@ - L'Ue offre pieno sostegno ad Atene e Sofia, mentre il premier bulgaro e una delegazione americana incontreranno nei prossimi giorni il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan. Ma l'Onu condanna le politiche della Grecia e i respingimenti. Erdogan: "Presto arriveranno milioni di rifugiati in Europa".
È sempre più grave l’emergenza migratoria al confine tra Turchia, Grecia e Bulgaria, dopo che il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha aperto la strada verso l’Europa ai quasi 4 milioni di rifugiati ospitati da Ankara. Le popolazioni greche al confine con il Paese sul Bosforo stanno cercando di impedire l’entrata alle circa 117mila persone ammassate alla frontiera, secondo i numeri forniti da Ankara, dove Atene ha dispiegato l’esercito.
A Lesbo, gli abitanti insultano e aggrediscono giornalisti, personale delle organizzazioni internazionali e polizia e cercano di impedire gli sbarchi di disperati in arrivo dalla Turchia. Uno dei gommoni che tentava di attraccare sull’isola, avvicinato da una nave della Guardia Costiera greca secondo quanto riporta Cnn.gr, si è ribaltato: nel naufragio è morto un bambino, mentre 46 persone sono state portate in salvo. E il presidente turco torna a lanciare messaggi minacciosi nei confronti di Bruxelles: “Da quando abbiamo aperto i nostri confini, il numero di migranti diretti in Europa è di centinaia di migliaia. Presto sarà nell’ordine di milioni“. L’Unhcr contro la Grecia: “Uso eccessivo e sproporzionato della forza”.
“Il nostro consiglio di sicurezza nazionale ha deciso di innalzare a massimo il livello di protezione alle frontiere”, ha detto il premier Kyriakos Mitsotakis al termine di una riunione di governo. Una scelta presa poche ore dopo l’annuncio di Erdoğan di voler inviare nuovi rifugiati in Europa, violando gli accordi stipulati tra Ue e Ankara sulla gestione dei flussi migratori dalla Siria, come arma per stimolare l’intervento di Washington e Bruxelles nella battaglia di Idlib contro il governo di Damasco, supportato da Russia, Iran e Hezbollah libanesi.
Atene ha quindi deciso di rafforzare le pattuglie alle frontiere marittime e terrestri e di sospendere le richieste di asilo per coloro che entreranno illegalmente nel Paese, ha spiegato il portavoce del governo Stelios Petsas. A sostenere la Grecia nel contenimento dei flussi arriva anche Frontex, l’agenzia europea per il controllo dei confini, che ha avviato un intervento rapido alle frontiere marittime nell’Egeo. Il direttore esecutivo, Fabrice Leggeri, ha concordato oggi l’attività, dopo che ieri sera Atene aveva avanzato richiesta ufficiale.
“Sostegno per gli sforzi che la Grecia sta mettendo in campo per proteggere i confini europei” è arrivato dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha anche annunciato che martedì si recherà in visita al confine tra Grecia e Turchia insieme al primo ministro greco. Tutti e tre i presidenti Ue (Parlamento, Commissione e Consiglio) martedì raggiungeranno la frontiera terrestre tra Grecia e Turchia.
L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, ha convocato per la prossima settimana una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri degli Esteri Ue per discutere della situazione venutasi a creare sia al confine tra Grecia e Turchia chee in Siria. La riunione straordinaria, sottolinea Borrell, “sarà l’occasione per focalizzarci sugli ultimi sviluppi e continuare a lavorare congiuntamente su tutti i fronti. Dobbiamo assicurare che la nostra azione comune abbia il più alto impatto possibile per affrontare adeguatamente la crisi e contribuire alla ricerca di una soluzione politica”. “L’Unione – ha aggiunto riferendosi alla nuova escalation a Idlib – deve raddoppiare i suoi sforzi per affrontare questa terribile crisi umanitaria con tutti i mezzi a sua disposizione. Parallelamente continuiamo a seguire attentamente la situazione dei migranti alle nostre frontiere esterne. L’accordo tra Ue e Turchia deve essere confermato, mentre l’Unione è impegnata a sostenere la Grecia e la Bulgaria nell’affrontare questa nuova situazione”.
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha manifestato contrarietà riguardo alla decisione del presidente Erdogan, spiegando di riconoscere “che la Turchia si trova in una situazione difficile riguardo ai profughi, ma quanto vediamo non può essere una soluzione. Stabiliremo una discussione più intensa per capire dove occorre maggiore sostegno, ricordando che abbiamo un accordo in corso, che riteniamo sia la giusta base per iniziare il dialogo. Presto il commissario Lenarcic sarà alla frontiera turca, a Gaziantep, per valutare la situazione.
