@ - Ieri il presidente Volodymyr Zelensky ci ha concesso questa intervista per circa un’ora nel suo ufficio protetto da sacchetti di sabbia e cavalli di frisia nel centro della capitale ucraina.
Presidente, in Italia abbiamo un nuovo governo: la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani hanno manifestato chiaramente simpatie pro-Nato in sostegno all’Ucraina. Ma è un governo che ha componenti rilevanti che si sono espresse a favore della Russia sia nel passato che di recente. La preoccupa?
«Per ora posso solo parlare in modo positivo del vostro governo appena insediato, nessuna impressione negativa. Ho avuto una conversazione telefonica con la nuova premier che si è detta chiaramente favorevole alla nostra comune alleanza e mi ha assicurato il suo pieno sostegno per l’Ucraina contro l’aggressione russa».
Che alleanza, anche nella Nato?
«Un’alleanza in genere nell’Unione europea. E ora la nuova premier è pienamente coinvolta nella discussione a Bruxelles per inviarci un pacchetto di nuovi aiuti militari, mi sembra tutto positivo».
Cosa ha pensato sentendo le dichiarazioni filo-Putin di Berlusconi?
(Qui si interrompe e risponde in inglese) «Berlusconi ha persino utilizzato le stesse espressioni e la narrativa di Putin. Non ho visto in quelle frasi le opinioni personali di Berlusconi, si è limitato a ripetere quelle di Putin e ciò mi spaventa meno. Lo vota solo l’8 per cento degli italiani e questa è la risposta confortante del vostro elettorato, ciò mi basta… Comunque, ha quasi 90 anni e gli auguro di restare in buona salute».
Lei sa anche che il leader della Lega, Matteo Salvini, ha avuto simpatie per la Russia di Putin. Cosa risponde a chi sostiene che l’Italia potrebbe diventare il cavallo di Troia della Russia per indebolire l’atlantismo europeo?
«Vedo che il popolo italiano sostiene davvero l’Ucraina. Ma è una sfida difficile, comporta un lavoro quotidiano contro l’invasione russa lo vedo io stesso ogni giorno, a costo di sopportare nuove incertezze economiche. So che è difficile rinunciare a fare affari facili con la Russia nel breve periodo, si rischia una certa instabilità economica, ma è per il futuro della stessa stabilità, democrazia, civiltà e libertà europea».
Cosa si è detto con la premier italiana?
«“Giorgia? Volodymyr chiamami Giorgia!” Mi ha risposto dopo che io l’avevo chiamata per nome, è andata proprio così, subito. È stata diretta e personale. Credo che abbiamo costruito un’ottima relazione in continuità con il periodo iniziato da Draghi. Con Draghi il livello delle nostre relazioni bilaterali aveva fatto un salto in avanti e ora continueremo a migliorarlo: le ho detto questo e lei mi ha risposto che certamente era anche la sua volontà, che non intende distruggere nulla di ciò che è stato costruito. Con Giorgia abbiamo condiviso gli stessi concetti e non vedo come l’Italia possa diventare nel prossimo futuro il cavallo di Troia della Russia. L’ho invitata a Kiev e lei ha replicato che verrà. Certo ci sono rischi, ma non credo che al momento dipendano da noi, siamo aperti e onesti con l’Italia. Ringraziamo per gli aiuti ricevuti, tengo a dire che sono molto rilevanti. All’inizio erano rapporti complicati, poi i rappresentanti italiani sono venuti a Kiev, hanno verificato le conseguenze dell’aggressione militare e hanno capito. Non serve molto, basta vedere che cosa è capitato per stare dalla nostra parte. Sono i russi che ancora non vedono e non capiscono l’evidenza della verità».
Avete qualche richiesta specifica per l’Italia?
«Ci servono difese antiaeree, per noi è vitale. Vogliamo che i nostri profughi tornino in Ucraina, dobbiamo ricostruire la nostra economia, che i bambini vadano a scuola, che la società riprenda a funzionare pienamente. E per questo ci servono armi contro gli attacchi dall’aria e per garantire la sicurezza dei civili. L’Italia produce sistemi di difesa antiaerea assieme a Francia, Germania e pochi altri: speriamo possano aiutarci».
