@ - Dalla crisi del C9 agli scandali dei monsignori incaricati in Vaticano: il "cerchio magico" del Papa è tutt'altro che immune a critiche. E la Chiesa di Bergoglio è lontana dalla svolta auspicata.
Doveva essere il pontificato della svolta francescana, quello dove tanto il Papa quanto gli alti ecclesiastici sarebbero stati al riparo dagli scandali dei tempi precedenti.
Ma non è andata proprio così. Pauperismo, ecologia integrale e prossimità politica con i movimenti popolari sono tra i nuovi paradigmi, ma le gerarchie del Vaticano, almeno in relazione ad alcuni esponenti, continuano ad essere attenzionate dalle cronache per motivi non auspicati o comunque opinabili rispetto alla missione originaria della Chiesa cattolica.
Esistono almeno due livelli di collaborazione ecclesiastica che sfiorano l'operato di Jorge Mario Bergoglio: c'è il "fronte bergogliano" per prossimità dottrinale e quello composto dalle persone che il Santo Padre ha selezionato sua sponte per incarici di vertice. Entrambi questi emisferi sono balzati agli onori delle cronache.
In relazione al primo elenco, sappiamo quale sia la ricostruzione dei tradizionalisti: Jorge Mario Bergoglio sarebbe stato eletto da chi intende imprimere una svolta progressista alla Ecclesia. Eppure la "filiera americana" dei cardinali Wuerl, Farrell, Tobin, Cupich, quelli che farebbero parte del naturale seguito teologico-pastorale dell'ex cardinal McCarrick, gli stessi che he avrebbero avuto un ruolo centrale nel passato Conclave, non è stata immune a critiche. McCarrick, com'è noto, è stato persino scardinalato per via di uno scandalo legato agli abusi.
E il fatto che gli altri alti ecclesiastici americani e progressisti, quelli che sono comunemente considerati di sinistra, ricoprano ancora ruoli di vertice è stato a sua volta rimarcato dai più conservatori mediante disamine piccate. C'è anche un caso Donald Wuerl: il porporato si è dimesso dall'incarico che ricopriva a Washington, quello di arcivescovo, per una presunta "cattiva gestione".
Poi c'è il C9: l'organo ristretto che l'ex arcivescovo ha voluto sin da subito con il fine di riformare nel profondo la Curia romana. Sono nomi che lo stesso pontefice argentino ha individuato per mettere in atto il suo progetto di riforma. Bene, ora il C9 si chiama C6, perché tre esponenti si sono dimessi: il cardinale George Pell, che in realtà è considerato un conservatore, è stato condannato in primo grado per abusi in Australia; il cardinale Errazuriz, cileno, è stato chiamato in causa nella sua nazione per il "collasso morale" della Chiesa cilena; il terzo a dimettersi è stato il cardinal Mosengwo, che si sarebbe defilato per occuparsi in maniera più certosina di quello che accade nella sua nazione, ossia il Congo. Comunque sia, la composizione iniziale, quella pensata dal vescovo di Roma, non c'è più.
Volendo aggiungere altro, si può parlare del vertice del C9, ossia del cardinal Maradiaga: in questo caso si tratta di voci ventilate, ma anche questo cardinale è finito al centro di una ricostruzione giornalistica secondo cui sarebbe associabile ad "alcuni investimenti milionari in società londinesi poi scomparse nel nulla".
Un'altra stratificazione ecclesiastica spesso tirata in ballo dalle cronache è quella in cui è possibile ascrivere alcuni monsignori che Papa Francesco ha voluto "premiare": dal vescovo argentino Zanchetta, che ora è all'Apsa ma che è accusato di abusi, a monsignor Parra, del quale abbiamo già parlato in funzione di un dossier che parla di "condotte immorali" e che adesso è il sostituto della segreteria di Stato.
Le narrazioni che circolano sono essenzialmente due: o il Santo Padre è mal consigliato - questa è la tesi di chi tende a difendere strenuamente il vertice della Chiesa cattolica - oppure il mandato di Papa Bergoglio è meno rivoluzionario di quello che si prospettava dopo gli annunci seguiti allo scorso Conclave.
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