L’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr) ha invece condannato le azioni dei soldati greci al confine con la Turchia, sostenendo in una nota che “tutti gli Stati hanno il diritto di controllare le loro frontiere e gestire i movimenti irregolari, ma allo stesso tempo devono astenersi dall’uso eccessivo e sproporzionato della forza“. E critica il governo di Atene anche per la decisione di sospendere la concessione dell’asilo politico: “Né la Convenzione del 1951 sulle status dei rifugiati, né le leggi dell’Ue rappresentano una base legale per sospendere le domande di asilo”.
Discussione che potrebbe avere luogo in primis a Sofia, in Bulgaria. I media locali scrivono che è in programma un vertice straordinario tra i rappresentanti dell’Unione europea e quelli turchi proprio per discutere della nuova crisi migratoria. Tutti i leader europei concordano sul tenere una riunione congiunta con Erdogan, scrive il sito 24 Chassa. All’incontro dovrebbero partecipare il primo ministro croato, Andrei Plenkovic, che detiene attualmente la presidenza dell’Ue, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, che sarà il prossimo presidente Ue. Tra gli obiettivi c’è un incontro diretto tra Erdogan e il premier greco volto a superare la tensione tra i due Paesi.
Incontri bilaterali sono in programma anche ad Ankara tra il presidente turco e il primo ministro Bulgaro, Boiko Borisov, e anche una delegazione americana. A far parte del gruppo di Washington, secondo quanto rivelato da fonti diplomatiche, saranno anche l’inviato speciale degli Usa per la Siria, James Jeffrey, e l’ambasciatrice americana all’Onu, Kelly Knight Craft.
Il Sultano ha però rinnovato il suo messaggio all’Europa: “Pensavano che stessimo bluffando, ma quando abbiamo aperto le porte sono cominciate ad arrivare le telefonate”, ha dichiarato. “Ho detto loro che ormai è fatta. Adesso dovrete prendervi la vostra parte del fardello“. Il presidente, parlando ai membri del partito di governo, ha aggiunto che “il periodo dei sacrifici unilaterali in favore dei rifugiati è finito. Conduciamo una battaglia il cui obiettivo è di regolare la crisi umanitaria innescata dallo spostamento di milioni di siriani verso il nostro Paese e di garantire la sicurezza del nostro territorio”, ha aggiunto ribadendo la volontà di non “chiudere le porte” della Turchia verso l’Ue. “Ci dispiace essere giunti a questo punto, i responsabili di questa situazione sono coloro che si sono sentiti in grado di minacciarci grazie al sostegno di forze esterne”, ha concluso riferendosi all’alleanza tra Bashar al-Assad, Russia, Iran e Hezbollah in Siria.
Il presidente turco ha anche lanciato un messaggio chiaro alla Grecia: “Quelli che oggi usano gas lacrimogeni, granate stordenti, cannoni ad acqua e proiettili di gomma contro i migranti per respingerli, un giorno dovranno pagarne il prezzo davanti alla comunità internazionale”.
Intanto, a Lesbo la popolazione si sta ribellando contro il nuovo flusso di immigrati. Le persone, oltre ad attaccare giornalisti e operatori umanitari, si sono accanite anche contro un pullman della polizia, ferendo un agente. Alcune decine di persone hanno impedito lo sbarco di un gommone nella località di Thermi, dopo che questo, su cui viaggiavano una cinquantina di migranti, tra cui diversi bambini, era già da diverse ore in mare. Questo gruppo ha anche aggredito verbalmente il personale Onu che tentava di assistere i migranti. In un altro incidente, un centro d’accoglienza per migranti in disuso è stato dato alle fiamme.
I servizi segreti interni ed esterni italiani (Aisi e Aise) hanno inviato una relazione al Parlamento in cui rassicurano che non ci sono al momento segnali che i combattenti jihadisti abbiano o stiano utilizzando i canali migratori per raggiungere l’Europa. Nonostante la “possibile contiguità” tra cellule jihadiste presenti nell’area della Tripolitania occidentale e “facilitatori” impegnati nel gestire i migranti che dal Sudan raggiungono Zuwara, in Libia, spiegano, “allo stato attuale non sono state rilevate evidenze circa l’utilizzo strutturale dei canali migratori clandestini per l’invio di jihadisti in Europa”.
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