@ - Anziché “Non ci indurre in tentazione” diremo “Non abbandonarci alla tentazione”, più fedele all’originale. Facciamo il punto con il vescovo Claudio Maniago.
Per il “nuovo” Padre Nostro ci siamo quasi ma non ancora. No, non si tratta di un gioco di parole ma di combinare una crescente attesa con le esigenze di precisione e prudenza che accompagnano un cambiamento vero, destinato a incidere nel profondo della vita comunitaria. Come noto infatti l’Assemblea generale della Cei lo scorso novembre ha approvato la traduzione italiana della preghiera insegnata da Gesù in cui la vecchia invocazione: “Non ci indurre in tentazione” viene sostituita da “Non abbandonarci alla tentazione”.
Novità anche per il “Gloria” in cui al posto del “Pace in terra agli uomini di buona volontà” si dirà “Pace in terra agli uomini, amati dal Signore”. Cambiamenti che, ottenuta la confirmatio, cioè il via libera della Santa Sede, rientrano in un lavoro di ben più ampio respiro come la traduzione del Messale Romano, giunto nel 2002 alla sua terza edizione “tipica”, in latino. E la cui consegna, in italiano, alle parrocchie, non dovrebbe tardare più di tanto. «La stampa del Messale è un’operazione molto delicata – sottolinea monsignor Claudio Maniago vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale Cei per la liturgia – perché si tratta del libro più importante della nostra liturgia, che riguarda l’Eucaristia, la Sua celebrazione. L’équipe, la “macchina” chiamata a occuparsene sta lavorando attivamente. Il libro dev’essere solido ma anche facilmente utilizzabile e bello sia sotto il profilo grafico che dell’apparato iconografico. Tutti aspetti che richiedono la massima attenzione».
Una data precisa per la pubblicazione non c’è ancora.
No, si sta lavorando alacremente per averlo quanto prima, però è evidente che trattandosi di un libro così prezioso ci sono dei passaggi tecnici indispensabili, per esempio la correzioni di bozze, da fare anche due o tre volte. In modo da evitare errori.
Perché il Messale è così importante?
Perché è un libro che non soltanto guida la celebrazione ma fa da norma alla stessa. Lì troviamo davvero quello che è indispensabile. Una realtà importante e preziosa come la celebrazione eucaristica non può essere affidata alla fantasia, per quanto fervida, di un sacerdote, di un vescovo, di una comunità ma deve farne emergere l’originalità nell’ambito di una comunione ecclesiale che possa far riconoscere sempre la Chiesa, in ogni celebrazione cui si partecipa.
Questa è la terza edizione del Messale Romano
Esatto, che arriva in italiano circa 16 anni dopo la sua editio typica. Un tempo lungo perché come si sa la traduzione è un lavoro molto delicato e importante, che deve rispettare il senso contenuto nelle parole, che non va tradito. Di qui la necessità del contributo di tante persone. Non bastano un latinista e un italianista ma ci vogliono teologi, biblisti, liturgisti.. E posso dire che per questo lavoro è stata allestita un’équipe di altissimo livello, con alcuni dei migliori specialisti.
Un impegno lungo e complesso che però dimostra l’importanza di lavorare insieme.
Certo, nelle traduzioni si incontrano e confrontano anche differenti scuole di pensiero. Ad esempio quando si tratta di testi biblici sono gli esegeti che in buona parte esprimono pareri e danno indicazioni. Tuttavia per la scelta finale, senza tradire il significato dei testi, si deve arrivare a una formulazione accessibile al popolo di Dio. In particolare per il Padre Nostro l’attenzione si è concentrata soprattutto sulla frase, sull’invocazione “Non indurci in tentazione”. Un passaggio ostico alla comprensione immediata della gente su cui il Santo Padre era più volte intervenuto proprio perché appare contrario al senso della preghiera stessa, al volto paterno di Dio che invece, secondo la precedente formulazione, sarebbe addirittura all’origine del nostro cadere nelle tentazioni. La nuova traduzione recupera la dimensione paterna di un Dio che non ci abbandona neppure nel momento, che non viene risparmiato a nessuno, della tentazione.
Più volte il Papa è intervenuto proprio sulla necessità di una traduzione più adeguata. Il motu proprio “Magnum principium” appare molto significativo in tal senso.
