venerdì 5 agosto 2022

L’ultima lezione di Draghi: 50 miliardi senza fare debito, conti in ordine e Pnrr in anticipo

@Arriva a 17 miliardi il decreto Aiuti 2. La prima conferenza stampa del premier dopo la dimissioni. Che rivendica: “Siamo il paese che cresce di più e meglio in tutta Europa” come occupati e come Pil. “Ho fatto tanti auguri a chi deve affrontare la campagna elettorale” Intanto il Pd attacca Iv sull’assegno familiare. Ma è informato male.


A chi la evoca, forse anche oltre il verosimile, senza però saperne dare gli esatti contenuti, arriva la definizione autentica, originale. “L’agenda Draghi? Quando assunsi l’incarico (ormai 18 mesi fa, ndr) sapevo che avremmo avuto davanti alcune priorità. Poi se ne sono aggiunte altre, e altre ancora. Ecco, a tutto questo il mio governo ha cercato di rispondere con risposte pronte, credibili, con le riforme necessarie, con l’autorevolezza e affidabilità”. Nella prima conferenza stampa dopo le dimissioni - ma non sarà l’ultima - Mario Draghi appare un po’ più risposato del solito, quasi un filo abbronzato, e però puntuto ed essenziale. Attento a scansare e negare ogni domanda potenzialmente insidiosa circa un suo eventuale futuro in politica. Che non ci sarà. Del resto, chi potrebbe biasimarlo visto come è stato trattato.

50 miliardi in sette mesi senza nuovo debito
E però il suo governo porta in eredità al Paese altri 17 miliardi (tre in più del previsto) per combattere inflazione, caro prezzi, speculazione e caro energia. Sommati ai 33 già assegnati dall’inizio dell’anno, sono 50 miliardi distribuiti a famiglie ed imprese senza fare un centesimo di debito. Chi il 20 luglio è riuscito nell’impresa di mandare a casa l’ex presidente della Bce - 5 Stelle, Lega e Forza Italia - sono le stesse forze che da dicembre scorso ogni giorno, quasi un disco rotto, hanno invocato “uno scostamento di bilancio almeno di 50 miliardi”. Sono stati accontentati. Ma senza fare nuovo debito. Lasciando i conti in ordine. Anzi, trovando in quei conti le risorse per dare le risposte che chiede il Paese. Non tutte quelle che servono, ma sufficienti per registrare che “l'andamento dell'economia è di gran lunga migliore del previsto”, che “la crescita annuale è pari al 3,4%” quando l'Italia negli ultimi vent’anni non è mai cresciuta più del 2% e dunque “una crescita veramente straordinaria”. Persino il Fondo monetario internazionale ha previsto che l’Italia “crescerà più degli altri Paesi”. Pur con tutte le nuvole che ci lasciamo alle spalle. E che abbiamo ancora all’orizzonte.

La distanza tra governo e Parlamento
Il Consiglio dei ministri è iniziato alle 17 e 20. La conferenza stampa alle 20 e andrà avanti fino alle 21. La regia malefica del destino vuole che mentre a Montecitorio il segretario dem Enrico Letta incontra i ribelli rossoverdi per tenerli dentro la coalizione più pazza di sempre, nel palazzo accanto, cioè palazzo Chigi, Mario Draghi va avanti nella sua mission di governare il paese e dargli gli strumenti per combattere inflazione e disuguaglianze. Sono due contesti che misurano tutta la distanza tra la politica alta e quella bassa. E che ancora di più fanno rimpiangere l’inopinata caduta dell’esecutivo Draghi. In tutto questo rassicura la certezza che il presidente Draghi e il ministro economico Daniele Franco lasceranno i loro incarichi tra fine ottobre e metà novembre - se le urne daranno un responso chiaro - ma fino a quel giorno, quale che sarà, faranno di tutto per gestire il destino di questo paese. Come dimostra l’intensa attività di approvazione di decreti delegati (Giustizia e semplificazione per il Pnrr) per far camminare le norme già approvate. E una serie di promesse che ieri Draghi - con un fare che è una via di mezzo tra il memento e la sua eredità politica - ha messo in fila durante la conferenza stampa.

