@ - Nell'eventualità di un "no deal", Boris Johnson sostiene che la Gran Bretagna non dovrebbe più pagare il "conto del divorzio".
Il primo ministro del Regno Unito Boris Johnson, intervistato dalla tv britannica Itv News il 25 agosto, ha dichiarato: "Se usciamo dalla Ue senza un accordo, è sicuramente vero che i 39 miliardi non sarebbero, strettamente parlando, più dovuti".
Di che cosa sta parlando Johnson? Ed è vero quanto afferma? Andiamo a vedere i dettagli.
Il prezzo del divorzio
Come ricostruito dai colleghi fact-checkers britannici di FullFact, i miliardi di cui si sta discutendo sono il “conto del divorzio” che il Regno Unito dovrebbe pagare alla Ue in caso di Brexit.
Si tratta di una stima, espressa in sterline, degli impegni economici che il Regno Unito ha assunto nei confronti della Ue e che dovrebbe onorare anche dopo la Brexit.
In particolare, quando è stato approvato il bilancio comunitario 2014-2020, Londra si è impegnata a versare determinate quantità di soldi a Bruxelles - ricevendone altre in cambio, sotto diverse forme come fondi strutturali, progetti di ricerca e via dicendo - fino al 2020 e, dunque, se anche uscisse prima di allora dovrebbe, come vedremo “probabilmente”, versarle. Ce ne eravamo occupati per Agi a fine 2016, prima che la stima venisse ulteriormente precisata.
Questo è accaduto nel dicembre 2017, in seguito all’accordo preliminare trovato con la Ue dalla precedente premier britannica, Theresa May, ma mai ratificato dal Parlamento. In questo accordo infatti venivano definiti una serie di principi in base ai quali sarebbe stato quantificato il dovuto dal Regno Unito all’Unione europea. Così si era arrivati alla cifra approssimativa di 39 miliardi di sterline.
Come riporta FullFact, questa stima non è però più attuale. I 39 miliardi infatti erano stati calcolati prima del Consiglio europeo del 10 aprile 2019, quando c’è stato l’ultimo rinvio del termine per la Brexit al 31 ottobre 2019.
Dato che il Regno Unito ha continuato a pagare il dovuto alla Ue nei mesi successivi ad aprile, il costo in caso del “divorzio” è diminuito - secondo le previsioni di luglio dell’Office for budget responsability, ente indipendente finanziato dal Tesoro britannico - a 33 miliardi di sterline (circa 36,4 miliardi di euro).
Ma, al di là della cifra, è vero - come sostiene Johnson - che quei soldi non sarebbero più dovuti, in caso di Brexit senza accordo?
Senza accordo, Londra potrebbe non pagare?
La questione è complessa, dal punto di vista giuridico. Da un lato è vero che i principi in base ai quali è stato quantificato il dovuto dal Regno Unito alla Ue fanno parte di un accordo che non è ancora entrato in vigore, e che in caso di Brexit senza accordo non vedrebbero mai la luce. Dall’altro, è vero che le obbligazioni del Regno Unito verso Bruxelles trovano fondamento in altre fonti giuridiche.
In particolare, come anticipato, Londra si è impegnata nei confronti della Ue sottoscrivendo il bilancio comunitario 2014-2020 a dicembre 2013.
Secondo FullFact, che ha sentito degli esperti di UK in a Changing Europe - progetto del King’s College di Londra -, resta “altamente incerto” se in caso di uscita dalla Ue senza accordo il Regno Unito debba pagare qualsiasi somma. Secondo la Commissione europea, che si è espressa in proposito il 30 gennaio, sì: il Regno Unito dovrebbe onorare gli impegni assunti anche in caso di no deal.
Per fare maggiore chiarezza sul punto abbiamo sentito Fabio Colasanti, che tra il 1996 e il 1999 è stato direttore del dipartimento “Budget” della Commissione UE, con responsabilità per il direttorato “Risorse”. Secondo Colasanti, "la Ue ha preso degli impegni per il futuro quando il Regno Unito era ancora uno Stato membro e rimarrà vincolata a quegli impegni anche dopo un’eventuale Brexit".
"Sto parlando - prosegue Colasanti - di finanziamenti di progetti di ricerca, di fondi strutturali e simili. Il Regno Unito si è vincolato a sostenere la sua quota di finanziamento del bilancio comunitario che sostiene questi progetti. La Brexit, anche senza accordo, non andrebbe a modificare questa situazione giuridica".
