@ - Il compromesso raggiunto dall’Eurogruppo, che aveva ricevuto il mandato a trovare un accordo con le proposte economiche per rispondere all’emergenza coronavirus dopo il nulla di fatto del Consiglio europeo tra i capi di Stato e di governo del 26 marzo, è composto da 23 punti. L’Europa rende disponibili circa mille miliardi di euro di risorse: 500 miliardi subito, altri 500 miliardi in un futuro prossimo attraverso il lancio di un fondo per la ripresa o Recovery plan con «strumenti finanziari innovativi» non meglio specificati.
L’intesa, raggiunta faticosamente dopo una maratona di due giorni, intervallati da una pausa di 24 ore, non ha vincitori e vinti, ma come tutti i compromessi assomiglia piuttosto a un pareggio, dove tutti i Paesi possono portare qualcosa a casa. La parola eurobond, fortemente voluti dall’Italia ma respinti da Olanda e Germania, non compare mai nel testo. Però non vengono esclusi del tutto. Indicando il lancio di strumenti innovativi, si lascia infatti la porta aperta alla possibilità di creare prodotti di debito europeo, garantiti quindi dall’Unione e non da più da un singolo Paese. L’Eurogruppo scrive che i nuovi strumenti avranno una durata limitata nel tempo e saranno alimentati con misure «innovative». Non si dice però quali siano. Se ne parlerà nei prossimi mesi. Ma il tempo in questo momento è la variabile cruciale.
Il ministro delle Finanze olandese Woepke Hoekstra tira acqua al suo mulino: «C’è una maggioranza contro gli eurobond e la condivisione del debito all’Eurogruppo. È stato fatto questo testo che è «deliberatamente vago» e riguarda gli strumenti finanziari innovativi. Ognuno ci può leggere quello che vuole, ma è importante non ingannare noi stessi: è impossibile leggerci qualcosa che si riferisca ad una condivisione del debito», afferma. «Sta ai leader discuterne, se vogliono. Ma mi aspetto» che non voli.
L’Italia lo sa bene. Sul Recovery plan «ci sarà la battaglia più dura» in Europa, dichiara il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, commentando l’accordo raggiunto. «Alcuni Paesi si oppongono alla proposta, ma noi siamo riusciti a metterla sul tavolo. Daremo battaglia al Consiglio europeo. E saremo molto determinati». Insomma: Nord-Sud Europa, zero a zero e palla al centro. Semmai, è la Francia, che ha proposto l’idea dei Recovery bond, a poter rivendicare una vittoria, ma solo d’immagine.
L’altro punto cruciale dell’accordo è l’uso del Meccanismo europeo di stabilità o fondo salva Stati. Per i Paesi del Nord, il Mes era lo strumento principale a cui attingere per far fronte alla crisi del coronavirus. L’Olanda avrebbe voluto legare le linee di credito a una forte condizionalità, cioè prestiti in cambio di riforme e rigidi controlli, come è avvenuto in passato per la Grecia. La Germania era più morbida e fin dalla vigilia, attraverso il suo ministro delle Finanze Olaf Scholz, aveva aperto alla non condizionalità delle linee di credito del Mes, escludendo quindi qualsiasi intervento della Troika, cioè la supervisione di Commissione Ue, Bce e Fmi, in caso di aiuti, ma con erogazioni limitate. La posizione dell’Italia, come sempre, era più variegata: il no assoluto sul ricorso al Mes da parte del M5S era accompagnato dalla disponibilità del ministro Gualtieri ma senza condizionalità.
In questo caso ha vinto Berlino: il Mes e la sua dotazione pari a 410 miliardi viene messo a disposizione dell’emergenza Covid-19 senza condizioni, ma soltanto per i costi diretti e indiretti dell’emergenza sanitaria, e solo per il 2% del Pil di ogni Paese, che per l’italia equivale a circa 36 miliardi. All’indomani dell’accordo, l’opposzione con Giorgia Meloni e Matteo Salvini gridano al tradimento. Ma c’è malumore anche nel Movimento 5 Stelle. Perciò, dopo fonti del ministero delle finanze che fanno subito filtrare che l’Itlaia non farà ricorso al Mes, interviene Gualtieri per fare chiarezza. « Il Mes già esiste e ci sono le condizionalità, cioè il controllo della troika — spiega il ministro —. L’Eurogruppo ha proposto, e non deciso, che il Mes possa offrire, oltre al meccanismo della troika, anche uno strumento incondizionato dal quale, i Paesi che lo vorranno, non l’Italia, potranno prendere dei soldi senza condizione. L’Italia e il premier Conte hanno detto e ripetuto che il Mes non è adatto affrontare la crisi». Gualtieri non lo dice, ma se lo strumento non ci aiuta, per Roma è una mezza sconfitta.
La Bei scende in campo con un fondo di garanzia paneuropeo di 25 miliardi, che potrebbe sostenere 200 miliardi di finanziamenti per le imprese con un focus sulle piccole e medie imprese in tutta l’Unione. L’intervento è benvenuto ma insufficiente pensando ai danni profondi che la chiusura prolungata sta provocando proprio alle imprese più piccole e quelle con minore accesso al credito. Perciò su questo punto non ci sono veri vincitori.
Chi perde veramente, ancora una volta, è l’Europa. Nel comunicato finale
l’Eurogruppo riconosce la necessità di una «strategia coordinata e globale» per far fronte alla pandemia di Covid 19, che costituisce «una sfida senza precedenti con conseguenze socio-economiche molto gravi» e si impegna a fare «tutto il necessario per affrontare questa sfida in uno spirito di solidarietà». Ma la verità è che il piano approvato, che deve avere il via libera del Consiglio europeo include «iniziative a breve, medio e lungo termine» e non tutti gli strumenti indicati sono nuovi, perché le diverse misure sono già state adottate a livello nazionale e dell’Unione europea. Perciò è solo un primo passo, non ancora sufficiente, per sostenere le economie dei Paesi più colpiti dal virus come Spagna e Italia, che sono anche quelli con minore spazio di manovra fiscale.
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