@ - La Guardia di finanza ha messo i sigilli a beni mobili e immobili riconducibili ai clan dell'Alleanza per un totale di circa 130 milioni di euro. Si tratta di uno dei colpi più duri inferti al cartello criminale fondato alla fine degli anni '80 dai boss Edoardo Contini, Francesco Mallardo e da Gennaro Licciardi. Il procuratore Melillo: "Clan controllava il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali".
L’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli era la “sede sociale”dell’Alleanza di Secondigliano. Lo ha spiegato il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, commentando i 126 arresti che hanno decapitato i clan Contini, Mallardo e Licciardi , e portato al sequestro di un ingente patrimonio nei confronti delle persone colpite dai provvedimenti cautelari emessi dal gip di Napoli. “Gli uomini dei Contini controllavano il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali. L’ospedale era diventata la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione certificati medici falsi”, ha detto Melillo durante la conferenza stampa del maxi-blitz.
Oltre agli arresti, eseguiti in tutta Italia e in alcuni Paesi esteri, l’operazione ha portato la Guardia di finanza a mettere i sigilli a beni mobili e immobili riconducibili ai clan dell’Alleanza per un totale di circa 130 milioni di euro. Si tratta di uno dei colpi più duri inferti dalle forze dell’ordine e dalla magistratura al cartello criminale fondato alla fine degli anni ’80 dai boss Edoardo Contini, detto “ò Romano”, Francesco Mallardo, soprannominato “Ciccio ‘e Carlantonio” e da Gennaro Licciardi, alias “à scign”.
Il blitz ha interessato non solo la provincia di Napoli e altre regioni italiane ma anche diversi Stati esteri, dove i militari dell’Arma – tramite l’Interpol – si sono avvalsi della collaborazione delle locali forze di polizia. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafiapartenopea, hanno portato alla contestazione agli indagati di numerosi reati che vanno dall’associazione di tipo mafiosoal traffico di sostanze stupefacenti, all’estorsione, all’usura, al riciclaggio ed altri gravi reati.
Di fatto – secondo i pm antimafia Ida Teresi, Alessandra Converso e Maria Sepe coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – sono stati ricostruiti gli assetti gerarchici interni all’Alleanza di Secondigliano e sono stati documentati i numerosi reati commessi dagli affiliati, “indicatori della pervicace capacità di intimidazione esercitata sul territorio”. Il clan Contini, inoltre, stando alle indagini, prendeva una quota del denaro che un albergatore napoletano percepiva dalla Regione Campania per ospitare i rifugiati. Questo dimostra, ha detto ancora il questore di Napoli, “l’agilità del clan, in grado di sfruttare a proprio favore anche i flussi migratori”. A questo particolare business era deputata una frangia del clan Contini.
Anche le donne erano a capo dell’Alleanza di Secondigliano: l’inchiesta sha confermato il ruolo apicale delle tre sorelle Aieta(sposate con Edoardo Contini, Francesco Mallardo ed Patrizio Bosti, ndr) e di Maria Licciardi (sorella del defunto boss Gennaro Licciardi e l’unica facente parte dei vertici ad essere sfuggita al blitz). Non solo svolgevano il compito di tenere i contatti con i boss al 41bis ma prendevano decisioniimportanti per la vita del potente cartello criminale che controllava le attività illecite in alcuni quartieri di Napoli e che avevano messo in piedi anche attraverso prestanomeimportanti attività imprenditoriali e commerciali in tutta Italia.
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