L'andamento dell'emergenza Coronavirus in Italia è sotto la lente d'ingrandimento, e intanto in molti pensano all'uscita dalla lunga apnea da Covid-19. Un po' tutti ci auguriamo che le restrizioni vengano tolte, o almeno addolcite, in fretta, ma per il Governo la decisione non è certo facile, nonostante il pressing del mondo produttivo.
Il freno lo tira il mondo scientifico: durerà almeno 6-8 mesi, secondo Alessandro Vespignani, mentre per Massimo Galli prima vanno preparate linee di diagnostica, per evitare nuovi focolai. L'Oms, con Ranieri Guerra che già ieri avvertiva: "Il calo è ancora lento, ripartire è rischioso", è in primo piano sulla linea della prudenza. E stamattina ad Agorà su Rai tre mette il turbo alle paure di medici e infettivologi. Soprattutto sulla ventilata ipotesi di aperture diverse da Regione a regione.
Ranieri Guerra dell'Oms (ImagoE)
E' consigliabile un'apertura diversa da Regione a Regione?
"No, io consiglio una riapertura una volta fatta la valutazione esatta del rischio - spiega Guerra, vicedirettore generale iniziative strategiche Oms - Una volta che si sappia esattamente come il rischio sta circolando perché non lo sappiamo". E sottolinea: "Sono tutte stime basate sull'intasamento ospedaliero e sul numero dei tamponi fatti, ma il denominatore deve essere la popolazione vera, non i tamponi fatti. Quindi l'indagine che il governo sta lanciando sull'epidemiologia della nazione in questo momento e nelle prossime settimane, ci dirà esattamente a che punto siamo".
E' ipotizzabile una riapertura il 4 maggio?
"Non deve chiederlo a me, dipende dalla politica - chiosa Guerra - La scienza e la ricerca forniscono elementi che sono vicini alla certezza, e la scienza consiglia estrema cautela in questo momento". Cautela perché, specifica, serve "una conoscenza che ancora non abbiamo sulla circolazione vera del virus nella popolazione". Quindi, bisogna considerare "l'ipotesi di un'apertura progressiva che tenga in considerazione come prioritaria la filiera economico-produttiva".
Ma anche in questo caso, ha ammonito, "la valutazione del rischio deve essere complessiva non è esclusivamente legata al posto fisico dove una persona lavora, bisogna considerare che le persone ad esempio prendono mezzi pubblici. Quindi, nelle aziende bisogna modulare una modalità diversa di lavoro, garantendo il distanziamento. Si tratta - insiste - di una misura che deve tenere conto del movimento delle persone, dal momento in cui si esce da casa a quello in cui si arriva al lavoro e poi si torna a casa".
L'uso delle mascherine contro il Covid-19
L'Oms "continua a raccomandare un uso specifico di un certo tipo di mascherine per il personale sanitario e per quello in prima linea, quello che ha maggior rischio di potersi contaminare. L'uso generalizzato delle mascherine in qualche misura risponde al desiderio della popolazione di vedersi proteggere e vedersi protetta, non c'è niente di male", risponde Guerra Poi, "dipende da che tipo di mascherina e soprattutto" bisogna evitare che "l'uso delle mascherine possa dare un falso senso di sicurezza perché quello che conta è ancora il distanziamento e il non tossire e starnutire in faccia alla gente, lavarsi le mani, questa è una cosa banale ma è un presidio fondamentale". "La mascherina da sola non protegge - chiarisce - la mascherina con tutte le altre misure è un altro discorso".
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