@ - I giudici capitolini hanno perquisito gli uffici dei professionisti Ambrosini, Gatti e Rocchi, che gestiscono il concordato preventivo del colosso delle costruzioni. Nel mirino i compensi da decine di milioni di euro. Usate intercettazioni che potrebbero terremotare il mondo delle consulenze delle amministrazioni straordinarie. Fonti della magistratura: la procedura deve andare avanti.
Uno tsunami giudiziario si è abbattuto d'improvviso su Astaldi, la grande azienda romana di costruzioni che – a causa del debito miliardario e della crisi del settore – è da mesi in concordato preventivo con riserva.
La procura della Capitale la scorsa settimana ha infatti effettuato perquisizioni e sequestri negli uffici di due commissari della procedura. Il decreto di perquisizione ipotizza per il professore e avvocato Stefano Ambrosini e il collega Francesco Rocchi (il terzo commissario, Vincenzo Ioffredi, ad ora risulta estraneo all'indagine) reati gravi, come la corruzione in atti giudiziari. Non solo: con loro risulta indagato un altro professionista di alto profilo come Corrado Gatti, che – nel concordato Astaldi – ricopre la funzione di soggetto indipendente che deve attestare la bontà del piano di concordato.
L'inchiesta (condotta dai pm Gennaro Varone, Rosalia Affinito, Fabrizio Tucci e coordinata dal sostituto Paolo Ielo) è estremamente delicata. Non soltanto perché la bufera arriva a pochi giorni dalla decisione dei giudici della sezione fallimentare guidata da Antonino La Malfa sull'ammissibilità o meno del piano di concordato.
Ma soprattutto perché Astaldi non è un'azienda qualunque. Con oltre diecimila dipendenti diretti, altre decine di migliaia legate all'indotto, con affari e commesse superiore ai venti miliardi di euro, il salvataggio della spa presieduta da Paolo Astaldi è al centro di interessi economici e politici giganteschi.
In primis, quello di Pietro Salini della Salini-Impregilo, multinazionale che – insieme al governo e Cassa depositi e prestiti – per comprare Astaldi risanata e creare un grande campione nazionale del settore ha lanciato qualche mese fa l'ambizioso "Progetto Italia". Un programma che coinvolgerebbe tra operai e dipendenti mezzo milione di persone e qualcuno ora teme possa subire un brusco stop.
In realtà la procura capitolina sembra non voler mettere affatto a rischio la continuazione della procedura. Distinguendo (come accaduto nell'inchiesta dello Stadio della Roma) le presunte responsabilità individuali dalle operazioni economiche sovrastanti: la speranza dei giudici inquirenti è che, muovendosi come chirurghi, l'esito del concordato - al netto del destino dei commissari e di singole posizioni – non sia al fine influenzato nel merito. E possa andare avanti senza contraccolpi sul mercato.
Andiamo con ordine, partendo dalle accuse ai tre professionisti. Grazie ad intercettazioni telefoniche, i magistrati hanno scoperto rapporti strettissimi tra i commissari e Gatti, cioè l'uomo che avrebbe dovuto attestare in maniera indipendente il loro piano finale per il salvataggio della spa.
Gatti, inoltre, è per funzione colui che propone il compenso dei commissari stessi. Compenso che dovrà essere poi approvato e liquidato definitivamente dai giudici della fallimentare.
Ebbene proprio di denaro, in alcune conversazioni, discutevano Rocchi e Gatti al cellulare. Il commissario, in particolare, chiedeva all'attestatore di usare (per calcolare il compenso degli amministratori) i valori “medi” tabellari previsti, e non quelli “minimi”. Una bella differenza: per un concordato così importante, si tratta di milioni e milioni di euro.
In un primo piano, Gatti usa proprio i valori medi come richiesto dal commissario, per un importo – a favore di Rocchi, Ambrosini e Ioffredi – di circa 36 milioni di euro. Dodici milioni a testa.
Solo in un secondo momento la cifra finale proposta scende a circa 20 milioni di euro. Comunque astronomica (per la cronaca non è ancora stata saldata) ma più vicino ai minimi tabellari. L'ipotesi dell'accusa è che, chiedendo di usare i valori medi in partenza, i commissari avrebbero potuto ottenere una cifra finale – anche se ritoccata al ribasso – comunque altissima.
