgeny Prigozhin, il capo del gruppo militare privato Wagner. Sia i miliziani mercenari che Rosaviatsia, l'Agenzia federale russa per il trasporto aereo russo, hanno dichiarato che Prigozhin è morto, insieme ad altre persone tra le quali il suo braccio detsro Dmitry Utkin. Immediatamente, sul canale Telegram Grey Zone, vicino a Wagner, si è puntato il dito contro la Russia. “Il business jet Embraer Legacy 600 con numero di registrazione RA-02795, che apparteneva a Yevgeny Prigozhin, è stato abbattuto dal fuoco della difesa aerea del ministero della Difesa russo”, hanno scritto nella chat. A favore di questa tesi ci sono varie ipotesi e punti che confermerebbero l’accusa.

mercoledì 16 agosto 2023

Corridoio di Suwalki, la Polonia superpotenza della Nato: tank e lanciarazzi nella più grande parata degli ultimi decenni

@ - La più grande parata militare degli ultimi decenni. Non è un caso, per la Polonia, che sia arrivata proprio in questo momento, quando al confine con la Bielorussia, nel corridoio di Suwalki, aumentano le tensioni. Il ministero della Difesa polacco ha affermato che la celebrazione della Giornata dell'esercito polacco hanno messo in mostra 200 unità di equipaggiamento militare polacco e straniero, 92 aerei e 2.000 soldati.

Corridoio di Suwalki, la Polonia superpotenza della 
Nato: tank e lanciarazzi nella più grande parata degli ultimi decenni© Redazione

L'arsenale
La parata ha mostrato alcune delle più recenti tecnologie che la Polonia ha nel suo arsenale: carri armati M1A1 Abrams fabbricati negli Stati Uniti, carri armati sudcoreani K2 e obici semoventi K9, lanciarazzi HIMARS, obici semoventi Krab, oltre a Patriot di fabbricazione statunitense e sistemi di batterie missilistiche, che fanno parte del sistema di difesa aerea polacco "WISŁA".

Gli investimenti
La Polonia è diventata una delle principali potenze militari europee negli ultimi anni dopo aver investito miliardi in nuove attrezzature in seguito alla decisione della Russia di annettere la Crimea nel 2014. Anche il peso diplomatico di Varsavia è cresciuto sulla scia del ruolo che ha svolto nel sostenere l'Ucraina dopo l'invasione di Mosca.

Il corridoio di Suwalki
La scorsa settimana, la Polonia ha annunciato il dispiegamento di migliaia di truppe aggiuntive al suo confine orientale mentre cresce la preoccupazione per la presenza dei mercenari Wagner in Bielorussia. La Polonia confina non solo con l'Ucraina e la Bielorussia, ma anche con la semi-exclave russa di Kaliningrad. «Mettendo in scena una massiccia dimostrazione di potere martedì, Varsavia sta inviando un messaggio per Russia e la Bielorussia», è il pensiero degli esperti.

La dimostrazione
«È una specie di strategia sovietica. La Russia fa il suo l'8 maggio, i bielorussi anche, così come la Corea del Nord, l'Iran. Gli stati avversari vedono queste parate come una dimostrazione di forza, la Polonia fa lo stesso», ha detto alla CNN Edward Arnold, ricercatore presso il think tank britannico sulla sicurezza RUSI.

Il ruolo nella Nato
La Polonia ha notevolmente aumentato l'importo che spende per la difesa negli ultimi anni, da meno del 2% del suo Pil nel 2014 al 4% di quest'anno, secondo le statistiche ufficiali della Nato. Ciò lo rende il paese che spende di più in termini di quota del Pil, al di sopra degli Stati Uniti. Fondamentalmente, oltre il 50% degli investimenti della Polonia è in nuove attrezzature e ricerca e sviluppo. «Se tutti questi diversi piani di approvvigionamento verranno confermati, diventeranno la superpotenza militare europea dell'Ue e della Nato - ha detto Jamie Shea, ex funzionario della Nato, professore di strategia e sicurezza all'Università di Exeter, in Inghilterra.» «Secondo un calcolo, se acquistano tutti i carri armati dagli Stati Uniti, i carri armati Abrams e i carri armati che hanno ordinato dalla Corea del Sud, oltre a modernizzare ciò che hanno al momento, avranno più carri armati della Francia, Germania, Italia e Regno Unito messi insieme».

