mercoledì 31 luglio 2019

L'altra sfida di Boris. Evitare che il Regno Unito si disgreghi

@ - Il nuovo premier britannico non deve solo portare a casa la Brexit ma evitare che un'uscita della Gran Bretagna dalla Ue riaccenda l'indipendentismo scozzese e la voglia di unione delle due Irlande.

Sullo sfondo della sua posizione intransigente a favore di una Brexit "con o senza accordo" entro il 31 ottobre, la sfida parallela per il neo premier britannico Boris Johnson appare quella di realizzare l'uscita dalla Ue, senza disgregare il Regno Unito. Ne è convinto il deputato conservatore William Hague, che ne ha scritto sul Telegraph, ma anche il New York Times, il quale ha ricordato come gli avversari di BoJo lo abbiano già avvertito che la sua fretta sulla Brexit potrebbe trasformalo "nell'ultimo primo ministro del Regno Unito".

Le proteste con cui è stato accolto Johnson lunedì a Edinburgo, nel suo primo viaggio da premier in Scozia - dove la maggior parte della popolazione, nel referendum del 2016, ha votato per rimanere in Europa - hanno riportato a galla i timori delle spinte centrifughe all'interno dell'Unione (Inghilterra, Scozia, Irlanda del Nord e Galles). 

In Scozia, i segnali di allarme sono più d'uno: il movimento per l'indipendenza è attivo da decenni; Sturgeon ha chiesto un nuovo referendum sull'uscita dal Regno Unito e aspetta di vedere se la Brexit renderà più attuale questo obiettivo. La posizione di Johnson in Scozia è così incerta che BoJo non era neppure sicuro di riuscire a incontrare la numero uno scozzese del suo stesso partito, la Tory Ruth Davidson, la quale si era espressa pubblicamente contro la sua leadership. 

Un'uscita caotica dalla Unione europea potrebbe destabilizzare anche il processo di pace in Irlanda del Nord, dove la maggior parte degli elettori si sono espressi contro la Brexit. Gli effetti di un divorzio dalla Ue senza accordo potrebbero essere molto più drammatici qui, perché il confine con la Repubblica d'Irlanda sarebbe l'unica frontiera di terra con l'Unione europea. In caso di 'no deal', il governo di Dublino potrebbe essere costretto a introdurre controlli di frontiera e l'ipotesi ha già riacceso non usuali discorsi unionisti.

Johnson dovrebbe recarsi presto in visita in Irlanda del Nord, mentre ieri è stato in Galles, dove la maggior parte della popolazione, invece, si è schierata con gli inglesi nella scelta della Brexit, che comunque rimane un tema su cui si spacca l'opinione pubblica. Nel programma del premier incontri con gli allevatori, preoccupati dei dazi sull'esportazione in Europa della carne ovina, su cui si base l'industria agricola del Galles. 

"Il Regno Unito come 'unione' rischia di non esistere più ed è più in pericolo ora che mai nei 312 anni della sua esistenza", ha scritto in un recente articolo l'ex premier laburista, lo scozzese Gordon Brown. Per allontanare questo spettro, lunedì, dalla base navale di Faslane, Johnson ha fatto il suo meglio, promettendo centinaia di milioni di sterline a Scozia, Galles e Irlanda del Nord, lanciando un appello per il rinnovo dei "legami che uniscono il nostro Regno Unito.

Nessun commento: