@ - Altre 13 le misure cautelari, quasi 150 gli indagati. Complice anche un commercialista. Un business da tre milioni di euro con fatture false e contabilità fantasma.
I fratelli di Palermo, Baldassarre e Vincenzo Marino, imprenditori della “Fondi Metal srl”, erano a capo di un maxi traffico di rifiuti. Complice era anche un commercialista, Francesco Patorno, che elargiva consigli su come evadere il fisco e diceva: "Non si deve vedere che ti fa il bonifico". Gli imprenditori sono finiti ai domiciliari, il commercialista è indagato. Con le accuse di traffico illecito di rifiuti, emissione di fatture false e occultamento di documentazione contabile, il gip del tribunale di Palermo ha emesso altre 13 misure cautelari, obbligo di firma e interdittive, a carico di altri imprenditori del settore e raccoglitori di ferro, i cosiddetti “cenciaioli”. Tutti partecipavano allo smaltimento illegale di rottami metallici. Ma sono 146, in tutto, gli indagati per reati ambientali e tributari. Un affare da oltre tre milioni di euro. E’ questa la conclusione di un’indagine dei finanzieri del nucleo di polizia Economico-finanziaria di Palermo e del nucleo speciale di Polizia valutaria, coordinata dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto Andrea Fusco.
Gli accertamenti delle fiamme gialle hanno svelato un complesso meccanismo finalizzato alla gestione di rifiuti metallici al di fuori del circuito legale, mediante l’utilizzo di false fatturazioni. L’indagine si è avvalsa di 45 segnalazioni per operazioni sospette dal sistema antiriciclaggio, verifiche fiscali e intercettazioni telefoniche. Al traffico hanno collaborato dei piccoli imprenditori. Si tratta di titolari di ditte individuali e evasori totali e privi di autorizzazione ambientale. Grazie alle ditte hanno movimentato, nel periodo dal 2014 al 2017, e solo sulla carta, merce per 3,5 milioni di euro. In realtà quella merce non è corrispondente a effettivi conferimenti di materiale.
La principale funzione di queste ditte è stata quella di creare fatture false da consegnare a 6 società, specializzate nella raccolta e trattamento dei rifiuti, con sede a Palermo, Carini e Capaci. Queste ultime, a loro volta avevano la necessità di fornire documenti che giustificassero il materiale acquistato di fatto a prezzi più convenienti da canali non ufficiali, e che una volta lavorato sarebbe stato rivenduto a prezzo di mercato.
Il sistema scoperto dalla Finanza si realizzava attraverso alcuni passaggi. I piccoli imprenditori appartenenti al “primo livello” della filiera, cioè i “cenciaioli”, recuperavano i rifiuti metallici (rame, ferro, ottone, alluminio). Li portavano nelle “piattaforme di raccolta”. I punti di raccolta, il “secondo livello”, emettevano fatture i cui importi non venivano dichiarati al fisco e indicavano quantitativi di materiale ferroso di gran lunga superiori a quelli effettivamente ceduti dai “cenciaioli”. Tutto per consentire alle società che conferivano i rottami di avere una giustificazione cartolare a importanti disponibilità di merce in realtà proveniente da un parallelo circuito illecito. Il pagamento delle fatture avveniva attraverso bonifici o assegni nei confronti dei “cenciaioli”, i quali poi prelevavano in contanti le somme ricevute che provvedevano a restituire alle “piattaforme di raccolta”. Per loro trattenevano un guadagno del 3 per cento. “Un’operazione volta a tutelare chi opera nel settore rispettando la normativa ambientale e fiscale”, spiegano dalla Finanza.
"Le indagini sono partite dall’approfondimento di numerose segnalazioni di operazioni sospette relative alle anomale movimentazioni di contanti - spiega il colonnello Gianluca Angelini, comandante del nucleo.di polizia economico-finanziaria di Palermo - e hanno permesso di ricostruire uno strutturato meccanismo fraudolento finalizzato alla gestione dei rifiuti ferrosi al di fuori dei circuiti legali".
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