@ - È attesa per il discorso che il leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, terrà oggi pomeriggio, durante una cerimonia di commemorazione “in onore dei martiri caduti in difesa di Gaza”.
Hassan Nasrallah© Fornito da RaiNews
Come già annunciato dalla tv libanese Al-Manar, controllata dal movimento sciita, l’intervento del leader del Partito di Dio è previsto alle 15, ora di Beirut.
Si tratterebbe del primo intervento pubblico di Nasrallah dopo l'attacco a sorpresa di Hamas a Israele del 7 ottobre scorso, causa dell’escalation militare ancora in corso con lo Stato ebraico nella Striscia di Gaza.
Finora, le milizie libanesi filoiraniane sono “rimaste alla finestra”, salvo qualche scambio di artiglieria al confine nord con il Libano, che ha provocato alcune vittime e il crescere della tensione nei pressi della Linea Blu. Quest’ultima è la cosiddetta “zona-cuscinetto”, di demarcazione del confine tra i due Stati dopo la guerra del 2006. La frontiera tra Israele e Libano è sorvegliata dalle truppe dell’Unifil, di cui fanno parte un migliaio di soldati italiani, incaricate di garantire la pace in una zona altamente militarizzata, una delle più calde al mondo.
Sono passati diciassette anni da quando Israele, nel corso della cosiddetta Seconda guerra del Libano (2006), rinunciò a spingersi fin dentro Beirut per neutralizzare la minaccia del Partito di Dio. Dall’altro lato, lo stesso Hezbollah cantò vittoria, per essere riuscito a fermare l’esercito con la Stella di David. Da allora, esso ha acquisito sempre più autorevolezza agli occhi del popolo libanese e dell’area politico-ideale cui si iscrive (gli sciiti).
Ma, alla vigilia delle parole di Nasrallah, gli esperti si interrogano su cosa dirà il capo delle milizie filoiraniane: Hezbollah scenderà davvero in campo, con le sue armi e i suoi uomini, aprendo un “fronte nord” che cambierebbe (di certo, in peggio) le sorti del conflitto? Hezbollah si può davvero permettere di estendere le ostilità e ampliare la guerra a vero e proprio scontro di dimensioni regionali, che avrebbero l’effetto di infiammare l’intero Medio Oriente?
Oppure, molto più realisticamente, il leader antisionista si limiterà a esprimere a parole la sua solidarietà ai fratelli di Hamas, lanciando strali contro lo Stato ebraico ma senza, di fatto, agire sul campo; vale a dire, senza imbracciare le armi in una “crociata antisionista” che equivarrebbe al “colpo di teatro” politico di unire sunniti e sciiti?
Come terzo, probabile scenario ci sarebbe un coinvolgimento indiretto del Partito di Dio nella guerra in corso a Gaza, attraverso l’invio di armi e munizioni a miliziani non identificati come milizie libanesi; o, ancora, attraverso la presa di mira di obiettivi a nord e a est dello Stato israeliano (nello specifico, il fianco nordorientale che va dalle Alture del Golan alla Cisgiordania), complicando la situazione per Tel Aviv. Allo stesso tempo, con l’appoggio determinante dell’Iran – di cui Hezbollah si serve da sempre –, Nasrallah potrebbe fregiarsi dell’iniziativa senza essere ritenuto il diretto responsabile dei nuovi attacchi a Israele.
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