PREMESSA AL PROGETTO PARCEL
Parco Archeolgico Religioso CELio
di:
Don. Guido Innocenzo Gargano
monaco Benedettino sul Celio – Gruppo Promotore PARCEL
Il colle Celio, che oggi fa parte
del Primo Municipio di Roma, appartiene ai classici Sette Colli dell’Urbe e
conserva ancora oggi tracce visibili della Mura Serviane costruite da Servio
Tullio, uno dei Sette Re di Roma prima della Repubblica.
La sua posizione geografica lo pone
a destra del termine della Via Appia,
Regina Viarum, punto di arrivo di tutti coloro che raggiungevano l’Urbe
provenendo da Sud Est e dunque da quell’Oriente che, comprendendo la Grecia,
era riconosciuta di fatto da tutti, nell’Antichità, se non la culla della
cultura umana certamente lo spazio in cui le più antiche forme di civiltà,
quelle africane che avevano raggiunto il vertice nella valle del Nilo e quelle
asiatiche, sviluppatesi nella Mesopotamia delimitata dal Tigri e dall’Eufrate,
erano fiorite e si erano estese a tutto il Mediterraneo a partire dai tempi di
Alessandro Magno.
La Via Appia era stata poi la
strada per eccellenza dell’arrivo della fede cristiana che, nata a Gerusalemme,
era entrata in Europa via mare, con o senza attraversamento della Grecia, fino ad
immettersi attraverso la Regina Viarum
nel cuore dell’Urbe da cui tutte le strade si diramavano per raggiungere, a
Nord e ad Ovest, le molteplici realtà che oggi chiameremmo europee. Non è forse
vero il proverbio che “Tutte le strade
conducono a Roma”?
Da questo colle ebbe inizio anche
l’avventura, pensata verso la fine del VI secolo, da Gregorio Magno,
discendente di nobili famiglie senatoriali romane sia da parte di Madre che di
Padre, con l’invio di ben quaranta dei suoi monaci, formati nel suo Palatium sul
Celio, divenuto Cenobio dopo la sua conversione alla vita monastica, ad evangelizzare
gli Inglesi allora chiamati Angli. Questa avventura fu descritta, sia pure con
grande fantasia teologica, da un discepolo inglese dei monaci romani chiamato
Beda il Venerabile nella sua opera intitolata Historia Gentis Anglorum.
E’ stato importante fare questo
brevissimo riferimento storico, perché la missione dei quaranta monaci
gregoriani, partiti dal colle Celio, è all’origine di quella che sarà chiamata
universalmente Via Francigena. E
infatti quei quaranta monaci celimontani raggiunsero l’Inghilterra, o più
precisamente il Kent, il cui capoluogo era Canterbury, attraversando appunto la
terra dei Franchi.
Quel che successe dopo l’avventura
di quei batti strada è a sua volta molto importante perché la via dell’andata divenne anche la via del ritorno e finalmente un vero e
proprio andirivieni con tantissime diramazioni che presero nomi diversi a
seconda dei luoghi e delle intenzioni per cui venivano tracciate così che
queste diramazioni portavano nomi a loro volta divenuti tradizionali come la Via Benedettina, la Via Francescana, la Via di
santa Scolastica etc. Grazie alla frequentazione di queste strade da parte
di monaci, frati, missionari, commercianti, uomini avventurosi o di cultura, assetati
di novità di tutti i tipi, si dette di fatto inizio ad uno scambio spettacolare
di conoscenze su ogni aspetto dello scibile umano, così che, nel giro di pochi
secoli quelle strade, che partivano e arrivavano alla via francigena, divennero
strumenti preziosissimi di comunicazioni e di scambi vivenziali che produssero
di fatto la civiltà europea.
Né va dimenticato che furono
proprio i discepoli dei monaci gregoriani, partiti dal Celio che, seguendo l’insegnamento
di Gregorio Magno, e forse anche in concorrenza con i loro dirimpettai monaci
irlandesi, ad attraversare il mare, per iniziativa del monaco Vilfrido Villibordo
Bonifacio e delle sue collaboratrici monache inglesi, a portare l’eredità
gregoriana, custodita e sviluppata sul Celio, nei territori che partendo
dall’Olanda, si estendevano per tutta la Germania fino alle Alpi e ai confini nordorientali dell’Impero Romano.
Con ciò stesso legando a Roma culturalmente e spiritualmente tutte le tribù
germaniche non soltanto come fonte indiscussa della sensibilità religiosa
cristiana, ma anche come metodo – appreso appunto da Gregorio Magno – che in
pratica consisteva nel non considerare gli altri o i diversi né come occasione
di sfruttamento, né come territori di conquista economica, religiosa o
culturale, ma come dono proveniente da Dio stesso. I nuovi popoli, così li
chiamava Gregorio, e non i barbari, come venivano definiti gli stranieri dai
Greci e dai Romani, erano lo spazio della provvidenza ed erano gli attori di
una crescita che garantiva la vita, nonostante che potessero apparire anzitutto
come violenti e distruttori di un modo di vivere al quale ci si era fino al loro
arrivo abituati. Non si trattava dunque né di opporsi ai diversi con confini
militarizzati o con eserciti orientati a distruggerli, ma come occasione da non
perdere perché il progetto di Dio, reso alla felicità di tutti, si potesse
finalmente realizzare. Non era forse scritto nel Vangelo che Dio fa splendere
il suo sole sui buoni e sui cattivi e dona la sua pioggia sia ai giusti che ai
peccatori? Così nacque la nuova Europa cristiana.
Il che significa che tutto ciò che
nei secoli successivi caratterizzerà la civiltà europea non potrà fare a meno
di ammettere, senza alcun vanto ma per verità storica, che si è trattato di
vero e proprio sviluppo di una pianta europea che deve alla lungimiranza
profetica di Gregorio Magno, a partire dal colle romano del Celio, la sua
caratteristica di essere cresciuta nella condivisione dei valori delle diverse
etnie (romane, franche, anglosassone, germaniche etc) che formano la ricchezza
straordinaria, ancora oggi, dell’Europa che conosciamo.
Curare il Celio significa allora
permettere alla tradizione viva dell’Occidente europeo di non dimenticare le
proprie radici da cui è nata una pianta, chiamata appunto civiltà occidentale,
che dal cuore di Roma, e più precisamente dal colle Celio e dalla profezia di
Gregorio Magno, ha esteso i suoi rami sulle nuove terre scoperte nel secondo
millennio cristiano fino a ospitare sotto la loro ombra l’estremo Occidente,
cioè le due Americhe, l’Africa subsahariana, l’estremo Oriente e l’Oceania.
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