giovedì 12 febbraio 2015

GRAN BRETAGNA - IRAQ Arcivescovo di Erbil: Fondi e aiuti per dare un tetto ai profughi cristiani di Mosul - Asia News

GRAN BRETAGNA - IRAQ Arcivescovo di Erbil: Fondi e aiuti per dare un tetto ai profughi cristiani di Mosul - Asia News: "Arcivescovo di Erbil: Fondi e aiuti per dare un tetto ai profughi cristiani di Mosul
di Bashar Matti Warda*
Rivolgendosi al Sinodo generale della Chiesa anglicana mons. Warda illustra le drammatiche condizioni degli sfollati. Ancora oggi sono costretti a vivere in tende o alloggi di fortuna. Per questo è essenziale garantire loro una dimora stabile. A rischio la sopravvivenza stessa della minoranza cristiana in Mesopotamia.
Il discorso integrale pronunciato dal presule.


Londra (AsiaNews) - Una casa, un tetto per le famiglie cristiane che hanno abbandonato Mosul e i villaggi della piana di Ninive la scorsa estate, per sfuggire alle violenze dello Stato islamico; famiglie che, da mesi, sono costrette a sopravvivere nei campi profughi, nei centri di accoglienza e nelle scuole di Erbil e del Kurdistan irakeno, grazie all'impegno e alla generosità della Chiesa caldea. È l'appello rivolto ieri da mons. Bashar Matti Warda, arcivescovo di Erbil, ai membri del Sinodo generale della Chiesa anglicana. Il prelato ha ricordato le sofferenze e le difficoltà vissute dai cristiani irakeni nella loro storia millenaria, ma ha anche aggiunto che di questa presenza potrebbe non rimanere traccia in Mesopotamia.


In precedenza mons. Warda aveva tenuto un discorso al Parlamento britannico, in cui aveva chiesto con urgenza "un'azione militare di terra", perché i soli raid aerei non bastano per sconfiggere le milizie jihadiste che hanno conquistato Mosul e parte del nord e dell'ovest dell'Iraq. Il prelato ha "implorato" i governi occidentali affinché schierino truppe sul campo, unica via per battere i miliziani e consentire ai cristiani di tornare nelle loro abitazioni.
Ecco, di seguito, l'intervento integrale di mons. Warda al Sinodo anglicano, inviato ad AsiaNews: 

Mi rivolgo a voi,
membri del Sinodo,

Desidero prima di tutto ringraziarvi molto per avermi invitato al Sinodo generale della Chiesa anglicana. Vi sono riconoscente per questa opportunità che mi avete concesso di condividere con voi il dolore e la speranza che proviamo noi, in Iraq. 

Devo confessarvi che questo discorso è, forse, il più difficile che mi sia mai capitato di dover affrontare. Molte volte ho parlato davanti a una platea simile a questa, composta da anime generose e piene di riguardo, ma l'ho sempre fatto per lanciare avvertimenti su quello che sarebbe potuto succedere, e per promuovere investimenti e far conoscere le reali opportunità. Ma questa volta la situazione è differente. 

Il cristianesimo in Iraq sta attraversando uno dei periodi peggiori e più complicati della sua lunga storia, che risale fino al primo secolo. In tutti questi secoli abbiamo sperimentato numerose difficoltà e persecuzioni, nel corso delle quali abbiamo offerto carovane di martiri. 

La comunità cristiana ha arricchito la Mesopotamia in tutte le tappe del suo percorso storico attraverso la religione, la cultura e la civiltà, promuovendo al contempo una cultura della coesistenza, nonostante le dolore ferite sperimentate nel corso dei secoli. 

In almeno tre occasioni negli ultimi decenni i nostri fedeli sono stati spinti a forza verso lo spostamento interno e l'emigrazione, lasciandosi ogni volta alle spalle una storia e una cultura che in molti hanno cercato di sopprimere e di spazzare via senza che ne rimanesse traccia. 

La popolazione cristiana di molti villaggi ha sperimentato profondi sconvolgimenti nel periodo successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. E prima ancora, siamo stati vittime di atti di genocidio per mano dei turchi ottomani durante il massacro di Safar Ber lik (Seifo) nel 1915, e ancora il massacro di Semele  del 1933 ad opera dell'esercito irakeno. Durante la rivolta curda del 1961 e la sommossa Soriah nel 1969 siamo stati cacciati a forza da molti villaggi e cittadine, e ricollocati a Baghdad e Mosul. 

Questi atti di genocidio, sia organizzati che dovuti al caso, così come i continui spostamenti, si sono susseguiti senza sosta da Bassora, Baghdad e Kirkuk anche all'indomani del cambio di regime, nel 2003. Violenze che hanno raggiunto il loro apice con il massacro nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, nel 2010, durante il quale decine di fedeli sono stati massacrati a sangue freddo. A questo sono seguiti episodi di terrorismo e l'esodo del 2014, anno in cui la popolazione cristiana ha sperimentato il peggior atto di genocidio nella nostra madrepatria. Oggi in Mesopotamia il cristianesimo è a rischio estinzione tanto come religione, quanto come cultura. 

Carissimi fratelli e sorelle, " CONTINUA >>>>


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