Conti in ordine. Il Pnrr anche
Saranno, ad esempio, “realizzati tutti i 55 obiettivi che il Pnrr ci assegna entro la fine dell’anno” in anticipo rispetto al calendario, in tempo rispetto al passaggio del testimone con il suo successore e in modo di blindare il pagamento della terza rata di Pnrr (circa 20 miliardi). E saranno rispettate le scadenze di tutti i dossier. Il primo è sicuramente Ita: “Sarà chiuso entro 10 giorni, secondo la data prevista” ha tagliato corto dando anche un messaggio a Lufthansa, in pole per l’acquisto, che ieri sbuffava per la mancanza di risposte e avvertiva circa “la pazienza che sta per finire”. Anche Lufthansa deve avere pazienza: i termini sono termini, e non s’è mai visto chiudere una partita del genere prima del tempo fissato. Si chiuderà, però. Un avviso a chi, in campagna elettorale, s’era già illuso di poter usare anche questo argomento. Mario Draghi ha concluso la riunione del Cdm augurando a chi ha davanti la campagna elettorale di “realizzare tutti i loro sogni e anche di più”. Ma c’è ancora molto da fare. E la campagna elettorale non deve sfiorare queste ultime settimane o mesi di attività governativa. Non è un caso quindi che in conferenza stampa il premier porti con sè solo ministri tecnici: Daniele Franco, titolare del Mef, che ringrazia più e più volte per aver di fatto firmato 4 o 5 leggi di bilancio in 18 mesi; Roberto Cingolani che ha fatto il mezzo miracolo di garantire la differenziazione e la transizione dal gas russo in modo tale per cui - se va tutto come previsto a cominciare dal gassificatore di Piombino - l’Italia non soffrirà riduzioni e austerity (abbiamo gli stoccaggi al 74%, in linea per avere il 90% a fine ottobre, nessuno come noi in Europa); e Roberto Garofoli, l’uomo che tiene sotto controllo il cronoprogramma del Pnrr.

Le misure
Il decreto Aiuti bis mette a disposizione di famiglie e imprese ben 17 miliardi, tre in più del previsto. Nei 41 articoli del decreto ci sono più fondi per calmierare le bollette, la proroga di un mese dello sconto benzina, due miliardi e mezzo per ampliare il taglio del cuneo fiscale (un miliardo e 600 per i redditi sotto i 35 mila euro) e anticipare la rivalutazione delle pensioni (2,3 miliardi, una rivalutazione di due punti percentuale da ottobre in poi, tredicesima compresa), risorse per la sanità (un miliardo per le Regioni). Ma anche 600 milioni per i lavoratori autonomi, un miliardo per l’Ilva, per la scuola (un premio annuale di 5800 euro per il prof esperto, che ha superato due corsi di aggiornamento).

E’ il primo - e forse sarà l’unico - decreto che il Consiglio dei ministri approva dopo le dimissioni. Un decreto di spesa importante motivato dall’urgenza di intervenire in favore di famiglie ed imprese. Il testo, in Gazzetta nelle prossime ore, dovrà essere convertito entro i primi di ottobre. Il Parlamento è già convocato dal 6 settembre. Il governo non potrà mettere la fiducia. E sarà interessante misurare la maturità dei partiti di maggioranza e valutare se sapranno rinunciare ad usare queste misure come merce da campagna elettorale. Nel Consiglio dei ministri di ieri non ci sono state buone sensazioni in questo senso.

Il Pd attacca Italia viva
Dal fondo di 20 miliardi per l’assegno unico per le famiglie sono avanzati - per difetto nelle richieste - 630 milioni. La ministra Elena Bonetti (Italia viva) ha chiesto che quei soldi fossero redistribuiti tra le famiglie con redditi più bassi. Peccato che in Cdm nessuno l’abbia sostenuta e anzi, forse per un difetto di informazione, dal Pd abbiano iniziato ad attaccare - con il Cdm in corso - la ministra perchè non si è occupata di dare quei soldi a chi ne ha più bisogno. E’ stato esattamente il contrario. Un pessimo inizio di campagna elettorale con fallo a gamba tesa nella stessa metà campo. Del resto, la scarsa maturità dei partiti in campo si era già potuta misurare in mattinata al Senato dove l’approvazione della delega fiscale (“molto dispiaciuto di questo rinvio” ha detto Draghi) è stata rinviata a settembre. I partiti si sono impegnati a non presentare emendamenti. Su questo e su altri provvedimenti come i decreto approvato ieri. Ne riparliamo a settembre.

