Zecchi: una sottocultura che privilegia il capriccio | Famiglia | www.avvenire.it: SI E' PROPRIO LA FAMIGLIA ...."Qualcuno sostiene che lo Stato non debba occuparsi del privato e che il matrimonio sia appunto un fatto esclusivamente privato.
Tuttavia lo Stato entra continuamente nel nostro privato, lo fa delegando a una magistratura che ci dice che cosa è lecito e cosa non lo è, che ci indica se una cura si può fare oppure no, che dà o nega il consenso di affittare un utero, e avanti con migliaia di altri esempi. A mio parere invece l’insieme di queste questioni si riassume in un grande problema culturale che ha un nome: famiglia.
In che senso?
Stiamo perdendo il senso culturale di ciò che significa famiglia. Se perdi questo, allora la puoi stracciare come un pezzo di carta, puoi pensare che basti una firma da un avvocato e, zac, non esiste più. Una semplificazione aberrante e irreale, che non rileva tanto il disinteresse da parte dello Stato, quanto piuttosto questa nostra sottocultura generale verso la famiglia, che da sempre è la struttura di base di qualunque realtà sociale. Ogni nuova proposta di legge negli ultimi tempi sembra andare scientificamente a minare la famiglia, e quando questa soccomberà sarà una tragedia, non avremo più un vero organismo formativo ed educativo. E allora a chi delegheremo? Alla scuola? Alla televisione? Ai social network? Ma la domanda cui fatico a rispondermi è: questo attacco alla famiglia è consapevole oppure è irresponsabile?
Secondo l’idea che si è fatto, perché accade?
L’unica certezza è che tutto questo non è motivabile – come poteva accadere nel ’68 – con una cultura della trasgressione, con la famosa "uccisione del padre" che tanto infervorava gli animi allora: qui vedo solo il trionfo del più sfrenato individualismo. La nostra cultura ormai privilegia non il privato ma il capriccio, la mancanza di responsabilità oggi è pervasiva, nessuno è più responsabile di niente. Nei Comuni che hanno aperto i cosiddetti "registri delle coppie di fatto" basta un clic da casa con il mouse per sciogliere l’unione... Altra aberrazione figlia della stessa mentalità: rischiamo che prima o poi quel clic basterà anche per il divorzio."
Tuttavia lo Stato entra continuamente nel nostro privato, lo fa delegando a una magistratura che ci dice che cosa è lecito e cosa non lo è, che ci indica se una cura si può fare oppure no, che dà o nega il consenso di affittare un utero, e avanti con migliaia di altri esempi. A mio parere invece l’insieme di queste questioni si riassume in un grande problema culturale che ha un nome: famiglia.
In che senso?
Stiamo perdendo il senso culturale di ciò che significa famiglia. Se perdi questo, allora la puoi stracciare come un pezzo di carta, puoi pensare che basti una firma da un avvocato e, zac, non esiste più. Una semplificazione aberrante e irreale, che non rileva tanto il disinteresse da parte dello Stato, quanto piuttosto questa nostra sottocultura generale verso la famiglia, che da sempre è la struttura di base di qualunque realtà sociale. Ogni nuova proposta di legge negli ultimi tempi sembra andare scientificamente a minare la famiglia, e quando questa soccomberà sarà una tragedia, non avremo più un vero organismo formativo ed educativo. E allora a chi delegheremo? Alla scuola? Alla televisione? Ai social network? Ma la domanda cui fatico a rispondermi è: questo attacco alla famiglia è consapevole oppure è irresponsabile?
Secondo l’idea che si è fatto, perché accade?
L’unica certezza è che tutto questo non è motivabile – come poteva accadere nel ’68 – con una cultura della trasgressione, con la famosa "uccisione del padre" che tanto infervorava gli animi allora: qui vedo solo il trionfo del più sfrenato individualismo. La nostra cultura ormai privilegia non il privato ma il capriccio, la mancanza di responsabilità oggi è pervasiva, nessuno è più responsabile di niente. Nei Comuni che hanno aperto i cosiddetti "registri delle coppie di fatto" basta un clic da casa con il mouse per sciogliere l’unione... Altra aberrazione figlia della stessa mentalità: rischiamo che prima o poi quel clic basterà anche per il divorzio."
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