mercoledì 15 gennaio 2020

Mercati nervosi nel giorno dell'accordo Usa-Cina: Ue debole, Wall Street da record

@ - Le tariffe attualmente in vigore resteranno valide fino al voto di fine anno. Mnuchin: "Pronti ad alzarle se non rispettano gli impegni". Dubbio su come proseguiranno le relazioni tra le due superpotenze, mentre Wall Street segna nuovi record. Germania: forte calo della crescita nel 2019.

L'incontro Xi-Trump ai tempi del G20 argentino del dicembre 2018

Le Borse europee hanno vissuto con nervosismo l'attesa per la firma decisiva in calce all'accordo commerciale tra Usa e Cina, presentata da Donald Trump come un momento "storico", ragionando sui dubbi emersi sui reali possibili cambiamenti nei prossimi rapporti tra le due superpotenze.

Milano alla fine ha ceduto lo 0,69%, pagando l'effetto-Atlantia, la peggiore del listino principale: secondo indiscrezioni di stampa, il premier Conte avrebbe maturato la decisione di andare avanti con la revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia. Da segnalare Prysmian in linea con il listino principale nonostante il contratto da 38 milioni di dollari annunciato in Messico, e Moncler capace di aggiornare i massimi storici al di sopra dei 42 euro. Incerte anche le altre Borse del Vecchio continente: Francoforte ha perso lo 0,3%, Parigi lo 0,2% mentre Londra ha tenuto in rialzo dello 0,2%.

Differente l'umore a Wall Street, con il Dow Jones capace di aggiornare i propri massimi: quando gli scambi Ue chiudevano, l'indice principale era in rialzo dello 0,6%. Guadagno dello 0,4% per lo S&P500 e dello 0,45% per il Nasdaq. Prosegue la stagione delle trimestrali, con BofA sopra le attese e Goldman Sachs che delude gli analisti.
Questa mattina le azioni alla Borsa di Tokyo hanno chiuso in ribasso mercoledì. L'indice Nikkei dei maggiori 225 titoli ha perso 108,59 punti, ovvero lo 0,45 per cento, per chiudere a 23.916,58. Il più ampio indice Topix è sceso di 9,47 punti, ovvero lo 0,54 per cento, per terminare a 1.731,06 punti. Il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, ha detto che non esiterà ad allentare ulteriormente la propria impostazione di politica monetaria apportando gli adeguamenti necessari per raggiungere il suo obiettivo di inflazione del 2%, anche considerando i rischi delle principali economie mondiali. Intanto un'azione è arrivata dalla Banca centrale cinese che ha iniettato 300 miliardi di yuan (39,09 miliardi di euro) nel sistema finanziario attraverso meccanismi di rifinanziamento a medio termine senza alterare i tassi di interesse, al 3,25% sui prestiti a un anno.

Sul fronte valutario, l'euro ha chiuso in rialzo: guadagna terreno sia sul dollaro in zona 1,1150 sia sullo yen a circa 122,65. Stabile sul filo di quota 110 il cross tra il biglietto verde e la divisa nipponica. Lieve riazo finale per lo spread tra Btp e Bund. Il differenziale tra titoli di Stato segna 159 punti rispetto ai 157 di ieri in chiusura di giornata. Il rendimento del titolo decennale italiano è rimasto poco sotto l'1,4 per cento. Secondo la Bloomberg, il nuovo Btp trentennale offerto agli investitori dal Tesoro ha ricevuto ordini record per oltre 44 miliardi, che superano il precedente record di 41 miliardi dello scorso anno.

Gli economisti hanno preso nota della brusca frenata dell'economia tedesca: nel 2019 il Pil è cresciuto soltanto dello 0,6%. Molto meno del 2018 e del 2017, quando segnò rispettivamente una crescita dell'1,5% e del 2,5%. Lo ha riferito il Destatis, istituto di statistica federale. Si tratta della crescita più bassa degli ultimi sei anni. In Italia, invece, Palazzo Koch ha tracciato una leggera discesa del debito pubblico a novembre. L'Ocse ha tracciato invece una disoccupazione stabile nell'area di riferimento, al 5,1%, e al 7,5% nella zona euro.

Con l'incertezza sul fronte azionario sono tornate in rialzo le quotazioni dell'oro: alla chiusura della seduta europea il metallo spot segnava un guadagno dello 0,25% a 1.550 dollari l'oncia. Invece il petrolio era in calo (-0,9% sia il Brent che il Wti) alla luce dei dati di un incremento delle scorte Usa. L'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) ha però alzato le stime sulla domanda mondiale di greggio nel 2020.

Nessun commento: