martedì 17 dicembre 2019

Preti pedofili, Papa Francesco abolisce il segreto pontificio: così agevola la giustizia civile

@ - L'annuncio di Bergoglio nel giorno del suo 83esimo compleanno. I magistrati civili degli altri Paesi potranno finalmente avere accesso agli atti dei processi canonici.


La decisione è storica, Francesco ha abolito il segreto pontificio per le cause canoniche di abusi sessuali su minori. «Non sono coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni», si legge nell’Istruzione «Sulla riservatezza delle cause» diffusa nel giorno dell’83esimo compleanno del Papa. Nel testo si legge anche che «a chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa». Come spiega il giurista Giuseppe Dalla Torre, già presidente del Tribunale Vaticano, il provvedimento «riguarda sia le procedure che si svolgono in sede locale, sia quelle che hanno luogo a Roma, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede». Resta il «segreto d’ufficio», come in ogni ordinamento giuridico, ma l’Istruzione del Papa stabilisce che «il segreto d’ufficio non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo alle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili». Questo significa che i magistrati civili degli altri Paesi potranno finalmente avere accesso agli atti dei processi canonici.

«Il bene dei bambini prima di qualsiasi segreto»
«Le denunce, le testimonianze e i documenti processuali relativi ai casi di abuso conservati negli archivi dei Dicasteri vaticani come pure quelli che si trovano negli archivi delle diocesi, e che fino ad oggi erano sottoposti al segreto pontificio, potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiedano. Un segno di apertura, di disponibilità, di trasparenza, di collaborazione con le autorità civili», dice Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero vaticano per la comunicazione: «Il bene dei bambini e dei ragazzi deve sempre venire prima di qualsiasi tutela del segreto, anche di quello “pontificio”. Il rescritto, ovviamente, non intacca in alcun modo il sigillo sacramentale, cioè il segreto della confessione, che è tutt’altra cosa dal segreto pontificio sugli atti e le testimonianze. Né significa che i documenti dei processi debbano diventare di dominio pubblico e siano dunque destinati alla divulgazione. La riservatezza per le vittime e per i testimoni dovrà essere sempre tutelata. Ma ora la documentazione dovrà essere messa a disposizione delle autorità civili per le indagini riguardanti i casi già interessati da un procedimento canonico».

Il segreto pontificio
La svolta segue quella decisa con il Motu Proprio Vos estis lux mundi, «Voi siete la luce del mondo», firmato da Papa Francesco il 7 maggio contro i crimini pedofili e gli abusi sessuali. Nel «Rescriptum» cui è allegato il testo, tra l’altro, si stabilisce che il reato di pedopornografia, ovvero «l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche», sussiste fino a quando i soggetti ripresi nelle immagini hanno 18 anni, e non solo 14 com'era finora. Anche in questo caso, il testo è la conseguenza dell’incontro planetario sulla protezione dei minori che si è riunito in Vaticano a febbraio. Con il Motu Proprio di dieci mesi fa, il Papa aveva previsto tra l’altro l’obbligo di aprire entro un anno sportelli pubblici in ogni diocesi del pianeta, per raccogliere le denunce di abusi sessuali, e l’obbligo per preti, religiosi e religiose di «segnalare tempestivamente» ogni crimine alle autorità ecclesiastiche. Coperture e insabbiamenti venivano inoltre definiti come categoria specifica di crimine. Restava la questione del segreto pontificio. L’arcivescovo Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della fede e uomo di punta del Vaticano nella lotta alla pedofilia, parla di «decisione epocale» e spiega tra l’altro a Radio Vaticana e Vatican News: «Finora la vittima non aveva l’opportunità di conoscere la sentenza che faceva seguito alla sua denuncia, perché c’era il segreto pontificio. Anche altre comunicazioni venivano ostacolate, perché il segreto pontificio è un segreto di altissimo livello nel sistema di confidenzialità nel Diritto canonico. Adesso viene facilitata anche la possibilità di salvaguardare la comunità e di dire l’esito di una sentenza».

La denuncia del cardinale Marx
La denuncia era arrivata dal cardinale tedesco Reinhard Marx, uno dei consiglieri più stretti del Papa: «I dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati. Invece dei colpevoli, a essere riprese sono state le vittime ed è stato imposto loro il silenzio. Le procedure e i procedimenti stabiliti per perseguire i reati sono stati deliberatamente disattesi, e anzi cancellati o scavalcati. I diritti delle vittime sono stati di fatto calpestati e lasciati all’arbitrio di singoli individui. Sono tutti eventi in netta contraddizione con ciò che la Chiesa dovrebbe rappresentare». Così il cardinale aveva chiesto l’abolizione del «segreto pontificio», definito dal documento «Secreta continere» del 1974: la «trasparenza», aveva detto, si deve accompagnare alla «tracciabilità» delle «procedure amministrative», in modo che chiunque possa sempre sapere «chi ha fatto che cosa, quando, perché e a quale fine, e che cosa è stato deciso, respinto o assegnato». E aveva aggiunto: «Ogni obiezione basata sul segreto pontificio sarebbe rilevante solo se si potessero indicare motivi convincenti per cui il segreto pontificio si dovrebbe applicare al perseguimento di reati riguardanti l’abusi di minori. Allo stato attuale, io di questi motivi non ne conosco».

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