@ - Ho appuntamento con un cardinale di lunga militanza curiale.
Avrei in programma di chiedergli qualcosa sul Sinodo amazzonico, ma mi suggeriscono di capire perché il Papa abbia deciso di creare cardinale mons. Michael Fitzgerald. Eseguo. “Eminenza, che mi dice di mons. Fitzgerald?”. “Eheheh”, ridacchia divertito. “Fitzgerald quindici anni fa era lanciatissimo, tutti erano concordi sul fatto che dato il suo indubbio spessore e l’incarico occupato (presidente del Pontificio dialogo per il Dialogo interreligioso) sarebbe diventato cardinale al primo concistoro utile”. Però non andò così.
“Gli ottimisti non tennero conto di due elementi, collegati l’uno all’altro. Intanto la morte di Giovanni Paolo II, e poi il suo successore. Ratzinger non ha mai condiviso niente di quanto detto, scritto e teorizzato da Fitzgerald. Da quel che voleva fare a Fatima ai rapporti con l'islam. Neppure io però pensavo che una delle sue prime e più importanti decisioni sarebbe stato l'allontanamento di Fitzgerald, confinato in Egitto e ovviamente senza porpora. Lì è rimasto fino alla pensione”. Quindi come legge ora la sua creazione cardinalizia? “Che qualcuno ha raccontato al Santo Padre che Fitzgerald è una vittima, un agnello sacrificale, un grande testimone del dialogo incomprensibilmente messo da parte dalle solite lotte curiali. E il Papa, appena sente odore di trame, reagisce di conseguenza. Impulsivamente”. Ma questo non rischia di marcare una discontinuità con Ratzinger? “Certo, se onori e riverisci uno che il predecessore allontanò senza neppure troppa eleganza (va detto), poi ti esponi al rischio di essere messo in contrapposizione con chi fece quella scelta. Ma credo che il Papa attuale non si faccia troppi problemi, in questo campo”.
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