L’Europa è divisa: teme che oggi sia meno determinata contro la Russia rispetto all’inizio dell’invasione?
«Noi abbiamo smesso di avere paura il 24 febbraio e abbiamo iniziato a combattere per difenderci. Non abbiamo il tempo per avere paura, siamo cambiati, questa guerra ha cambiato un mucchio di cose. Si deve combattere per tutto, anche per avere buoni rapporti diplomatici, per le alleanze, per le sanzioni, per le risoluzioni Onu e per non avere paura (ride)… La guerra ha alti e bassi, certamente in Europa vediamo Paesi con atteggiamenti diversi, ma il fattore positivo resta che ci ha uniti contro l’invasione».
Cosa risponde a chi afferma che sta a lei cercare la pace?
«Sappiamo bene: è la nuova narrativa. Io ho sempre voluto parlare, ma non con la pistola puntata alla tempia. Sin dall’inizio non è stato un dialogo, ma una lunga serie di ultimatum imposti con la forza da Putin. I russi sostenevano che venivano a difendere chi parlava russo, ma in verità le violenze peggiori le hanno perpetuate a Kharkiv, Mariupol e nelle zone dove prevalevano la cultura e la lingua russe. Se volete il dialogo non occupate una centrale nucleare, non uccidete civili, non sparate oltre 130 missili in un solo giorno. Non è nelle mie mani di fermare la guerra: ciò che posso fare è non perderla, combattere per difendermi, sono loro che hanno invaso la nostra terra per massacrarci e lo hanno iniziato sin dal 2014 occupando la Crimea. Si combatte in Ucraina, non sul territorio russo. Se si ritireranno, allora sarà possibile iniziare a trattare e cominciare a convivere da Paesi vicini».
Oggi si entra nel nono mese di guerra: come valuta la situazione sul campo?
«I russi non vogliono fermarsi, sin dall’inizio hanno avuto lo stesso piano di occupare tutta l’Ucraina. E noi centinaia di volte abbiamo proposto di parlare: da quando sono diventato presidente nel 2019 sono stato pronto a negoziare sfruttando ogni canale, qualsiasi emissario. Da Mosca dicevano che non volevano trattare della Crimea, bene rispondevo, allora parliamo del Donbass, ma non perdiamo tempo. Tuttavia, non ha mai funzionato neppure il documento di Minsk del 2015, loro volevano solo congelare la situazione, non risolvere i problemi. Mosca non ha mai voluto un vero dialogo nel rispetto reciproco, ha imposto soltanto che noi riconoscessimo situazioni raggiunte con la forza. Gli unici successi parziali sono stati gli scambi di prigionieri e anche in quel caso Putin non ha mantenuto la parola data».
«Certo che lo faremo. Ma il prezzo è alto, costa morti e noi diamo un peso alla vita della gente. Chiediamo più armi per salvare le esistenze dei nostri soldati, mentre l’esercito russo non si fa molti problemi nel fare massacrare i suoi uomini al fronte».
Quando crede potrà accadere?
« Non vedo i russi scappare in massa dal Kherson, fanno finta, sono ritirate strategiche. Non sono in realtà ancora pronti ad abbandonare la regione, anche se rischiano di restare accerchiati dalle nostre truppe».
E l’evacuazione dei civili dal Kherson?
«Solo teatro. I russi mantengono le loro unità migliori sul posto».
I russi mettono in guardia che potreste usare una «bomba sporca», lo ha ripetuto due giorni fa il loro ministro della Difesa Sergei Shoigu. Cosa risponde?
«È una questione importante, ci tengo ad essere chiaro. I russi vogliono spaventare, intimidire, possono preparare una provocazione. Potrebbero colpire infrastrutture nelle centrali nucleari per poi dire che in quel luogo si stava producendo materiale atomico. Mosca cerca giustificazioni nei confronti del mondo e della società russa. Non sappiamo bene cosa vogliano fare, ma certamente puntano il dito sulla nostra pericolosità per giustificare le aggressioni. Ecco perché noi insistiamo anche per la presenza degli ispettori internazionali alla centrale atomica di Zaporizhzhia e vorremmo lo stesso negli altri impianti del Paese».
