mercoledì 18 dicembre 2019

Preti pedofili, le voci di chi ha subito abusi: «Tanti vescovi contro il Papa»

@ - Juan Carlos, Marie, Francesco, dal Cile all’Italia, ecco le voci di chi ha subito abusi:

«Da oggi nessuno di noi si deve sentire più solo»

«Come vittima e sopravvissuto, ringrazio il Papa per il suo coraggio. Io so che nella Curia e in tutto il mondo ci sono cardinali e vescovi contro di lui, gente che finora si è nascosta dietro il segreto pontificio — leggi l’approfondimento su che cos’è — per coprire il terrore e insabbiare. È caduta una muraglia oscura». Al telefono con il Corriere, la voce di Juan Carlos Cruz, 56 anni, suona sollevata prima che felice, come si fosse tolto un peso. Era ancora un adolescente quando subì abusi dal sacerdote pedofilo seriale Fernando Karadima, spretato da Francesco l’anno scorso. Potente e temuto fin dagli anni di Pinochet, nella parrocchia di El Bosque a Santiago, Karadima è all’origine degli scandali che hanno devastato la Chiesa cilena, una delle prove più difficili del pontificato. Con altre due vittime di Karadima, un anno e mezzo fa, Cruz era stato ricevuto da Francesco a Santa Marta, «voglio che nessuna vittima si senta più sola». Le denunce erano rimaste inascoltate per anni, vescovi e cardinali cileni gli davano del calunniatore. «Ne avevamo parlato al Papa, certo. Ma come noi, tante vittime non hanno smesso di chiedere l’abolizione del segreto pontificio. Così si fa giustizia e trasparenza».
Considerazioni che si ripetono, in chi ha patito violenze e incredulità. Alessandro Battaglia, 22 anni, vorrebbe non pensarci più. «Si figuri che neanche lo sapevo. Però sono contento, chiaro. Lo chiedevamo da anni. Certo i vescovi non hanno più scuse, ora: non potranno insabbiare con la scusa che rischiano la scomunica». Alessandro era un ragazzino legato alla sua parrocchia, a Rozzano, diocesi di Milano. «Andavo in oratorio ogni giorno, ero uno scout, cantavo nel coro, i miei amici erano lì: a quindici anni, per me, l’oratorio era tutta la vita», raccontava nei giorni dell’incontro in Vaticano per la protezione dei minori. Lo ha ripetuto fin da quella notte: «Sono stato abusato alla fine del 2011 da don Mauro Galli». Don Galli è stato condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi. Ma intanto sono passati anni di inerzia, coperture. «La Chiesa è così, una macchina lentissima, però bisogna apprezzare le cose positive, e questa decisione lo è». Una decisione che ha fatto il giro del mondo. La signora Marie Collins, irlandese di Dublino, aveva tredici anni quando fu abusata da un sacerdote negli anni Sessanta. Nel 2014 fu nominata da Francesco nella prima Commissione antipedofilia, tre anni più tardi si dimise contro le resistenze vaticane. Ora commenta, asciutta: «Una notizia eccellente. Lo avevamo raccomandato durante il primo mandato della commissione, è bello vedere che è stato applicato. Finalmente un cambiamento reale e positivo».

Anche Miguel Hurtado, 36 anni, ha l’aria sollevata: «Una buona notizia, una richiesta storica delle organizzazioni di vittime dei preti pedofili». La sua storia riguarda il monastero di Montserrat, in Catalogna. «Avevo sedici anni, fui abusato da un monaco benedettino, Andreu Soler, che guidava il nostro gruppo scout». Anche qui denunce ignorate, silenzi. Ora sospira: «Mai più casi trattati in segreto. I vescovi devono collaborare con la giustizia e consegnare i documenti interni». Si vedrà. Francesco Zanardi, fondatore di «Rete l’Abuso», osserva: «La Procura di Roma ha mandato una rogatoria per acquisire gli atti del fascicolo di don Gabriele Martinelli sugli abusi nel preseminario San Pio X, il collegio dei chierichetti del Papa. Ora vedremo l’efficienza della norma». Zanardi ha 48 anni, ne aveva undici quando a Spotorno fu violentato dal viceparroco, «si chiamava don Nello Giraudo, andò avanti tre anni». Resta la faccenda dell’obbligo di denuncia alle autorità civili, che in Italia non c’è per i preti: «Ma questa è una vergogna italiana: è il nostro Stato a doverlo disporre, almeno per i vescovi».

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