@ - L'AGCM ha avviato un'indagine preistruttoria acquisendo i dati di 3.800 punti vendita sparsi tra centro e sud Italia.
L’Antitrust vuole vederci chiaro. C’è il sospetto, più che fondato secondo alcuni analisti, che in questi due mesi di quarantena e di “obbligo” di acquisto di beni di prima necessità qualcuno abbia provato a lucrarci su. Detto in maniera più chiara, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vuole scoprire se ci sia stato un aumento sospetto dei prezzi, non giustificato dal reale andamento della domanda e dell’offerta.
L’Antitrust ha così avviato un’indagine preistruttoria che vede il coinvolgimento di diverse catene di supermercati e gruppi attivi nel settore della Grande Distribuzione Organizzata. L’obiettivo è quello di accertarsi che gli aumenti alla cassa siano conseguenti a un aumento dei costi sostenuti dagli stessi operatori in fase di approvvigionamento. Il sospetto, come detto, è che qualcuno si sia fatto prendere la mano e, approfittando della situazione, abbia provato a guadagnarci più del dovuto.
Sospetto sfruttamento dell’emergenza sanitaria
In questa prima fase, gli ispettori dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato andranno ad acquisire dati sull’andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all’ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti.
L’obiettivo è piuttosto chiaro. Come si legge nella nota stampa pubblicata sul sito web dell’Autorità garante, l’indagine ha lo scopo di “di individuare eventuali fenomeni di sfruttamento dell’emergenza sanitaria a base dell’aumento di tali prezzi”. Un’accusa piuttosto grave, quella mossa dall’Antitrust e che, se dovesse trovare un effettivo riscontro, potrebbe avere conseguenze tutt’altro che secondarie.
Su chi indaga l’Antitrust
Al momento, ovviamente, siamo solamente nel campo delle ipotesi, ma l’Antitrust non vuole lasciare nulla al caso. L’AGCM ha così chiesto informazioni a oltre 3.800 punti vendita, situati principalmente nell’Italia centro-meridionale.
In queste zone, non interessate da provvedimenti di restrizione degli spostamenti e delle libertà individuali (per intendersi, non si tratta delle cosiddette “zone rosse”), gli aumenti dei prezzi della spesa non sembrano essere immediatamente riconducibili a “motivazioni di ordine strutturale”. Per questo motivo, “l’Autorità ha ritenuto di non poter escludere che tali maggiori aumenti siano dovuti anche a fenomeni speculativi“.
Nello specifico, la richiesta di chiarimenti riguarda alcuni punti vendita delle seguenti catene:
- Carrefour Italia SpA, MD SpA, Lidl SpA, Eurospin SpA, F.lli Arena srl;
- alcune cooperative Conad (Conad Sicilia, Conad Nord-Ovest, PAC 2000, Conad Adriatico, nonché Margherita Distribuzione);
- alcune cooperative e master franchisor Coop (Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno, Coop Centro Italia, Coop Liguria, Novacoop, Coop Alleanza 3.0, Tatò
- Paride);
- diversi Ce.Di. aderenti a SISA (p.es. SISA Sicilia), SIGMA (p.es. Ce.Di. Sigma Campania) e CRAI (p.es. CRAI Regina srl).
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