@ - Una sfida soprattutto per le democrazie e le loro responsabilità in tempi di guerre per procura e tensioni geopolitiche che le chiamano in causa.
Che cosa è peggio di un imperdonabile errore, come il presidente Hassan Rouhani ha definito l’abbattimento del Boeing 737 ucraino da parte dei missili iraniani? Un’imperdonabile bugia, reiterata con foga di regime per 72 ore, di fronte alle molteplici prove emerse subito dopo la tragedia.
Le verità nascoste possono avere vita molto breve nell’era della tecnologia pervasiva, della tracciabilità permanente e della condivisione planetaria e spesso in tempo reale di informazioni a volte sensibili.
I satelliti registrano il movimento di un missile e qualcuno, forse per caso, filma un video con lo smartphone che ancor prima dell’ammissione di Teheran poteva già essere la prova dell’orribile verità, diventata essa stessa virale prima della sua ufficializzazione.
Le menzogne di Stato una volta erano impenetrabili, anche nelle democrazie, ma già all’alba del nuovo millennio non erano destinate a durare, come la motivazione della guerra in Iraq del 2003 con le ridicole prove sulle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein sostenute da America e Regno Unito.
L’Iran è un Paese in guerra e nella sua relativamente rapida ammissione c’è anche il cinismo di un Paese che nonostante tutto vuole evitare l’isolamento internazionale, soprattutto ora che il suo grande e storico nemico è guidato da un presidente inviso a molte democrazie occidentali.
La trasparenza di Teheran è stata una scelta obbligata dalle prove sempre più schiaccianti e dalle convenienze di un confronto che si preannuncia lungo e logorante, nonostante tutti ora si affrettino a celebrare la volontà di de-escalation mostrata nei giorni scorsi dalla Casa Bianca e l’indifferente disinvoltura dei mercati finanziari nei confronti del Medio Oriente in fiamme.
Il fattore umano – la menzogna o l’errore – è sottoposto a uno scrutinio senza precedenti. Ciò chiama in causa non solo dittature, regimi e autocrazie, dalle quali non ci si aspetta certo trasparenza, ma soprattutto le democrazie e le loro responsabilità in tempi di guerre per procura e tensioni geopolitiche.
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