venerdì 20 marzo 2015

Israele, la destra vince la corsa al voto degli ebrei fuggiti dall'Europa

Israele, la destra vince la corsa al voto degli ebrei fuggiti dall'Europa: "GERUSALEMME «È scritto nella Torà che la terra d'Israele è nostra e per questo sono venuta qui; per rispondere al comandamento di Dio». Yael Yosef, ha trentuno anni. È arrivata nella città santa con una ventina di immigranti dalla Francia pochi giorni dopo l'attentato nel supermercato di Parigi. Era tempo che voleva compiere il grande passo, lo stesso di 6,600 dei suoi concittadini francesi, ebrei, che nel 2014 si sono trasferiti in Israele. Un bacino di voti che tutti i partiti hanno corteggiato in queste settimane offrendo visioni diverse del futuro di questa nazione alla ricerca ancora della sua vera identità.

IL NUOVO ESODO
Oltre ai francesi (la maggioranza dei nuovi arrivati) sono approdati diciottomila ebrei dal resto del mondo. Famiglie intere e dunque con bambini e giovani che non possono votare, ragazzi e ragazze in età da militare, adulti in età lavorativa e pensionati. Chi spinto dalla paura per l'antisemitismo crescente, chi dalla guerra in Ucraina, chi dalla situazione socio-economica in Russia o altrove, chi alla ricerca di una vita migliore come molti di quelli venuti dalla Gran Bretagna, dal Belgio, dall'America sia Nord che Sud, e dall'Etiopia. Quasi tutti avevano preparato da tempo la mossa, come i francesi Simon e Odette Alfasi. «Vivremo vicino al resto della nostra famiglia, a figli e nipoti». O Lor Alkoby, 23 anni, anche lui dalla Francia ora a Gerusalemme. «Ho lasciato tutto alle spalle, lavoro, famiglia. Da sempre volevo venire qui perché è il mio paese, il mio sogno».

Per molti ebrei della diaspora, Israele è una sfida. Quasi tutti sono stati qui almeno una volta. Molti conoscono la lingua e questo li aiuterà. Chi è in pensione e ritrova famiglia e vecchi amici si adatta rapidamente. Soprattutto se non ha difficoltà economiche: Israele è oggi uno dei paesi più cari del mondo. Il problema della casa è stato uno dei temi scottanti della campagna elettorale, così come il carovita in generale. Per chi deve integrarsi nel mercato del lavoro, la realtà è ancora più dura. E non sempre superabile. Secondo uno studio pubblicato di recente, il quaranta per cento dei nuovi arrivati da Francia e Stati Uniti pensa già di tornare nei loro paesi d'origine.

La misura dell'incertezza può essere ricavata anche dai dati riguardanti il numero dei cittadini israeliani che si sono trasferiti dall'estero. Quasi un milione dei sei milioni di ebrei di qui ha scelto una vita lontana dalla loro patria. «Non sapremo mai quanti israeliani ci sono negli Stati Uniti», commentava recentemente un funzionario preposto al censimento. L'Australia è un'altra meta preferita. E persino a Berlino, all'ombra dei ricordi dell'Olocausto, si vive meglio, sembrano dire i ventimila nuovi residenti ebrei-israeliani della capitale tedesca. Le difficoltà economiche sono tra i maggiori fattori. Sicurezza e tensione, altre. Ben, giornalista in pensione, ha lasciato dopo venticinque anni. «Sono in pensione. Voglio stare tranquillo». È stato qui per una breve visita ed è tornato in America pochi giorni fa senza nemmeno aspettare di votare.

LE SCELTE ELETTORALI
Il fenomeno preoccupa. Netanyahu ha fatto di tutto per sfruttare l'antisemitismo in Europa e convincere gli ebrei a emigrare. E la sua macchina elettorale ha cercato di convincere i nuovi arrivi a votare per lui. Qualcosa avrà sicuramente ottenuto. La stragrande maggioranza degli immigrati dalla Francia sono ebrei sefarditi (dai paesi del Magreb) tradizionali, religiosi, conservatori e come i loro fratelli e sorelle in Israele tendono a votare per il Likud o i partiti religiosi. Sono contrari a uno stato palestinese e per paura o ignoranza chiede mano dura con gli arabi."


'via Blog this'

Nessun commento: