Il desiderio di eterno nascosto in un lucchetto: "La Chiesa ha un ricco patrimonio a cui attingere anche, se non soprattutto, per migliorare la condizione delle donne nel mondo, ma non se ne rende conto. Anche perchè chi decide e chi fa progetti sono solo uomini, poco interessati alle questioni femminili. Con questo seminario abbiamo voluto proporre per la prima volta un punto di vista femminile — e soluzioni femminili — a molti dei problemi e delle situazioni difficili che le donne vivono nel mondo, attingendo al patrimonio cristiano, e in particolare cattolico.
La situazione delle donne oggi è al centro di una tensione che percorre il rapporto fra religioni diverse, è al centro di un confronto mondiale fra religioni e culture che sarà decisivo per il futuro dell’umanità. Il quadro geopolitico sta cambiando: di fronte alla crisi della politica è inevitabile che si rafforzi l’ascesa della religione, e in particolare la centralità del ruolo che la Chiesa cattolica romana è chiamata a svolgere. Manlio Graziano, in Guerra santa e santa alleanza- Religioni e disordine internazionale nel XXI secolo (Bologna, Il Mulino, 2015, pagine 358, euro 25), parla di una nuova santa alleanza fra le principali religioni (cristianesimo, ebraismo e islamismo), che possono divenire degli autentici mediatori etici delle moderne società post-secolari. Di questa Santa alleanza la Chiesa di Roma e il Papa potrebbero diventare il perno centrale, attorno al quale potrebbero ruotare le altre confessioni. Infatti, secondo Graziano, grazie alla sua struttura centralizzata, la Chiesa di Roma è l’unica capace di promuovere una strategia su scala globale.
Il ritorno delle religioni sulla scena internazionale è stato considerato da analisti, studiosi e diplomatici come un aspetto dell’avvento di un’era post-secolare che riguarderebbe, dunque, non solo gli affari interni di alcuni Paesi. Ma all’interno di questo quadro la condizione delle donne assume un significato decisivo: solo nel cristianesimo, infatti, si è attestata una vera eguaglianza spirituale, base simbolica per costruire poi una vera eguaglianza sociale. È quindi particolarmente importante che, proprio in questo momento, la Chiesa ritorni a prendere contatto con le proprie origini “femministe”, evitando così di ricadere, per influenza delle altre religioni, rigidi modelli conservatori.
Ma non dobbiamo solo pensare che la Chiesa — spinta dal cambiamento della condizione della donna avvenuta nel mondo esterno — si debba adeguare alle ideologie che questo le contrappone. Senza dubbio, la trasformazione della condizione femminile nei Paesi avanzati serve da stimolo e da suggerimento ai cambiamenti interni che la Chiesa — come ha affermato più volte Papa Francesco — è chiamata a realizzare. Ma c’è di più: uno sguardo femminile sulla tradizione cristiana è essenziale per ritrovare in essa le risposte a molti problemi delle donne di oggi, problemi che nel mondo laico non vengono affrontati e addirittura, in molti casi, neppure considerati. Li abbiamo focalizzati nel corso del seminario.
Il femminismo ha fatto prevalere cultura su natura e ha rappresentato la procreazione come un fatto culturale e non naturale. La Chiesa all’opposto ha cercato di riportare la procreazione nell’ambito naturale. D’altra parte, però, la tradizione cristiana ha operato una profonda “culturizzazione” della sessualità. Non è un caso perciò che la rivoluzione sessuale si ispiri alla naturalità della libertà sessuale per attaccare la morale cristiana, che l’avrebbe ostacolata creando nevrosi e malattie. Sarà importante, per costruire una nuova identità della donna rispettosa della sua natura materna, sciogliere questo intreccio contradditorio fra natura e cultura, che rischia di ingabbiarla.
Un problema che soggiace a ogni costruzione di nuova identità è quello dell’uguaglianza dei sessi: in una condizione di oppressione la donna viene definita solo attraverso il suo sesso, così il femminismo ha pensato che fosse necessario definirla come asessuata, svalorizzando la ricchezza della maternità. L’emancipazione si è accompagnata quindi a una totale svalorizzazione del corpo, e a una conseguente “mascolinizzazione” dell’identità femminile. Questo processo è tanto più forte in quanto si accompagna a una fede nella scienza così radicata da illudere molti che i problemi dell’umanità potranno essere risolti attaccando i nostri limiti biologici e cognitivi. E quindi anche la specificità sessuale. Da questo nascono nuove forme di sfruttamento del corpo delle donne, come la vendita di ovuli e l’utero in affitto.
Questo atteggiamento porta a dimenticare che per le donne è fondamentale l’aspetto relazionale, e che la prospettiva della maternità rimane un elemento consustanziale dell’esistenza femminile. Che le donne sono individui anti-individualisti. Per questo il loro ruolo nella famiglia è così importante. Ma è anche per questo che i nuovi ruoli che le donne, in ogni parte del mondo, sanno disegnare nella società sono così importanti e rivoluzionari.
Sono rivoluzionari anche perché, riproponendo la specificità femminile, sfuggono a quella omologazione al neutro che la cultura dominante impone: perché il nostro è senza dubbio un tempo di distacco, come ha detto Zanchi, «fra quello che la coscienza sente e i codici di senso che la cultura dispone»."
La situazione delle donne oggi è al centro di una tensione che percorre il rapporto fra religioni diverse, è al centro di un confronto mondiale fra religioni e culture che sarà decisivo per il futuro dell’umanità. Il quadro geopolitico sta cambiando: di fronte alla crisi della politica è inevitabile che si rafforzi l’ascesa della religione, e in particolare la centralità del ruolo che la Chiesa cattolica romana è chiamata a svolgere. Manlio Graziano, in Guerra santa e santa alleanza- Religioni e disordine internazionale nel XXI secolo (Bologna, Il Mulino, 2015, pagine 358, euro 25), parla di una nuova santa alleanza fra le principali religioni (cristianesimo, ebraismo e islamismo), che possono divenire degli autentici mediatori etici delle moderne società post-secolari. Di questa Santa alleanza la Chiesa di Roma e il Papa potrebbero diventare il perno centrale, attorno al quale potrebbero ruotare le altre confessioni. Infatti, secondo Graziano, grazie alla sua struttura centralizzata, la Chiesa di Roma è l’unica capace di promuovere una strategia su scala globale.
Il ritorno delle religioni sulla scena internazionale è stato considerato da analisti, studiosi e diplomatici come un aspetto dell’avvento di un’era post-secolare che riguarderebbe, dunque, non solo gli affari interni di alcuni Paesi. Ma all’interno di questo quadro la condizione delle donne assume un significato decisivo: solo nel cristianesimo, infatti, si è attestata una vera eguaglianza spirituale, base simbolica per costruire poi una vera eguaglianza sociale. È quindi particolarmente importante che, proprio in questo momento, la Chiesa ritorni a prendere contatto con le proprie origini “femministe”, evitando così di ricadere, per influenza delle altre religioni, rigidi modelli conservatori.
Ma non dobbiamo solo pensare che la Chiesa — spinta dal cambiamento della condizione della donna avvenuta nel mondo esterno — si debba adeguare alle ideologie che questo le contrappone. Senza dubbio, la trasformazione della condizione femminile nei Paesi avanzati serve da stimolo e da suggerimento ai cambiamenti interni che la Chiesa — come ha affermato più volte Papa Francesco — è chiamata a realizzare. Ma c’è di più: uno sguardo femminile sulla tradizione cristiana è essenziale per ritrovare in essa le risposte a molti problemi delle donne di oggi, problemi che nel mondo laico non vengono affrontati e addirittura, in molti casi, neppure considerati. Li abbiamo focalizzati nel corso del seminario.
Il femminismo ha fatto prevalere cultura su natura e ha rappresentato la procreazione come un fatto culturale e non naturale. La Chiesa all’opposto ha cercato di riportare la procreazione nell’ambito naturale. D’altra parte, però, la tradizione cristiana ha operato una profonda “culturizzazione” della sessualità. Non è un caso perciò che la rivoluzione sessuale si ispiri alla naturalità della libertà sessuale per attaccare la morale cristiana, che l’avrebbe ostacolata creando nevrosi e malattie. Sarà importante, per costruire una nuova identità della donna rispettosa della sua natura materna, sciogliere questo intreccio contradditorio fra natura e cultura, che rischia di ingabbiarla.
Un problema che soggiace a ogni costruzione di nuova identità è quello dell’uguaglianza dei sessi: in una condizione di oppressione la donna viene definita solo attraverso il suo sesso, così il femminismo ha pensato che fosse necessario definirla come asessuata, svalorizzando la ricchezza della maternità. L’emancipazione si è accompagnata quindi a una totale svalorizzazione del corpo, e a una conseguente “mascolinizzazione” dell’identità femminile. Questo processo è tanto più forte in quanto si accompagna a una fede nella scienza così radicata da illudere molti che i problemi dell’umanità potranno essere risolti attaccando i nostri limiti biologici e cognitivi. E quindi anche la specificità sessuale. Da questo nascono nuove forme di sfruttamento del corpo delle donne, come la vendita di ovuli e l’utero in affitto.
Questo atteggiamento porta a dimenticare che per le donne è fondamentale l’aspetto relazionale, e che la prospettiva della maternità rimane un elemento consustanziale dell’esistenza femminile. Che le donne sono individui anti-individualisti. Per questo il loro ruolo nella famiglia è così importante. Ma è anche per questo che i nuovi ruoli che le donne, in ogni parte del mondo, sanno disegnare nella società sono così importanti e rivoluzionari.
Sono rivoluzionari anche perché, riproponendo la specificità femminile, sfuggono a quella omologazione al neutro che la cultura dominante impone: perché il nostro è senza dubbio un tempo di distacco, come ha detto Zanchi, «fra quello che la coscienza sente e i codici di senso che la cultura dispone»."
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