@ - Boris Johnson, ex giornalista ed ex sindaco di Londra, è stato proclamato leader conservatore e primo ministro dopo aver vinto con 92mila voti il contest dei Tory. La sua missione, portare a termine Brexit.
Alexander Boris de Pfeffel Johnson è il nuovo leader dei Conservatori e il nuovo primo ministro britannico. L'ex sindaco di Londra ha vinto il «contest» del suo partito per indicare il successore di Theresa May alla guida dei Tory, dopo il passo indietro della premier lo scorso 7 giugno. Nella fase finale della competizione, basata sul voto di circa 160mila iscrittio al partito, Johnson ha incassato la fiducia di oltre 92mila elettori. Niente da fare per Jeremy Hunt, attuale ministro degli Esteri, fermo a 46.656 preferenze. La vittoria di Johnson come leader dei Tory lo elegge, in automatico, anche come premier dell'esecutivo britannico.
Il percorso che lo ha portato sulla soglia di Downing Street non è stato lineare, transitando dal giornalismo prima di approdare alla politica.
Nato a New York, cresciuto a Bruxelles, dove il padre Stanley era uno dei primi eurocrati britannici, ha una famiglia cosmopolita che vanta antenati francesi, tedeschi e turchi e un bisnonno che era ministro dell’Interno dell’Impero Ottomano.
Gli studi sono stati invece tipicamente inglesi, prima a Eton, la scuola privata più esclusiva, e poi all’Università di Oxford, dove assieme al suo amico e poi rivale David Cameron aveva fatto parte del Bullingdon Club, un gruppo di ricchi e privilegiati rampolli dell’élite.
Ingaggiato dal Times come giornalista, era stato licenziato in tronco per essersi inventato una citazione ma era stato subito assunto dal Daily Telegraph, il quotidiano conservatore. Mandato a Bruxelles come corrispondente, si era conquistato la reputazione di euroscettico con le incessanti critiche ai presunti eccessi e sprechi della Ue.
Detestato dai colleghi giornalisti e dai funzionari Ue per la sua serie di articoli sensazionali spesso inventati di sana pianta, era però amato dai lettori conservatori che trovavano in ogni sua colorita e improbabile storia la conferma dei loro pregiudizi contro la Ue.
Dopo uno schieramento così plateale, il passaggio in politica sembrava obbligato, seguendo le orme del suo grande eroe, Winston Churchill. Diventato deputato conservatore nel 2001,tre anni dopo era stato licenziato come vicepresidente del partito da Michael Howard, allora leader Tory, per avere mentito su una relazione extra-coniugale e la nascita di una figlia illegittima. La sua caotica vita personale non lo ha però danneggiato.
Nel 2008 era stato eletto sindaco di Londra, città tradizionalmente laburista, regalando ai Tories la prima importante vittoria da oltre dieci anni. Nel 2012, sull’onda del successo delle Olimpiadi di Londra, era stato eletto per un secondo mandato. Il periodo da sindaco lo ha reso popolare e riconoscibile, una presenza costante sulla sua bici per le vie della capitale, gioviale e affabile, pronto a fermarsi a fare due chiacchiere con qualsiasi turista o tassista.
Nel 2015 aveva annunciato la decisione di candidarsi alle elezioni, ed era stato eletto deputato, diventando ministro senza portafoglio nel secondo Governo Cameron. Quando il premier aveva indetto il referendum sulla Ue, Boris all’inizio aveva titubato. La sua decisione di schierarsi a favore di Brexit aveva poi galvanizzato la campagna anti-Ue.
Da sindaco internazionalista di una città aperta come Londra, Johnson durante la campagna elettorale per il referendum si era spostato decisamente a destra. Era stato criticato per avere paragonato la Ue alla Germania nazista per la sua ambizione di creare «un superstato a tutti i costi». Aveva fatto dichiarazioni infiammatorie sull’immigrazione e dichiarato prossimo l’ingresso della Turchia nella Ue.
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