La tensione al confine
I recenti avvenimenti in Bielorussia hanno dimostrato che i rischi che la Polonia sta affrontando non sono puramente ipotetici, spiega la Cnn. A novembre, due persone sono state uccise nella Polonia orientale, a circa quattro miglia (6,4 chilometri) a ovest del confine ucraino, da un missile ucraino che si difendeva dal fuoco russo in arrivo. Funzionari ucraini e polacchi hanno descritto il fatto come un incidente e hanno accusato l'aggressione russa della loro morte. La Russia ha usato la Bielorussia come punto di partenza quando ha lanciato la sua invasione su vasta scala dell'Ucraina nel febbraio 2022. Più recentemente, migliaia di combattenti mercenari Wagner sarebbero stati inviati lì il mese scorso come parte di un accordo per porre fine all'insurrezione armata del gruppo contro il Cremlino. Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha chiesto alle milizie Wagner di aiutare ad addestrare l'esercito del suo paese, e all'inizio di questo mese le due forze hanno tenuto esercitazioni congiunte vicino al confine polacco. È stato durante queste esercitazioni che Varsavia ha accusato due elicotteri bielorussi di aver violato lo spazio aereo polacco.

LEGGI ANCHE

martedì 15 agosto 2023

"Ucraina nella Nato cedendo territori". Ecco l'offerta che ha scatenato l'ira di Kiev

@ - Lasciare andare parte del territorio occupato dalla Russia per entrare a fare parte della Nato: questa la proposta all'Ucraina, secondo quanto sostenuto da Stian Jenssen, un funzionario dell'Alleanza atlantica.


"Ucraina nella Nato cedendo territori". Ecco l'offerta che ha scatenato l'ira di Kiev
© Fornito da Il Giornale

Intervenuto in una roundtable con i media norvegese, il direttore dell'ufficio privato del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha spiegato: "Penso che una soluzione potrebbe essere che l'Ucraina rinunci al territorio e ottenga in cambio l'adesione alla Nato", le parole di Jenssen riportate da Vg.

Un'"offerta" che per il momento rientra nel campo delle ipotesi, senza dimenticare che "deve spettare all'Ucraina decidere quando e in quali condizioni negoziare" con Mosca per la fine del conflitto. "C'è un movimento significativo nella questione della futura adesione alla Nato per l'Ucraina. È nell'interesse di tutti che la guerra non si ripeta", l'analisi di Jensen: "La Russia sta lottando enormemente militarmente e sembra irrealistico che possano conquistare nuovi territori. Ora è piuttosto una questione di cosa l'Ucraina riuscirà a riprendersi". Soffermandosi sulla possibile cessione di territori per la pace con la Russia e l'ingresso nella Nato, il funzionario ha rimarcato che la questione è stata posta da altri: "Non sto dicendo che debba essere così. Ma questa potrebbe essere una possibile soluzione". Una strada difficilmente percorribile, considerando la reazione di Kiev.

Le parole di Jensen non sono passate inosservate in Ucraina. Tranchant la posizione del consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak: "Scambiare territori per un ombrello Nato? È ridicolo. Ciò significa scegliere deliberatamente la sconfitta della democrazia, incoraggiare un criminale globale, preservare il regime russo, distruggere il diritto internazionale e tramandare la guerra ad altre generazioni". Il braccio destro di Zelensky ha aggiunto: "Dopotutto, perché la Russia dovrebbe abbandonare volontariamente provocazioni, ibridi e comportamenti tradizionali senza perdere? Ovviamente, se Putin non subisce una sconfitta schiacciante, il regime politico in Russia non cambia e i criminali di guerra non vengono puniti, la guerra tornerà sicuramente". Podolyak ha poi sottolineato che provare a preservare l'ordine mondiale e stabilire una "cattiva pace" non porterà la pace nel mondo, bensì disonore e guerra: "Questo vale per qualsiasi formato di una nuova 'divisione dell'Europa': anche sotto l'ombrello della Nato. Allora perché proporre lo scenario del congelamento, tanto voluto dalla Russia, invece di accelerare la fornitura di armi? Gli assassini non dovrebbero essere incoraggiati da spaventose indulgenze...".

sabato 12 agosto 2023

Michele Dalla Palma: «Dietro al golpe in Niger ci sono Russia e Cina»

@ - Dalla guerra in Ucraina al colpo di Stato in Niger: al DiariodelWeb.it le tensioni internazionali viste dal giornalista Michele Dalla Palma, autore di «Sopravvivere al nuovo ordine mondiale».