Soprattutto ha ricollocato il giudizio ultimo su una traduzione nel luogo dove anche il Concilio l’aveva messo, cioè la Conferenza dei vescovi, coloro che hanno la prima responsabilità, anche in ordine alla celebrazione, della liturgia. Ha ridato ai vescovi una responsabilità che è loro propria, insita nel carisma episcopale, quella cioè di moderare la liturgia. Anche per questo parlando della traduzione del Messale sono stati importanti i vari passaggi attraverso il Consiglio permanente e l’Assemblea dei vescovi che ha dovuto approvarla pezzo per pezzo fino al sì definitivo del novembre scorso. I documenti precedenti come l’istruzione Liturgiam authenticam che regolava le traduzioni prima dell’ultimo motu proprio avevano invece a cuore soprattutto una grande fedeltà al testo originario, principio che peraltro rimane importante, che non può venire meno nella tradizione ecclesiale.
Anche se il testo della preghiera ora è più in sintonia con quanto insegnato da Gesù, bisognerà vincere abitudini consolidate nel tempo. Vi aspettate un po’ di sconcerto da parte del popolo di Dio?
Nel Messale i vescovi hanno fatto la scelta di cercare il più possibile di mantenere, soprattutto per quanto riguarda la parte attiva dell’assemblea come le risposte e le acclamazioni, il testo invariato. Quello che si creerà di fronte al Padre Nostro e al Gloria credo sarà uno sconcerto facilmente superabile, anche in virtù di una spiegazione che comunque sarà fatta. La pubblicazione del Messale avrà bisogno di un’attenta operazione di accompagnamento nelle Chiese locali.
Occorrerà anche lavorare sulla pastorale liturgica?
Assolutamente sì. I vescovi italiani vogliono che la pubblicazione del nuovo Messale Romano sia un’occasione preziosa per rivedere e rilanciare la pastorale liturgica, in particolare per quanto riguarda la celebrazione dell’Eucaristia, che ha bisogno di un’attenzione sempre rinnovata perché non venga mai meno la consapevolezza di quelle che sono le dinamiche celebrative, le sequenze che la riforma del Vaticano II ha ricollocato in una sua logica e una tradizione di preghiere e canti che sono patrimonio intangibile della Chiesa. Da questo punto di vista saranno approntati anche sussidi, ci saranno operazioni per stimolare ogni Chiesa locale a cogliere questa novità come un’occasione per il rinvigorimento dello spirito di partecipazione.
Abbiamo parlato finora di Messale Romano, ma che tipo di rispondenza ci sarà nella liturgia ambrosiana?
Evidentemente, pur con i percorsi propri del rito ambrosiano, dovranno esseri recepiti tutti quelli che sono i testi comuni presenti in entrambi i riti. Ma si sta già lavorando anche in questo senso.
Tornando alla domanda iniziale, quanto dovremo aspettare per recitare il nuovo Padre Nostro a Messa?
Non ho una risposta precisa. Penso però che sia difficile arrivare alla pubblicazione del Messale entro la fine di quest’anno. Non credo comunque che si vada molto più in là, perché, ripeto, si sta lavorando alacremente.
Da sapere / Un percorso lungo oltre sedici anni
Dopo l’approvazione, arrivata nel novembre 2018, della plenaria dei vescovi, la nuova edizione italiana, la terza, del Messale Romano ha ottenuto il decisivo via libera del Papa. Francesco ne ha approvato la promulgazione a seguito del giudizio positivo della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Durante l’Assemblea generale del maggio scorso è stato il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, ad annunciare l’avvenuta “confirmatio” della Santa Sede, che ha concluso così un lavoro di studio e miglioramento dei testi durato oltre 16 anni. Come detto tra le novità introdotte ci sono traduzioni più efficaci e fedeli al senso originario del “Padre Nostro” e del “Gloria”. In particolare nella preghiera insegnataci da Gesù l’invocazione “Non ci indurre in tentazione” lascia al posto a “Non abbandonarci alla tentazione” e all’espressione “come noi li rimettiamo” viene aggiunto un “anche”: “come anche noi...”. Per quanto riguarda il “Gloria”, poi, “Pace in terra agli uomini di buona volontà” viene sostituito dalla nuova formulazione: “Pace in terra agli uomini, amati dal Signore”. (Red.Cath.)
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