@ - Il Washington Post pubblica un editoriale di George Wiegel sulla mancata presa di posizione del Vaticano per la difesa dei diritti umani a Hong Kong e degli auguri.
L’esperto dell’Ethic and Public Policy Center ricorda che Papa Giovanni Paolo II aveva imposto alla Santa Sede una profonda vocazione per la difesa di questi diritti in tutto il mondo. Secondo il quotidiano americano, anche in questa fase sarebbe necessario che il Vaticano facesse sentire la propria voce nel panorama globale. L’analisi di Weigel parte dal presupposto che il Vaticano sia meno intransigente sulle posizioni della Repubblica Popolare Cinese perché ricerca degli scambi diplomatici più solidi. La finalità sarebbe quella di avere voce in capitolo nelle grandi scelte che interessano le potenze mondiali.
Una leggerezza di relazioni con la Cina che il Vaticano porta avanti nonostante diversi fallimenti negli anni Sessanta e Settanta. Frutto di queste relazioni è il patto raggiunto quasi due anni fa sui vescovi cattolici in Cina, che ora hanno un rango quasi ufficiale per il governo di Pechino. Il compromesso è stato raggiunto cedendo al Partito Comunista cinese la possibilità di influenzare la scelta dei prelati più alti in grado.
Limitata la libertà di culto in Cina
Eppure, nonostante questo patto la situazione dei fedeli cristiani in Cina non ha avuto effetti positivi. La libertà di culto è fortemente limitata nel paese e il governo cerca costantemente di convertire le comunità religiose autorizzate all’ideologia del partito. Un esempio di questa dinamica è l’obbligo imposto alle chiese di confessione cattolica di proporre ai fedeli gli insegnamenti del pensiero politico del presidente Xi Jinping.
Le chiese sono ancora sottoposte a saccheggi in Cina, come ogni altro luogo di culto religioso. Ad Hong Kong, gli edifici in cui si celebrano le funzioni cristiane sono sotto il controllo del governo di Pechino che impone una propaganda favorevole alla legge sulla sicurezza nazionale che ha scatenato le rivolte nel paese.
Oltre al silenzio su questi argomenti, l’editoriale di George Weigel critica anche la mancata presa di posizione sulla persecuzione degli auguri.
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