@ - di Luigi Ripamonti
Sebbene la pandemia di Covid sia ancora in corso, volendo dare uno sguardo al futuro prossimo che cosa possiamo aspettarci che cambi nella gestione della salute? «Fino a che non avremo un vaccino o una cura risolutiva dovremo rispettare le attuali regole di distanziamento e di protezione nell’accesso alle strutture sanitarie» risponde Walter Ricciardi, professore di Igiene all’Università Cattolica di Roma, rappresentante italiano del Comitato tecnico dell’Oms e consigliere del ministro della Salute.
Gli accessi ai Pronto Soccorso sono per forza di cose diminuiti molto in questo periodo. Non crede che abbiamo capito che non è sempre necessario andarci per problemi che potrebbero essere gestiti altrove o altrimenti?
«Non credo se non sarà rivista la gestione del Servizio sanitario nazionale. Il sistema non potrà continuare a girare solo sull’ospedale come perno principale. Ne saranno necessari altri due: uno costituito da una medicina territoriale organizzata, fatta di distretti, ambulatori, assistenza domiciliare, residenze sociosanitarie, che in alcune parti del Paese non esistono proprio o sono molto insufficienti e un altro rappresentato da tutto quello che potrà essere fatto a casa. E anche il ruolo dei medici di medicina generale dovrà essere ripensato all’interno di un sistema come questo».
Sarà possibile realizzare una struttura di questo genere in modo omogeneo in tutto il Paese?
«No se continueremo ad avere, di fatto, 21 realtà regionali diverse come ora. La pandemia ha messo chiaramente in evidenza che in questo modo la risposta è troppo differenziata per essere efficace».
Come sarà organizzata la gestione dei casi di Covid nel prossimo futuro, fino a quando l’emergenza non sarà davvero finita?
«Ci dovremo riorganizzare innanzitutto con ospedali Covid in modo che i malati siano trattati senza rischio di contagiare altri settori dell’ospedale e, poi, da lì, altrove».
Quando sarà finita l’emergenza che cosa ce ne faremo dei posti di terapia intensiva che sono stati creati, e che costano molto?
«La pandemia ha dimostrato che, comunque, era necessario averne più di quelli di cui disponevamo, quindi molti rimarranno. Gli altri potranno essere convertiti a terapia sub-intensiva, di cui comunque c’è necessità».
A livello mondiale quanto cambierà, se cambierà, il coordinamento contro la pandemia?
«Se dopo questa emergenza ci sarà una volontà politica forte ci saranno dei cambiamenti. A livello europeo c’è da chiedersi, per esempio, se ha senso l’attuale organizzazione, senza un vero ministro della salute europeo che coordini le politiche sanitarie comunitarie. A livello mondiale bisognerebbe invece attribuire all’Oms non solo potere normativo ma anche operativo, specie per aiutare gli Stati più in ritardo».
Ci possiamo aspettare un aumento del ricorso alla telemedicina?
«Certo, è già nei fatti e diventerà una certezza a breve».
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