Cameron divorzia dall’Europa anche sui diritti umani | Esteri | DiariodelWeb.it: " L’offensiva di David Cameron fa tremare l’Ue. Le istituzioni del Vecchio Continente sono impegnate a scongiurare la definitiva frattura con il Regno Unito neo-Tory. Al centro della discussione, modifiche ai trattati su questioni fondamentali, come immigrazione e libertà di movimento. Ma non è tutto: il rieletto premier è combattivo anche sul fronte dei diritti umani. Uno dei punti principali del mandato di Cameron riguarda quella che The Guardian definisce la «vergognosa distruzione dell’eredità di Winston Churchill»: nel mirino, l’abolizione dello Human Rights Act, legge laburista del 1998 che introdusse i diritti tutelati dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani, di churchilliana memoria, nel sistema giuridico britannico: dal diritto alla vita fino a quello alla libera opinione, alla privacy e a un giusto processo.
Le sentenze scomode della Corte europea
La Convenzione, in particolare, assegnò alla Corte Europea di Strasburgo la prerogativa, se interpellata, dell’ultima parola nell’ambito di procedimenti sul territorio europeo. In Gran Bretagna, fecero scalpore alcune sue sentenze: come quella che giudicò illegittimo il divieto di votare ai detenuti, o quella che stabilì che Abu Qatada, religioso islamista accusato di terrorismo, non dovesse essere espulso verso la Giordania, perché alcune sue dichiarazioni gli sarebbero state estorte sotto tortura.
Addio ricorso a Strasburgo
L’intenzione dei Tory è quella di introdurre un «British Bill of Rights», studiato, a loro avviso, per adattarsi ai bisogni e alle tradizioni del popolo britannico. Con la nuova legge, nessun extracomunitario presunto terrorista potrà appellarsi a Strasburgo per non essere espulso dal Regno; il governo potrà rendere più duro il suo approccio sull’immigrazione, e nessun tribunale europeo avrà la competenza per tutelare le vittime di sentenze ingiuste. Per il direttore di Amnesty Uk, «i diritti umani non sono un dono concesso dai politici». «Non devono trasformarsi in un giocattolo della politica da conferire o sottrarre per capriccio», ha dichiarato a The Guardian. La preoccupazione – diffusa tra le ong – è che «l’espropriazione» dell’Europa come guardiana dei diritti possa favorirne l’abuso indiscriminato.
Il segno più drammatico della disintegrazione europea
Ma il punto non è soltanto questo: il progetto di Cameron ha forti implicazioni sui rapporti, già ai limiti della frattura, tra il Regno e l’Europa, tanto che il primo ministro non ha parlato esplicitamente di ritirarsi dalla Convenzione. Servirebbe, a suo avviso, piuttosto una «risistemazione» del ruolo della Corte, le cui interpretazioni avrebbero compiuto molti «errori»: come impedire l’espulsione di presunti terroristi, o obbligare all’applicazione delle convenzioni sui diritti umani anche sui campi di battaglia afghani. Di più: abbiamo davanti agli occhi un drammatico segnale di come l’Europa sia divisa anche sui principi fondamentali di civilizzazione sui quali, dopo la guerra, si è costruita: in discussione, la natura della tutela fornita dai diritti umani, di per sé non negoziabile, e non applicabile con discrezionalità, perché riferiti alla persona umana come portatrice di una dignità da difendere, al di là di ogni legittima punizione. In discussione, in ultima istanza, l’idea stessa di «Europa», di «civiltà», di «uomo» e di «cittadino»: nessuna dimostrazione più palese, forse, del terremoto che sconvolge l’Unione dalle sue fondamenta."
Le sentenze scomode della Corte europea
La Convenzione, in particolare, assegnò alla Corte Europea di Strasburgo la prerogativa, se interpellata, dell’ultima parola nell’ambito di procedimenti sul territorio europeo. In Gran Bretagna, fecero scalpore alcune sue sentenze: come quella che giudicò illegittimo il divieto di votare ai detenuti, o quella che stabilì che Abu Qatada, religioso islamista accusato di terrorismo, non dovesse essere espulso verso la Giordania, perché alcune sue dichiarazioni gli sarebbero state estorte sotto tortura.
Addio ricorso a Strasburgo
L’intenzione dei Tory è quella di introdurre un «British Bill of Rights», studiato, a loro avviso, per adattarsi ai bisogni e alle tradizioni del popolo britannico. Con la nuova legge, nessun extracomunitario presunto terrorista potrà appellarsi a Strasburgo per non essere espulso dal Regno; il governo potrà rendere più duro il suo approccio sull’immigrazione, e nessun tribunale europeo avrà la competenza per tutelare le vittime di sentenze ingiuste. Per il direttore di Amnesty Uk, «i diritti umani non sono un dono concesso dai politici». «Non devono trasformarsi in un giocattolo della politica da conferire o sottrarre per capriccio», ha dichiarato a The Guardian. La preoccupazione – diffusa tra le ong – è che «l’espropriazione» dell’Europa come guardiana dei diritti possa favorirne l’abuso indiscriminato.
Il segno più drammatico della disintegrazione europea
Ma il punto non è soltanto questo: il progetto di Cameron ha forti implicazioni sui rapporti, già ai limiti della frattura, tra il Regno e l’Europa, tanto che il primo ministro non ha parlato esplicitamente di ritirarsi dalla Convenzione. Servirebbe, a suo avviso, piuttosto una «risistemazione» del ruolo della Corte, le cui interpretazioni avrebbero compiuto molti «errori»: come impedire l’espulsione di presunti terroristi, o obbligare all’applicazione delle convenzioni sui diritti umani anche sui campi di battaglia afghani. Di più: abbiamo davanti agli occhi un drammatico segnale di come l’Europa sia divisa anche sui principi fondamentali di civilizzazione sui quali, dopo la guerra, si è costruita: in discussione, la natura della tutela fornita dai diritti umani, di per sé non negoziabile, e non applicabile con discrezionalità, perché riferiti alla persona umana come portatrice di una dignità da difendere, al di là di ogni legittima punizione. In discussione, in ultima istanza, l’idea stessa di «Europa», di «civiltà», di «uomo» e di «cittadino»: nessuna dimostrazione più palese, forse, del terremoto che sconvolge l’Unione dalle sue fondamenta."
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