Una protesta in Niger a sostegno dei golpisti con la bandiera russa (© Fotogramma)

Alla tensione internazionale dovuta alla guerra in Ucraina si è aggiunta, dalla scorsa settimana, quella generata dal colpo di Stato in Niger. Un fatto tutt’altro che periferico sullo scacchiere del mondo, visto che dietro le quinte si agita ancora lo scontro tra Stati Uniti e blocco russo-cinese. Il presidente deposto, Mohamed Bazoum, era infatti uno dei pochi capi di Stato dell’Africa occidentale ad essere filo-statunitense. Il DiariodelWeb.it ha commentato ciò che sta accadendo sul fronte sovranazionale con il giornalista Michele Dalla Palma, autore del libro «Sopravvivere al nuovo ordine mondiale», appena pubblicato da Byoblu editore.

Michele Dalla Palma, a cosa ci riferiamo quando parliamo di nuovo ordine mondiale?
È una terminologia che, nella storia, fu utilizzata da George Washington, da Winston Churchill, da George Bush senior. Che indica il tentativo dei grandi del mondo, non solo gli Stati nazionali ma la finanza speculativa e le multinazionali, di ridisegnare le mappe del pianeta, dal punto di vista politico, sociale e commerciale.

Dunque non è un concetto complottista, come spesso viene descritto?
Chiunque inorridisca di fronte a questo termine non sa cosa significhi, in termini letterali.

Oggi in quale ordine mondiale viviamo?
Da qualche anno siamo tutti seduti su un orizzonte dal quale osserviamo un continuo divenire degli eventi. Siamo in bilico, in equilibrio instabile. Oggi c’è un immenso disordine mondiale, dal quale sicuramente scaturirà un nuovo ordine, che però neanche gli analisti più visionari possono prevedere.

Quindi, in realtà attualmente l’ordine mondiale non c’è?
Dagli anni ’80 si cercò di fissare un nuovo ordine mondiale nell’economicismo: cioè di assoggettare le società umane all’economia e alla finanza sovranazionali, e tramite queste fermare la storia. Ma i fatti degli ultimi dieci anni hanno mandato a gambe all’aria l’assetto del mondo, facendo rientrare pesantemente nelle nostre vite la storia, cioè i confronti tra grande potenze egemoniche.

Quella che Francis Fukuyama, nel suo celeberrimo libro, pensava che fosse finita.
È evidente che questo principio fosse sbagliato. Perché abbiamo sempre dato per scontato che il mondo fosse quello che vedevamo noi, cioè quello occidentale. Dimenticando che, per quanto potente sia la nostra finanza, che a tutt’oggi governa, la nostra civiltà ne rappresenta un decimo. Gli altri nove vogliono vivere in modo diverso da noi.

La guerra in Ucraina ci sta mostrando chiaramente il ritorno della storia.
È una dimostrazione eclatante, ma anche facilmente ipotizzabile, con il senno di poi. Ci eravamo anestetizzati nella convinzione che la guerra appartenesse a una società passata, ma sbagliavamo alla grandissima. Il mondo di oggi ce lo mostra. Avevamo investito tutta la nostra energia sull’economia e sulla finanza, convinti che fosse il meccanismo per emanciparsi, ma oggi si sta ritornando alla dimostrazione di potenza attraverso gli eserciti.

Insomma, la finanza e l’economia che ha preteso di controllare il mondo non ci è riuscita?
Ha tentato per trent’anni, ma ha fallito. Uno dei temi principali oggi è: quanto può durare ancora il dominio del dollaro come moneta di riferimento, sapendo che almeno metà del mondo sta cercando una soluzione diversa, dai Brics all’Africa?

