Buongustai (o forse ghiottoni): "A chi segue, sia pur distrattamente, le vicende dell’Expo milanese non sfuggirà la sarabanda continua di notizie sui cibi e soprattutto sulle più raffinate elaborazioni gastronomiche che le nazioni vi esibiscono.
A noi pare trovarvi confermata e anzi rinforzata l’affermazione del Pedagogo di Clemente di Alessandria: «i cuochi sono diventati per noi più pregiati dei contadini» (ii, 9, 4). E allora ci è venuto spontaneo salutare con favore la notizia che all’Expo saranno nel prossimo ottobre ospitati gruppi di contadini. Ci pare un segno non solo di riequlibrio, ma anche di ritorno alla radice, a quello che viene giustamente chiamato il primario, alla terra e alla sua lavorazione. Lo scrive Luigi F. Pizzolato aggiungendo che chi frequenta i testi cristiani antichi non può non ricordare i due capitoli del Pedagogo (ii, 1-2) dove Clemente di Alessandria traccia un efficace spaccato d’una città opulenta antica, attraversata dalla smania di un esasperato lusso anche culinario. Con un pezzo di bravura attinto a fonti gastronomiche pagane, egli biasima quei «ghiottoni», che noi oggi chiameremmo «buongustai», che «si affannano a procurarsi le murene dello stretto di Messina e le anguille del Meandro e i capretti di Melo e i muggini dello Sciato e le conchiglie del Peloro e le ostriche di Abido, senza dimenticare le menole delle Lipari o le rape di Mantinea, ma nemmeno le bietole di Ascra, e ricercano pesci di Metimna e i rombi dell’Attica e i tordi di Dafne, e i fichi secchi chelidonii (...) E ancora: fanno incetta di fagiani del Fasi, di francolini dell’Egitto, di pavoni della Media. E ne mutano i sapori con salse quegli ingordi e ingozzano avidamente le leccornie che sono nutrite dalla terra e dagli abissi marini e dagli spazi immensi dell’aria, per procacciarli alla loro ingordigia. E questi avidi trafficoni sembrano rastrellare in senso vero e proprio l’universo per il loro piacere, lo “friggono in padella” facendo chiasso e passano tutto il loro tempo tra mortaio e pestello questi onnivori, attaccandosi alla legna come il fuoco. Ma anche il cibo semplice, il pane, lo rendono effeminato, vagliando bene la parte nutritiva del grano, così che quello che è alimento necessario diventi un piacere da vergognarsi» (ii, 3)."
A noi pare trovarvi confermata e anzi rinforzata l’affermazione del Pedagogo di Clemente di Alessandria: «i cuochi sono diventati per noi più pregiati dei contadini» (ii, 9, 4). E allora ci è venuto spontaneo salutare con favore la notizia che all’Expo saranno nel prossimo ottobre ospitati gruppi di contadini. Ci pare un segno non solo di riequlibrio, ma anche di ritorno alla radice, a quello che viene giustamente chiamato il primario, alla terra e alla sua lavorazione. Lo scrive Luigi F. Pizzolato aggiungendo che chi frequenta i testi cristiani antichi non può non ricordare i due capitoli del Pedagogo (ii, 1-2) dove Clemente di Alessandria traccia un efficace spaccato d’una città opulenta antica, attraversata dalla smania di un esasperato lusso anche culinario. Con un pezzo di bravura attinto a fonti gastronomiche pagane, egli biasima quei «ghiottoni», che noi oggi chiameremmo «buongustai», che «si affannano a procurarsi le murene dello stretto di Messina e le anguille del Meandro e i capretti di Melo e i muggini dello Sciato e le conchiglie del Peloro e le ostriche di Abido, senza dimenticare le menole delle Lipari o le rape di Mantinea, ma nemmeno le bietole di Ascra, e ricercano pesci di Metimna e i rombi dell’Attica e i tordi di Dafne, e i fichi secchi chelidonii (...) E ancora: fanno incetta di fagiani del Fasi, di francolini dell’Egitto, di pavoni della Media. E ne mutano i sapori con salse quegli ingordi e ingozzano avidamente le leccornie che sono nutrite dalla terra e dagli abissi marini e dagli spazi immensi dell’aria, per procacciarli alla loro ingordigia. E questi avidi trafficoni sembrano rastrellare in senso vero e proprio l’universo per il loro piacere, lo “friggono in padella” facendo chiasso e passano tutto il loro tempo tra mortaio e pestello questi onnivori, attaccandosi alla legna come il fuoco. Ma anche il cibo semplice, il pane, lo rendono effeminato, vagliando bene la parte nutritiva del grano, così che quello che è alimento necessario diventi un piacere da vergognarsi» (ii, 3)."
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