mercoledì 31 luglio 2019

Benedetto XVI “in onore della verità”

@ - Abbiamo intervistato Antonio Olivié, direttore dell’Agenzia Televisiva di notizie specializzata nel Papa e nel Vaticano "Rome Reports" e responsabile del documentario “Benedetto XVI. In onore della verità” 

«Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore». Esordisce con queste parole Papa Benedetto XVI dal balcone della Basilica di San Pietro nell’aprile del 2005, dopo essere stato annunciato dal Cardinal Jorge Medina Estevéz. La Chiesa aspettava con ansia, colma di gioia all’idea di scrivere una nuova pagina della sua storia, che segnasse anche una continuità con il pontificato di Giovanni Paolo II, che lo stesso Ratzinger ha definito un grande Papa, già in odore di santità mentre era ancora in vita. Il Papa Polacco sceglie Joseph Ratzinger come suo braccio destro; dal loro sodalizio nasceranno documenti importanti quali l’enciclica "Fides et Ratio" e la "Veritatis Splendor". Sua prima enciclica è stata la “Deus Caritas Est”, Dio è Amore; nella sua seconda enciclica, “Spe Salvi” salvati nella speranza, segnalava che un mondo senza Dio è un mondo senza speranza. Molti problemi della Chiesa cattolica del nostro tempo sorgono perché si parla poco di Dio e con poca allegria. Il cristianesimo è soprattutto positivo. A spiegarlo meglio sono coloro che lo incarnano. L’incarico di Benedetto XVI dura 8 anni. È eletto con 84 voti; è il secondo più votato, seguito dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, con 40 voti. Gli unici due candidati stranieri più votati dopo secoli di storia della Chiesa cattolica. Ratzinger è stato un uomo distinto, tuttavia mai distante dai suoi fedeli. Un uomo dal pensiero limpido e coerente, capace di parlare agli uomini del nostro tempo senza mezzi termini e senza timore. Chiarezza e profondità sono tratti distintivi di un linguaggio che sa parlare al cuore. Trasmette il suo messaggio di libertà con pienezza di vita, per farsi strumento dell’amore infinito di Dio verso la sue creature. Il documentario “Benedetto XVI, in onore della verità” prodotto da Rome Report, Agenzia di notizie sul Vaticano, e tradotto in cinque lingue, fa luce, senza costrizioni e finzioni, su alcuni momenti della storia del pontificato di Ratzinger, un “papà” per la Chiesa, un uomo che ha sempre mantenuto quella ferma dolcezza di chi è consapevole di aver ricevuto da Cristo l’incarico di confermare i fratelli nella fede. Non è stato un Papa dell’attualità, ma un Papa della profondità. La rinuncia al suo pontificato è stato un evento straordinario, una rivoluzione per la Chiesa cattolica, ma non è dovuta certo alla lettera trafugata dal suo maggiordomo proprio nel suo studio o per gli scandali legati agli abusi. La sua rinuncia è stata di coscienza, davanti a Dio, e ben ponderata. Solo a distanza di circa sei anni i fedeli capiranno meglio la lungimiranza, saggezza e consapevolezza del suo gesto. Questo atto di profonda umiltà del pontificato di Ratzinger ha permesso un rinnovamento nella Chiesa, che guardava soprattutto ai problemi dell’Europa, di un continente che bruciava di un relativismo culturale che la fa ancora da padrone. Un Papa che, per dare una direzione diversa al corso della storia, aveva puntato sul dialogo con le leadership del vecchio continente e del mondo anglosassone. La perdita dell’umanità, della visione soprannaturale e della cristianità sono componenti referenziali della grandezza dell’Europa. I grandi artisti, scrittori, filosofi europei hanno avuto una grande spiritualità, che si custodisce da secoli in ogni manifestazione dell’arte, della letteratura e della filosofia del vecchio continente. Un tentativo, quello del Papa Emerito, di ricomporre la grandezza culturale che oggi è fuori da quella spiritualità che ha reso l’Europa grande. Papa Benedetto tante volte ha sottolineato che la malattia che affligge il mondo occidentale è la dittatura del relativismo: è come se l'uomo contemporaneo fosse incapace di scoprire la verità. Lo sottolinea più volte anche Papa Francesco, quando afferma che la cultura dello scarto porti all’esclusione di alcune categorie della società sulla base della loro capacità di “funzionamento”. Se riteniamo che non esista una verità oggettiva, allora coloro che reggono le sorti del mondo possono decidere sulla vita e sulla morte delle persone più deboli e indifese. Infatti, la cultura dello scarto è la conseguenza pratica della dittatura del relativismo e ciò rappresenta l’elemento di continuità tra i due pontefici; perfettamente in linea con “Introduzione al Cristianesimo” che il giovane Joseph Ratzinger scrisse nel 1968

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