Mosca sconfitta militarmente può usare l’atomica?
«Se la Russia ha deciso di usare l’atomica lo farà, indipendentemente da ciò che avviene sul campo di battaglia. Da qui l’importanza delle pressioni della comunità internazionale. Del resto, noi non possiamo condizionare il diritto di difendere la nostra terra alla minaccia nucleare. Un ricatto inaccettabile. Se fosse così, domani la Russia potrebbe minacciare tutto il mondo e avanzare in Occidente, conquistare per esempio i Paesi Baltici, per ricostruire la vecchia Urss».
Come vede le critiche che arrivano dal Pentagono contro i vostri metodi di combattimento?
«Abbiamo ricevuto alcuni segnali che ci hanno preoccupato. Però sembrano più messaggi politici interni agli Stati Uniti, legati al dibattito in vista delle elezioni di mid-term. Vedo tuttavia sia Repubblicani che Democratici decisi a continuare l’invio di armi».
Teme il fantasma del ritorno di Donald Trump, l’amico di Putin, al potere?
«In ogni caso, sta agli americani scegliere. La mia opinione non conta. Ora Joe Biden aiuta più di ogni altro. Ma non so cosa farebbe Trump al suo posto: quando era presidente, Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina».
All’inizio della guerra lei stesso propose un summit con Putin per congelare lo status quo della Crimea e del Donbass per 15 anni in cambio del ritiro dei russi ai confini del 24 febbraio. Ora afferma invece di volere tornare alle frontiere del 1991...
«Le nostre informazioni e i servizi di intelligence alleati ci dicono con certezza che i russi non intendono assolutamente fermarsi. Mosca esige che noi si riconosca la Crimea parte integrante della Russia e si accetti le repubbliche cosiddette indipendenti di Lugansk e Donetsk, inoltre vogliono tenersi Mariupol, tutta l’area lungo il Mare di Azov che hanno occupato. Sono condizioni che la società ucraina non può accettare: a Mosca lo sanno e quindi insistono per accusarci di boicottare il dialogo. La Russia tratterà solo quando avrà capito che non può vincere militarmente. Noi siamo sempre pronti a negoziare».
Come si arriva alla pace?
«Isolando la Russia e battendola in battaglia. La comunità internazionale, compresa la Cina, deve fare pressioni su Mosca. Speriamo che la maggioranza delle nazioni si unisca contro chi minaccia il ricorso all’atomica».
Ma perché lei è meno flessibile di prima?
«Noi tutti all’inizio volevamo fermare la guerra. Ma poi abbiamo visto gli orrori di Bucha, a Irpin, la gravità dell’occupazione a Mariupol. I russi sono diventati non solo aggressori, ma anche terroristi. Impossibile parlare con i terroristi. E abbiamo capito che non vogliono lasciare spazio ad un’Ucraina indipendente».
Il ruolo della Cina?
«Vedo lo sviluppo di alcuni scambi commerciali, ma i cinesi non sostengono la Russia militarmente e ciò è molto importante. Spero che a Pechino abbiano compreso la gravità delle azioni russe, dalle minacce alle centrali nucleari al blocco del Mar Nero. Certamente un appello cinese a fermare la guerra troverebbe ascolto a Mosca».
E l’Iran?
«Mi spiace, ma è ovvio che Teheran ha fornito centinaia di droni ai russi e altre migliaia sono in arrivo».
Teheran nega.
«Abbiamo prove inconfutabili e loro lo sanno benissimo. Chiediamo che smettano subito».
Come spiega a un imprenditore italiano che deve pagare per la difesa dell’Ucraina e tagliare con Mosca, mentre il prezzo del gas va alle stelle?
«Non c’entra con noi. Mosca nel passato ha già usato l’arma dell’energia, detesta che voi europei possiate diventare indipendenti dal gas russo. E comunque già l’anno prossimo avrete trovato fonti alternative. Se cadete vittime del ricatto russo oggi spenderete meno, ma nel futuro a farne le spese saranno i vostri figli. Paghiamo tutti un prezzo per la nostra libertà, altrimenti sarà Putin a dettare le regole».
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