venerdì 16 marzo 2018

I primi vegani? In Tanzania! - Cultura - Bresciaoggi

I primi vegani? In Tanzania! - Cultura - Bresciaoggi: "Un tempo in cui eravamo (più) buoni. Quantomeno ispirati. Forse è esistito, e il lungo cordone ombelicale della Storia trasmigra i succhi digestivi che mantennero in vita gli antenati, stravolgendo idee e concetti sulle nostre copie diverse. La dieta eidetica, la trance erbicola. Emmanuel Anati – fiorentino di nascita, bresciano d’adozione, vive a Cemmo dove oltre mezzo secolo fa, nel 1964, fondò il Centro camuno di studi preistorici – pubblica oggi uno studio rivelatore, destinato a far parlare e a segnare una svolta che non può non incuriosire: «Miti e ricordi dimenticati: l’arte dei primi raccoglitori, dalla Tanzania a un modello mondiale». INCISIONI fossili a svelare il contenuto cruelty-free di esofagi antichi, interrogandosi sull’arte come necessità (magica), veicolo d’abitudini non soltanto prosaiche. «È il tipo di cibo consumato a condizionare leggende e memorie? C’è una connessione concettuale tra mente e stomaco?» si domanda il professore dalle pagine di «Expression magazine», forum di antropologia concettuale, collazione di contributi che raggiunge persone di cultura e istituzioni accademiche in oltre 70 paesi. EDITATO da Atelier Research Center in collaborazione con Uispp-Cisenp (la Commissione scientifica internazionale sulle espressioni intellettuali e spirituali dei popoli non alfabetizzati, l’Unione internazionale delle scienze preistoriche e protostoriche), l’articolo parla del vegetarianesimo di una popolazione tanzaniana vissuta qualcosa come dodicimila anni fa. «Lo testimonia un insolito tipo di pittura su roccia, elaborato in una sorta di stile surreale – spiega nella sua pubblicazione Emmanuel Anati –. Le sovrapposizioni stratigrafiche indicano in questo caso una datazione probabilmente precedente alle fasi iniziali dei cosiddetti Cacciatori tardivi. L’impronta appartiene allo stesso periodo dei Primi cacciatori, ma mostra diversi repertori di immagini. Questo insieme di dipinti è caratterizzato da gruppi imponenti di esseri antropomorfi senza volto partecipanti a spettacoli o attività rituali. Include un’ampia varietà di fondali, alcuni apparentemente mitologici, e figure che presumibilmente possono rappresentare entità soprannaturali». Nessuna scena di caccia, «in queste ombreggiature rosse e marroni». Al contrario, qui si trovano frutti, foglie, arbusti e tantissimi simboli. Compaiono «forme a palloncino, schemi a rete, complessi assemblaggi di linee, motivi ondulati. Tali segni o ideogrammi possono implicare una proto-scrittura con un alto grado d’astrazione e sintesi», continua nel suo studio l’autore camuno di adozione, convinto che gli artisti dell’Africa orientale dipingessero in stato d’alterazione psichica, entro pura estasi. UN’ETÀ IDILLIACA, un «giardino dell'Eden» nel quale far fluttuare la mente schizzando uomini-tubero dai corpi vibranti, dedicarsi placidamente allo stupore. Altro che arco e frecce. «Tutto fa presumere che la raccolta, piuttosto che la caccia, fosse la loro risorsa economica principale. Di conseguenza, la dieta sarà ragionevolmente stata in prevalenza vegetariana – commenta Anati –, anche se non è chiaro sotto quale influsso sia avvenuta questa diversificazione: mutamenti climatici, nuove risorse naturali, semplice cambio d’abitudini alimentari». Adattamento o scelta? Il pattern tanzaniano dei Raccoglitori (la raffigurazione di temi vegetali, di immagini umane e animali deformate a causa dell’uso di piante allucinogene) è stato rintracciato anche a Kimberley in Australia, nel Texas, in California, Messico e Spagna. Facendo pensare all’epica adamitica del nutrimento a portata di mano, di dolci linfe. •

Alessandra Tonizzo"

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