Due pilastri: famiglie e imprese; stipendi e pensioni
Proprio perchè si tratta del decreto di un governo in carica ma solo per gli affari correnti, la sua stesura è stata più lunga del solito. Draghi ha voluto coinvolgere tutti i partiti, anche Fratelli d’Italia, e i sindacati. E tutti hanno convenuto che i capisaldi di questa nuova spesa siano la replica degli Aiuti già in vigore per famiglie e imprese e l'intervento su temi indifferibili come cuneo e pensioni. Tra le varie misure spicca l'aumento delle risorse per le bollette nell'ultimo trimestre: i fondi salgono a 5 miliardi dai circa 3 del precedente decreto per consentire uno sconto maggiore, rispondendo così anche al recente allarme di Arera sul rischio di nuovi aumenti. Rafforzato il bonus sociale, arrivano più tutele per i vulnerabili e misure per la rateizzazione delle bollette. Le bollette potranno inoltre rientrare tra le misure di welfare aziendale (su proposta della ministra Bonetti, Italia viva). Per la benzina la proroga dello sconto di 30 centesimi sulle accise sarà solo di un mese (dal 21 agosto al 20 settembre, costo di 900 milioni). E’ solo una questione tecnica: una volta noti gli incassi dall’extragettito di luglio, si potrà procedere con la proroga fino alla fine di ottobre. Sempre sul fronte del caro-energia, poi, vengono replicati i crediti di imposta per 3 miliardi.

“Opereremo ancora, se necessario”
“Se necessario opereremo ancora seguendo le stesse direttive: aiutare famiglie e imprese contro l’inflazione” assicura Draghi. Un messaggio al paese ma soprattutto ai mercati: l’Italia ha un governo in carica pronto ad intervenire. Si occuperà della Nadef e della cornice, i numeri, della legge di Bilancio, i fondamentali e gli obiettivi. “Quelli sarebbe bene che fossero confermati” ha suggerito Franco. Così come il governo Draghi ha ancora la possibilità di vedere realizzato il tetto al prezzo del gas a settembre-ottobre, nel prossimo consiglio. “Abbiamo ottenuto un impegno esplicito della Commissione europea a presentare una proposta che ora finalmente potrà essere discussa. Sottolineo che chi sosteneva che un tetto poteva scatenare una reazione negativa della Russia dovrebbe oggi riflettere: la Russia sta tagliando le forniture e in più ci fa pagare questi prezzi”.

Il peso dell’incertezza politica
Il premier non nasconde che all'orizzonte si stagliano nuvole minacciose. Pesa anche l'incertezza politica. “Servirà coesione sociale e coesione politica”, saranno “necessarie” per riaffermare la credibilità acquisita da questo esecutivo e per poter fare tutte le riforme “senza vincoli” da parte dell'Europa. E a proposito di governo in carica, si sta verificando la sgradevole situazione delle aziende del comparto energia, quelle stanno facendo miliardi di fatturato in più con la guerra e il caro energia, che non stanno versando le somme richieste allo Stato che ha tassato del 40% l’extraprofitto per finanziare le misure. Draghi assicura che “pagheranno tutto. In questo decreto ci sono anche provvedimenti che aumentano fortemente le sanzioni per gli obblighi al pagamento. Se non c'e' una risposta siamo pronti a mettere mano ad altri provvedimenti”. Il presidente del Consiglio calca la mano: “Non è tollerabile che in questa situazione in cui le famiglie sono in difficoltà e le imprese anche, ci sia un settore che sta guadagnando ed elude una disposizione del governo”. Il governo c’è. Appunto. E questa è una bella notizia.

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