venerdì 3 aprile 2015

Al Shabaab, Boko Haram, Aqmi. Radiografia dell'Islam nero che si sta estendendo sull'Africa

Al Shabaab, Boko Haram, Aqmi. Radiografia dell'Islam nero che si sta estendendo sull'Africa: "Al Shabaab, Boko Haram, Aqmi. Le innumerevoli stragi in Nigeria, ora il sanguinoso attacco all’Università di Garissa, in Kenya. Nero Islam. Nero come le bandiere dell’Isis e di al Qaeda che sventolano sulle città conquistate. Nero come il petrolio che arricchisce le casse dello Stato islamico e della nebulosa jihadista. Nero, come il Continente su cui i “combattenti di Allah” stanno estendendo il loro controllo: dalla Libia alla Nigeria, dalla Somalia al Mali, dal Chad al Sudan, dal Kenya alla Repubblica Centroafricana, dal Maghreb al Sahel all’immensa area sub sahariana.

Le forze in campo sono possenti, bene addestrate, meglio ancora armate, ferocemente indottrinate: Boko Haram, al-Shabaab, al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), Ansar Al Sharia, Isis. Attentati e rapimenti di occidentali sono all'ordine del giorno per procurarsi denaro e oliare gli ingranaggi della causa jihadista.

In Somalia, il terrore si chiama al-Shabaab (letteralmente: la Gioventù). È un gruppo insurrezionale islamista che si è sviluppato in seguito alla sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche da parte del Governo Federale di Transizione (GFT) e dei suoi principali sostenitori, i militari dell'Etiopia durante la guerra in Somalia. Il gruppo opera con attentati e rapimenti anche in altri Paesi, come, per l’appunto, il Kenya e l'Uganda. Larga parte dei suoi finanziamenti provengono dai pirati somali.

Il leader degli al-Shabaab è Ahmed Omar Abu Ubeyda, dopo che il suo predecessore - Moktar Ali Zubeyr, anche noto come Ahmed Godane - è stato ucciso nel settembre dello scorso anno in un raid americano. Nel febbraio 2012 Godane aveva rilasciato un video nel quale "prometteva di obbedire" al leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri.

Oltre all’applicazione della sharia, un altro obiettivo chiave della missione degli al-Shabaab è l’espulsione dalla Somalia dei soldati stranieri, in primis quelli etiopi e kenioti.

"Al-Shabaab - rimarca Nicola Pedde, Direttore dell'Institute of Global Studies (IGS) di Roma e della rivista Geopolitics of the Middle East - ha dovuto necessariamente mutare strategia a fronte del consolidamento delle forze governative e del rinnovato attivismo della comunità internazionale. Tale mutamento è dovuto transitare attraverso una pluralità di differenti azioni. La prima, e più urgente, è stata quella di una ricollocazione territoriale che le consentisse di fare soldi e che è stata parzialmente conseguita concentrando le proprie forze nella riconquista di una fascia di terreno costiero, base indispensabile per avviare e gestire traffici di varia natura e dove poter esercitare qualche forma di controllo – sebbene limitata – sulla lucrosa distribuzione degli aiuti umanitari".

L’obiettivo politico primario dell’al-Shabaab è quello di colpire le autorità centrali di governo e le Forze militari straniere di sostegno e assistenza, cercando di dimostrarne la debolezza e la vulnerabilità agli occhi della popolazione. Le operazioni sul terreno vengono pianificate e parzialmente condotte da Amnyat, la struttura di intelligence e operazioni occulte dei miliziani, delle cui capacità e organizzazione non si conosce granché. Le sono comunque attribuite straordinarie capacità d’infiltrazione nell’apparato governativo e nella sicurezza. La sua forza è stimata in settemila-novemila uomini, con un netto calo rispetto ai 14.426 guerriglieri stimati nel maggio del 2011."
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