Le telefonate tra commissari e attestatore – al netto dei reati, tutti ancora da dimostrare – sono di grande interesse, perché evidenzierebbero l'assenza della terzietà sempre necessaria, a maggior ragione in procedure così delicate.
«Chi svolge ruolo di commissario nelle procedure di ammissione al concordato preventivo dovrebbe essere sempre imparziale» spiega una fonte vicina all'inchiesta. «Il problema è che su concordati con valori economici molto alti, il compenso degli amministratori è proporzionale al valore del concordato: il rischio è che i commissari hanno sempre interesse a chiuderlo, con il rischio di essere meno imparziale di fronte all'operazione».
Se il ragionamento vale per tutte le amministrazioni straordinarie e i concordati, nel caso Astaldi alcuni conflitti d'interesse erano stati già denunciati da alcuni debitori della spa e dai consumatori dell'Adoc: Gatti, infatti, siede nel cda di Banca Intesa. Cioè una delle principali banche creditrici di Astaldi.
Ambrosini, Rocchi e Gatti sono indagati per corruzione in atti giudiziari non perché sia coinvolto anche un giudice (in quel caso gli atti dell'inchiesta, per competenza, sarebbero dovuti essere trasferiti a Perugia), ma perché il reato viene contestato a tutti i funzionari indagati che si occupano di procedure giudiziarie, come è un concordato preventivo.
Non è tutto: nelle carte è citato un altro episodio attenzionato dai pm. Protagonisti stavolta sono Ambrosini e un altro commercialista, Marco Costantini, che risulta anche lui iscritto nel registro degli indagati. I pm stanno cercando di capire se alcune telefonate in merito a un incarico professionale costituiscano un altro reato. Costantini è finito sui giornali come “attestatore” del concordato in continuità di Atac, avuto nel 2017.
Vedremo quali saranno gli sviluppi dell'inchiesta. Di certo sia Astaldi sia Salini-Impregilo la seguiranno con grande attenzione: l'ok finale al concordato e il salvataggio di Astaldi è prodromo all'acquisto della spa da parte del colosso guidato da Pietro Salini. E soprattutto del successo dell'operazione “Progetto Italia”, partita a inizio agosto del 2019: l'idea è quella di creare un megagruppo delle costruzioni nazionale, capace di competere con i big mondiali del settore. Con dentro non solo il dominus Salini, ma anche Cdp Equity (che ha deciso ieri di impegnarsi a sottoscrivere anche lei l'aumento di capitale, fino a un massimo di 250 milioni) e le banche creditrici di Astaldi, in primis Intesa, Unicredit e Banco Bpm.
Ma molta attenzione a quello che accadrà sono molti professionisti specializzati in materia di concordati preventivi e ricche amministrazioni straordinarie. Al netto dell'inchiesta sui commissari di Astaldi, il lavoro dei magistrati romani potrebbe infatti aprire un'enorme breccia investigativa in merito al sistema degli incarichi professionali in Italia. In particolare, sulle procedure nelle quali per legge vengono nominati soggetti privati che svolgono poi funzioni pubbliche (amministratori straordinari delle imprese in crisi, appunto, commissari dei concordati, che a loro volta nominano stuoli di consulenti spesso strapagati). Un mondo in cui i conflitti d'interesse sono spesso all'ordine del giorno.
La procura di Roma, che ha operato decine di intercettazioni, potrebbe ora puntare a un nuovo assioma: se qualcuno ha nominato proprio consulente un professionista in una procedura di qualsiasi tipo, e il prescelto ha poi restituito il favore nominandoti consulente in un'altra, potrebbe essere contestato il reato di corruzione. Con l'uso dei trojan – che prima non si poteva usare in inchieste di questo tipo, con la nuova normativa invece sì – sarà più facile trovare le prove del do ut des. E dimostrare che la consulenza è usata come semplice merce di scambio. Di sicuro, in queste ore, sono in tanti a preoccuparsi di quanto avviene nelle stanze di piazzale Clodio e negli uffici del nucleo anti corruzione della Guardia di Finanza.
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