@ - Leggeri, economici e manovrabili da lontano, i bombardieri comprati da Ankara hanno inflitto pesanti perdite all’esercito di Mosca.
DNIPRO Bayraktar. Imparate questo nome. Se vi fosse più semplice potete anche memorizzarne solo la sigla: BT2. Ma, nelle guerre contemporanee, bisogna sapere cos’è, come in Vietnam il kalashnikov Ak47 o in Afghanistan lo Stinger. Il kalashnikov era il mitra che Mosca davano ai viet per combattere gli yankee, gli Stinger erano i missili che Washington dava ai mujaheddin per abbattere gli elicotteri russi. I Bayraktar BT2 sono i droni che l’Ucraina si è comprata dalla Turchia per difendersi dall’invasione di Putin.
I droni che vorrebbe qualcuno gli regalasse per continuare a difendersi. Se sono vere anche solo la metà delle perdite che Kiev dice di aver inflitto ai russi (12mila soldati uccisi), l’arma decisiva è stata spesso il drone turco capace di scavalcare le linee e colpire le parti meno protette del fronte nemico: i camion della logistica, i trasporta truppe, le cisterne di carburante, le comunicazioni. Il drone turco brilla nelle guerre a basso contenuto tecnologico.
Qualche analista sostiene che le continue violazioni dei cessate-il-fuoco da parte dei reparti russi durante i corridoi umanitari dipenda dal fatto che i soldati sul terreno non hanno fatto a tempo a ricevere le indicazioni del comando che ha concordato la tregua. Perché? I Bayraktar distruggono i centri di comunicazione.
Il BT2 è un drone bombardiere. Il suo «operatore» è al riparo, distante abbastanza dal fronte, ma comunque sempre lì, nel fango della guerra. È agile, economico e comunque sempre letale. Un suo missile ha ucciso 53 etiopi in un unico colpo appena 4 mesi fa. Proprio perché non è tante cose, il Bayraktar è (fonte Reuter s) probabilmente il drone più venduto al mondo.
Il BT2 sta frenando l’avanzata russa in Ucraina. È lungo 6 metri e mezzo e ha un’apertura alare del doppio. Rispetto ai concorrenti statunitensi, israeliani e cinesi pesa molto meno (600 chili, armamento escluso) e soprattutto costa meno della metà: 10 milioni di dollari. Il Bayraktar fa, in piccolo, il lavoro che farebbe un cacciabombardiere da 200 milioni, solo che si nasconde in cantina in caso di bombardamento, si trasporta con un camioncino e non ha bisogno di aeroporti. «Invece dei vecchi Mig sovietici, fateci avere centinaia di BT2, distruggeremo i russi» avrebbero detto gli ucraini a chi offriva loro aiuto.
Il Bayraktar decolla da una strada, passa sopra le linee, con le sue telecamere permette all’operatore rimasto a terra di osservare il territorio, inquadrare il bersaglio e sganciare. Il drone made in Turchia al 93% è stato messo a punto dalle industrie di Selcuk Bayraktar, genero del presidente Erdogan, nella infinita repressione di Ankara contro i curdi. Il debutto internazionale è stato contro l’Isis in Siria. Poi contro le forze di Assad, contro il generale Haftar in Libia nel 2019 e nel 2020 in Nagorno-Karabakh ha fatto vincere l’Azerbaijan contro l’Armenia, in Etiopia ha salvato il governo contro i ribelli tigrini. Un’aviazione a basso costo e abbastanza rustica da non temere gli ambienti complicati del fronte.
Nel bollettino serale di ieri, il Cremlino aggiornava il suo conto dei successi sul nemico: 81 stazioni radar, 897 carri armati e altri blindati, 95 lanciamissili Grad, 336 cannoni, 662 tra jeep e camion, 84 droni.Non tutti saranno Bayraktar, ma secondo alcuni dati, gli ucraini avrebbero dovuto possederne appena 20. Invece, dicono fonti di intelligence, i rimpiazzi sono già arrivati. L’Ucraina avrebbe voluto impiantare una fabbrica di BT2 sfruttando la sinergia tecnologica con la sua vecchia industria spaziale sovietica. Ma la guerra è arrivata prima. Ora spera solo di averne tanti altri per ribaltare le sorti della guerra.
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