Ma allora cosa succederebbe se Londra rifiutasse di pagare, come minaccia Boris Johnson?
Le possibili conseguenze di un mancato pagamento
Secondo Colasanti, "verrebbe chiamata in causa la Corte di Giustizia della Ue o, se non ci fosse accordo nemmeno su questo, la Corte dell’Aja". A quel punto sarebbero i giudici a quantificare il dovuto da Londra a Bruxelles. Un parere analogo è stato espresso anche dagli esperti di UK in a Changing Europe sentiti da FullFact. Secondo l’Institute for Government, prestigioso think tank britannico, l’esito dell’eventuale decisione dei giudici internazionali è "difficile da prevedere".
Ma, in ogni caso, le conseguenze potrebbero non limitarsi alle aule dei tribunali.
Quando il precedente governo britannico, guidato da Theresa May, aveva affrontato la questione se si dovesse pagare il conto del divorzio alla Ue anche in caso di no deal aveva dato risposta positiva. Secondo quanto riportato dal Telegraph, il governo May aveva accolto il parere del Tesoro: secondo cui non si sarebbe potuto non pagare alcuni impegni presi - in particolare riguardo al 2019 - e, in generale, non pagando il dovuto si sarebbe messo a rischio il rating dei titoli di stato britannici e la tenuta sui mercati azionari delle finanze di Londra. Dunque si prevedeva di pagare, se non tutto, almeno la gran parte di quei 39 miliardi di sterline allora quantificati.
Gli esperti di UK in a Changing Europe mettono poi in guardia dal rischio dal danno reputazionale che subirebbe Londra. Non pagando delle obbligazioni già assunte, il Regno Unito perderebbe in affidabilità sui tavoli internazionali, dovendo siglare nuovi accordi commerciali con altri Stati.
Infine si può anche riportare la posizione di Guy Verhofstadt, coordinatore dei negoziati sulla Brexit per il Parlamento europeo, secondo cui «Se il Regno Unito non paga quanto è dovuto, l’Unione europea non negozierà con Londra alcun accordo commerciale». Senza questo tipo di accordo, lo ricordiamo, tra il Regno Unito e i 27 Paesi della Ue varrebbero le regole - molto meno favorevoli di quelle attuali - stabilite per il commercio internazionale dalla World Trade Organization (Wto).
Tiriamo le fila
Come si vede, la situazione è molto complicata. Proviamo allora a fare chiarezza isolando i punti principali di quanto visto finora.
I 33 miliardi di sterline (non 39 miliardi) sono una quantificazione di quanto Londra dovrebbe alla Ue in caso di Brexit, alla luce di impegni economici presi in passato, fondata su una serie di principi stabiliti con Bruxelles dal precedente governo May in un accordo però mai entrato in vigore.
In caso di uscita senza accordo, non è però certo che il Regno Unito debba qualcosa alla Ue. Secondo la Commissione, secondo il governo May e secondo alcuni esperti che abbiamo sentito, sì, ma non c’è unanimità di vedute. La questione finirebbe quindi certamente davanti ai giudici internazionali perché risolvano il problema.
Al di là delle conseguenze dirette, che verrebbero quindi risolte nelle aule dei tribunali, ci sarebbero però probabilmente gravi conseguenze indirette secondo gli esperti in caso di uscita senza accordo e senza pagamento del dovuto: sul rating del debito britannico e sulla tenuta delle finanze inglesi sui mercati internazionali, sull’affidabilità di Londra nelle future trattative commerciali con altri Paesi, sulla possibilità di trovare un accordo - dopo la Brexit - con l’Unione europea.
Conclusione
Boris Johnson fa un’affermazione dà per certa quella che nel migliore dei casi è un’ipotesi, ma non del tutto priva di fondamento.
Secondo la Ue, secondo diversi esperti e secondo il precedente governo May, il Regno Unito deve pagare, se non l’intera somma di 33 miliardi di sterline (la cifra corretta, dopo il rinvio della Brexit da marzo a ottobre 2019) almeno gran parte di essa anche in caso di mancato accordo.
Ma una decisione definitiva in proposito, in caso di rifiuto di pagare da parte di Londra, spetterebbe ai giudici e non è possibile al momento azzardare previsioni.
Nel frattempo, al di là dunque dell’esito giudiziario, secondo gli esperti il Regno Unito subirebbe probabilmente gravi ripercussioni di carattere economico.
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