domenica 11 gennaio 2015

Cinque miti da sfatare sull'Islam ed i musulmani - International Business Times

Cinque miti da sfatare sull'Islam ed i musulmani - International Business Times: "È molto importante che in momenti come questo si faccia uno sforzo per capire meglio le cose che non si conoscono, perché nessuno può negare che quasi sempre, e quindi non solamente in questa circostanza, paura e diffidenza nascano dall'ignoranza e dall'errata rappresentazione di chi consideriamo "altro" da noi. Ecco quindi una veloce rassegna di cinque miti sull'Islam, fortemente radicati ed altrettanto fortemente errati.

I MUSULMANI SONO ARABI - Quando si pensa ad un musulmano, tradizionalmente la prima immagine che viene in mente è quella di un uomo con addosso un caffettano e che vive in un paese medio-orientale. L'Islam ha però una diffusione geograficamente e demograficamente molto più ampia, e la sua componente medio-orientale è paradossalmente una minoranza.

Difatti, solamente il 15% circa dei musulmani vive in Medio Oriente. Complessivamente l'area del mondo col maggior numero di fedeli all'Islam è l'Asia meridionale e sud-orientale, con circa il 62% dei circa 1,6 miliardi di musulmani al mondo.



Erick Thohir: presidente dell'Inter, indonesiano, musulmano - Credits: Reuters
Secondo i dati di uno studio del Pew Research Center del 2010, il paese con il maggior numero di seguaci dell'Islam al mondo è l'Indonesia (quasi 205 milioni, pari all'88,1% della popolazione), una nazione i cui abitanti hanno un aspetto decisamente distante da quella che può essere la classica immagine del musulmano. In effetti, per trovare un paese medio-orientale nella graduatoria delle nazioni con più musulmani al mondo bisogna scendere fino al 5° posto, occupato dall'Egitto con 80 milioni di fedeli.

GLI ARABI SONO MUSULMANI - Allo stesso modo, essere medio-orientale non significa automaticamente essere musulmano. Esistono chiaramente paesi dove l'Islam rappresenta la religione della quasi totalità della popolazione, come l'Iran (99,7%) o l'Afghanistan (99,8%). Per contro ci sono però anche paesi medio-orientali nei quali milioni di abitanti seguono altre religioni: in Qatar la percentuale di fedeli all'Islam è del 77,5%, negli Emirati Arabi Uniti del 76%, ed in Libano del 59,7%.

LA "GUERRA SANTA" - Uno dei concetti che solitamente vengono associati all'Islam è quello della "jihad", che si tende solitamente a tradurre con "guerra santa". Sono infatti in molti a ritenere che sia il Corano stesso ad imporre ai credenti di combattere gli "infedeli", ideologicamente ma soprattutto fisicamente. Questa definizione non è sbagliata, ma è comunque fortemente incompleta.


Miniatura che rappresenta la campagna Ottomana in Europa, 1566 - Credits: WikiCommons-PD/Lokman
In primo luogo, la jihad non fa parte dei cosiddetti "cinque pilastri dell'Islam" (arkān al-Islām), ovvero i cinque obblighi fondamentali di ogni musulmano, che per la cronaca sono la testimonianza di fede (Shahada), le preghiere quotidiane (Salah), l'elemosina per i bisognosi (Zakat), l'astinenza dal mangiare, dal bere, dal fumare e dai rapporti sessuali durante il Ramadan (Sawm) e la visita alla Mecca almeno una volta nella vita (Haji).

La parola jihad ha in effetti una pluralità di significati, che vanno dalla lotta contro gli infedeli (per quanto questa non sia l'interpretazione prevalente) a qualsiasi sforzo compiuto per la propria fede. In particolare, esiste la Jihad al-nafs (contro sé stessi), la Jihad bil-lisan (lottare con le parole), Jihad bil yad (lottare con le azioni) e la Jihad bis saif (utilizzare la spada).

In alcuni casi viene distinta una "grande jihad" (al-jihad al-akbar) ed una "piccola jihad" (al-jihad al-asghar). La prima si riferisce alla lotta contro sé stessi, la seconda a quella contro altri. L'interpretazione secondo la quale la grande jihad sarebbe più importante della piccola si fa a volte risalire allo stesso Maometto, che al ritorno da una battaglia avrebbe detto: "Siamo tornati dalla piccola jihad alla grande jihad: la lotta contro sé stessi". Anche se la fonte della citazione è considerata inaffidabile, il concetto che esprime è molto influente in gran parte del mondo islamico, in particolare nel sufismo.


Zallascht Sadat, Miss Afghanistan 2008 - Credits: Flickr-CC BY 2.0/Zallascht Sadat
IL RUOLO DELLA DONNA - La condizione delle donne nel mondo islamico varia fortemente da paese a paese, con diversi livelli di possibilità decisionale su matrimonio, divorzio, abbigliamento ed istruzione. È assolutamente innegabile che esistano nazioni nelle quali le esponenti del gentil sesso hanno pochissima libertà di scelta in questi ambiti, se non addirittura nessuna. Così come non può essere negato che i diritti umani delle donne, in alcuni paesi musulmani, vengano ripetutamente violati. Ma le cose non vanno così ovunque.

Per quanto varie nazioni a maggioranza musulmana figurino agli ultimi posti delle classifiche che indicano la differenza tra i generi in tema di istruzione, esistono molte significative eccezioni da questo punto di vista: nel 2012 la percentuale di ricercatrici universitarie in Turchia era del 36%, più alta della media dell'Unione Europea (33%); in vari paesi islamici come Malesia, Arabia Saudita ed Algeria la maggioranza degli studenti universitari è costituita da donne, con casi come la University of Jordan (Giordania), dove due studenti su tre appartengono al gentil sesso.
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