A proposito di Africa, è della settimana scorsa il colpo di Stato in Niger.
Era l’unico baluardo in Africa occidentale dell’espansionismo imperialista francese e americano. Ma dietro il Niger ci sono la Russia e la Cina, non è la rivoluzione di quattro poveracci scappati di casa. Quella guerra non è un conflitto regionale, ma un confronto economico-bellico internazionale. Infatti gli altri Paesi del Sahel si stanno rapidamente convertendo alla filosofia russo-cinese, che promette loro di barattare il loro patrimonio in cambio di infrastrutture, invece di rubarglielo. Lo stesso sta accadendo in Sudamerica. C’è una grandissima parte del mondo che sta contestando e rifiutando il potere dell’economicismo occidentale.

E in Europa?
L’Europa è irrilevante, è il servo sciocco del potere americano, da cui può solo prendere ordini e ritrasmetterli agli Stati nazionali, a loro volta esautorati da qualsiasi capacità di fare politica. Nel grande scontro tra Usa e Russia-Cina, possiamo diventare merce di scambio: se il dollaro dovesse crollare, probabilmente userà l’euro come parafulmine per rallentare la sua caduta. E non è uno scenario così impossibile: a fine giugno 2023, il mese scorso, si è rischiato il default degli Stati Uniti…

Lo stesso vale anche per l’Italia?
L’Italia è stata gestita, dal 1860 alla prima guerra mondiale, dagli inglesi, che hanno favorito prima la carboneria di Mazzini e poi Garibaldi. Poi l’armistizio della seconda guerra mondiale ha di fatto venduto il nostro territorio agli americani, come frontiera per contrastare l’Unione sovietica. Pensiamo di aver contato qualcosa, ma in realtà non abbiamo mai contato niente nel mondo: ogni volta in cui qualche nostra eccellenza è stata in grado di competere con i grandi poteri economici, da Mattei a Olivetti, è stata cancellata in modo cruento.

E quindi qual è la strada per sopravvivere, per citare il titolo del suo libro?
La consapevolezza. Se so in che mondo vivo sono anche in grado di tutelare il mio microcosmo personale. Nessun’azione di nessun governo, di nessun gruppo umano, di nessun singolo può interferire con le scelte fatte a monte. Ma se sappiamo quello che succede possiamo mettere in atto quotidianamente piccoli meccanismi per sopravvivere.

giovedì 10 agosto 2023

Russia-Ucraina: la guerra potrebbe essere alla fine perché sul campo Kiev non ha sfondato. Parla Politi (Nato Foundation)

@ - La guerra in Ucraina potrebbe essere agli sgoccioli e per un motivo fondamentale: Kiev ha ricevuto tutti gli aiuti che poteva avere, sia da parte europea e, soprattutto, da parte americana e, poiché la sua controffensiva non ha dato i risultati sperati, sul terreno si è allo stallo, quindi, non resta che mettersi a un tavolo e cercare di disegnare un compromesso che vada bene a entrambe le parti.

Alessandro Politi direttore della Nato Defense College Foundation© 
Imagoeconomica

È questa la conclusione del ragionamento di Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, l’unico centro di ricerca non governativo riconosciuto NATO, docente di geopolitica, geoeconomia ed intelligence presso la SIOI, la scuola che prepara alla diplomazia, docente di gestione di conflitto, crisi, pacificazione ed analisi presso istituti di formazione governativi, Consigliere di tre ministri della Difesa italiani e di uno greco.
Per quanto riguarda le diplomazie, l’ultimo summit, quello di Gedda in Arabia Saudita, tenutosi lo scorso weekend, ha messo insieme 40 Paesi, Cina compresa, e nonostante alcune divergenze, tutti si sono impegnati a partire nei colloqui di pace dall’integrità del territorio ucraino, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e dei principi di sovranità.
Sempre a Gedda è stata portata la proposta di pace redatta da Zelensky che include il ritiro delle truppe russe da tutta l’Ucraina, un tribunale internazionale per perseguire i crimini di guerra russi e garanzie di sicurezza internazionali per il Paese. Il prossimo passo sarà l’incontro di Putin e di Erdogan in Turchia entro la fine del mese.

Per quel che riguarda lo stallo militare, gli ucraini lo raccontano agli inviati dei giornali in maniera chiara: i nemici si sono trincerati benissimo. I loro campi minati si allungano sino alle periferie delle città più colpite, i russi hanno scavato un sistema formidabile di trincee, poi ancora meglio protetti ci sono i bunker con le artiglierie, i lanciarazzi e i tank interrati in ripari di cemento armato profondi anche tre piani, con i posti comando che guidano i droni. Insomma, questa prima fase della controffensiva non sta funzionando mentre gli osservatori occidentali rilevano la crescita esponenziale dei soldati morti o feriti: si parla di ormai 25.000 invalidi ucraini, la maggioranza con le gambe recise o comunque menomate dalle mine.

Questo è il quadro dal quale parte la conversazione con Politi.
Sì, la guerra si è impantanata. La controffensiva ucraina fa progressi marginali mentre i russi hanno fatto uno sfondamento importante a nord est. Alla fine, il fronte si è stabilizzato. È accaduto anche perché è vero che gli ucraini hanno ricevuto molte armi, ma è altrettanto vero che spesso esse sono obsolete. A essere onesti, più di un Paese ha colto l’occasione per fare pulizia nei suoi arsenali inviando a Kiev le armi più vecchie per ricomprarne nuove e più performanti. È vero che ai soldati ucraini tutto va bene, ma se si deve prendere più tempo per addestrarsi, perciò le controffensive languono.

Questo dovrebbe far supporre che la guerra continui all’infinito…
No. Al contrario è possibile che siamo agli sgoccioli. La guerra non può continuare. Gli europei hanno dato il massimo di quello che avevano, gli americani tutto quello che potevano dare per indebolirsi di fronte al rischio più grosso, la Cina. Quanto però durano gli sgoccioli e quanto saranno crudeli, non lo possiamo dire”.

Se siamo agli sgoccioli della guerra si deve intravvedere un punto di partenza per arrivare alla pace. E quale sarà?
Questo è punto spinosissimo. In un mondo ideale dovremmo arrivare perlomeno alla situazione 2014; con la Crimea e il Donbass che restano temporaneamente alla Russia che potrebbe inoltre convincersi di aver impedito a Ucraina di entrare nella Nato”.

Poco da punto di vista degli ucraini: non sembra una vittoria totale della Russia?
No. Putin, non dimentichiamolo, voleva far cadere Zelensky e disarmare il paese. Per “denazificarlo”, secondo le sue parole, che tradotto significava metterlo sotto l’orbita di Mosca. Questo obiettivo è chiaramente fallito”.

E che cosa avrebbero guadagnato gli ucraini? Non entrano nella NATO e nemmeno nella Ue. E perderebbero in questa visione una fetta di territorio…
Gli ucraini hanno dimostrato di essere tutt’altro che un paese finto. Hanno costretto Putin e il resto del mondo a riconoscerli come uno Stato vero e sono diventati un punto di riferimento per un’area geopolitica importante. Insomma, il futuro è dalla loro parte, dovrebbero esserne consapevoli. Partire dal 2014 non vuol dire cedere territorio, vuol dire essere diventato un interlocutore vero per l’ingombrante vicino. Se gli accordi di Minsk sono falliti è anche perché l’Ucraina è stata considerata da Mosca solo un pedone della Nato e non uno Stato con il quale fare i conti da pari a pari”.

Perché la diplomazia è stata, ma forse lo è ancora, così lenta?
L’Europa sulla Russia e sulla Ucraina, nonostante le apparenze, non fa fronte comune: la prima divisione è fra chi vuole Kiev ‘santa subito’ e chi no. La seconda è tra chi vuole la disfatta russa e chi no. I primi al momento sono i più visibili, mentre la Germania, che dovrebbe essere al timone degli europei, non si capisce cosa voglia. Sembra al traino di interessi che non sono né nazionali, né europei, né del bene comune mondiale. Un vero problema, anzi un pericolo”.

Polonia e Paesi Baltici, lanciano allarmi su presunti attacchi russi ai loro confini. Non potrebbero spingere a un allargamento del conflitto?
Il loro scopo è probabilmente di acuire la crisi, ma non accadrà, Biden e gli americani sono stati chiari: la guerra in Europa si limita all’Ucraina, la Cina è l’avversario principale”.