sabato 23 febbraio 2019

Nigeria, parlano le vedove di Boko Haram

@ - Alla vigilia delle elezioni in Nigeria, il reportage di Associated Press da uno dei campi profughi nel nord del Paese racconta l'impatto ancora forte della violenza di Boko Haram sulla vita dei tante donne. E queste donne non andranno a votare.

Mariam Musa fa un cenno con la mano portandosela alla sua bocca e il viso si torce in una smorfia mentre racconta quale sia il suo problema principale: non ha abbastanza da mangiare o da bere. Nel campo profughi improvvisato che ospita i nigeriani fuggiti dalla violenza di Boko Haram, la donna, 32 anni, vedova, dice che il prossimo voto presidenziale non è argomento di conversazione: la preoccupazione principale per tutti è mettere il cibo in tavola. La maggior parte delle 1.200 persone che si trovano nel campo di Malkohi non andranno a votare alle elezioni presidenziali che si svolgeranno sabato: un po' perché mancano le tessere elettorali ma soprattutto perché hanno paura di tornare nei loro villaggi di origine dove possono ancora nascondersi estremisti armati. "Dio ci aiuti," dice Musa, una delle tante vedove che vivono in questo insediamento a Yola, capitale dello stato settentrionale di Adamawa, in Nigeria. "Non abbiamo nulla, niente sale, niente olio di palma, niente." Alla domanda se abbia pensato di andare a votare, sorride amaro e dice: "Ho sentito che ci sono le elezioni, ma ho perso la mia tessera elettorale..." L'insicurezza nelle urne Circa 84 milioni sono i nigeriani con diritto di voto in questo paese dell'Africa occidentale che conta più di 190 milioni di abitanti. Ma in diverse zone del nord, dove l'insurrezione del gruppo estremista islamico Boko Haram ha ucciso più di 27.000 persone e provocato milioni di sfollati, migliaia di persone non saranno in grado di partecipare al voto. La questione di Boko Haram è al centro della contesa tra i due candidati che si confrontano: il presidente uscente Muhammadu Buhari, eletto nel 2015 con la promessa di affrontare l'insicurezza provocata dalla violenza del gruppo estremista, e Atiku Abubakar, il candidato dell'opposizione, musulmano originario del nord, ex vice presidente nei primi anni duemila sotto la presidenza di Obasanjo e che ugualmente promette di ripristinare la sicurezza. Nei sondaggi, i nigeriani del nord, sfollati a causa della violenza di Boko Haram, dimostrano assai poco entusiasmo per questo appuntamento elettorale anche se sperano che il risultato porti in qualche modo alla pace nelle aree afflitte dalla violenza armata. La memoria dell'orrore Nel campo di Malkohi a Yola, città natale di Abubakar, vivono 111 donne i cui mariti sono stati uccisi dalla violenza degli estremisti. Quattro di loro hanno accettato di parlare con Associated Press in vista delle elezioni e tutte hanno detto che non andranno a votare. Sono ancora terrorizzate di tornare a casa mentre alla radio si continuano a sentire notizie di attacchi di Boko Haram. Le storie che raccontano sono orribili. Il marito di Musa è morto dissanguato dopo che le sue mani sono state amputate dai terroristi nel 2014, e raccontando indica la parte posteriore del piede dove fu colpita quando le spararono mentre cercava di recuperare il corpo del marito. Tutto questo accadeva a Gwoza, nello Stato di Borno. Fati Umar, anche lei di Gwoza, racconta di non essere stata in grado di seppellire suo marito dopo che sempre nel 2014 è riuscita a sfuggire a un assalto di Boko Haram mentre stava lavorando il suo orto. Per giorni si è nascosta nella boscaglia con i figli. Fafa Malam, un'altra donna originaria di Gwoza, è fuggita di casa con i figli dopo che suo marito è stato ucciso da uomini armati. Un'altra donna, dalla città di Madagali in Adamawa, ha avuto un figlio da un combattente di Boko Haram che prima l'ha violentata e poi resa schiava per mesi dopo l'assalto in cui venne ucciso suo marito. Due dei suoi figli sono stati rapiti dai militanti. Boko Haram, le cifre di una paura che continua Boko Haram, che si oppone a una Nigeria secolarizzata, acquisì notorietà internazionale nell'aprile del 2014 quando rapì 276 studentesse nella città settentrionale di Chibok. Anche se il governo della Nigeria insiste nel dire che Boko Haram è stato ormai sconfitto, una propaggine del gruppo nota come la "Provincia dello Stato Islamico dell'Africa occidentale" continua a sferrare attacchi nelle città del nord. Questi attacchi hanno accresciuto la pressione su Buhari, sono molti infatti a mettere in dubbio la sua capacità di controllare l'insurrezione. Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite sulle migrazioni sono circa 59.000 le persone sfuggite agli attacchi degli estremisti dal novembre scorso. L'UNHCR conta ben 39 attacchi negli Stati di Borno e Yobe solo nell'ultimo mese. Il Parlamento nigeriano ha approvato un budget di 147 milioni di dollari per garantire la sicurezza durante la campagna elettorale, ma alcuni di coloro che, nelle aree più remote del Paese, erano stati assunti a questo scopo, hanno rifiutato il lavoro temendo per la propria incolumità. Musa e altri a Malkohi sottolineano come nel campo non vi sia alcun seggio elettorale. Anche se le loro tessere elettorali fossero in ordine, dicono, sarebbe ancora troppo pericoloso cercare di tornare a casa nella speranza di votare. "Ho sentito alla radio che non c'è ancora pace a Gwoza", ha detto Umar, madre di quattro bambini. Come le altre si lamenta della persistente mancanza di cibo per i ritardi nell'arrivo delle razioni alimentari fornite dal governo. Queste donne camminano a lungo sotto un sole cocente alla ricerca di legna da ardere, e a volte cercano qualche lavoretto in cambio di cibo: "Il nostro unico problema qui è mangiare e bere", conclude Musa, guardando i suoi cinque figli. "Se c'è pace e non c'è problema, spero di tornare a casa un giorno."

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