domenica 10 febbraio 2019

Tratta di persone, il Papa: i governi la combattano con decisione

Francesco all’Angelus: gli Stati proteggano le vittime; «tutti però dobbiamo collaborare denunciando i casi di sfruttamento». E fa recitare la «preghiera» di Bakhita, santa che fu schiava.

DOMENICO AGASSO JR CITTÀ DEL VATICANO

L’appello è a unire le forze per vincere la sfida contro la schiavitù. Lo lancia il Papa all’Angelus di oggi, 10 febbraio 2019. Francesco esorta i governi a combattere con decisione la «piaga» della tratta di persone, e allo stesso tempo sottolinea che «tutti dobbiamo collaborare denunciando i casi di sfruttamento». E fa recitare la preghiera di Bakhita, santa che fu schiava.
Il Pontefice si affaccia alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico e ai fedeli riuniti in piazza San Pietro ricorda che il Vangelo di oggi «ci propone, nel racconto di Luca, la chiamata di San Pietro. Il suo nome – sappiamo – era Simone, ed era pescatore». Gesù, sulla riva del lago di Galilea, «lo vede mentre sta sistemando le reti, assieme ad altri pescatori. Lo trova affaticato e deluso, perché quella notte non avevano pescato nulla». E Cristo lo sorprende «con un gesto imprevisto: sale sulla sua barca e gli chiede di allontanarsi un po’ da terra perché vuole parlare alla gente da lì». «C’era tanta gente», aggiunge senza leggere il testo scritto. Così il Figlio di Dio si siede «sulla barca di Simone e insegna alla folla radunata lungo la riva. Ma le sue parole riaprono alla fiducia anche il cuore di Simone. Allora Gesù, con un’altra “mossa” sorprendente, gli dice: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”».

La prima replica di Simone è «una obiezione: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla…". E, come esperto pescatore, avrebbe potuto aggiungere: “Se non abbiamo preso niente di notte, tanto meno prenderemo di giorno”». Invece, «ispirato dalla presenza di Gesù e illuminato dalla sua Parola, dice: “...ma sulla tua parola getterò le reti”». 

Ecco, è la risposta «della fede, che anche noi siamo chiamati a dare», evidenzia Papa Bergoglio. Questo è l’atteggiamento «di disponibilità che il Signore chiede a tutti i suoi discepoli, soprattutto a quanti hanno compiti di responsabilità nella Chiesa», puntualizza. 

E l’obbedienza «fiduciosa di Pietro genera un risultato prodigioso: “Fecero così e presero una quantità enorme di pesci”».

Avviene così una pesca «miracolosa, segno della potenza della parola di Gesù: quando ci mettiamo con generosità al suo servizio, Egli compie in noi cose grandi». E così «agisce con ciascuno di noi: ci chiede di accoglierlo sulla barca della nostra vita, per ripartire con Lui e solcare un nuovo mare, che si rivela carico di sorprese». 

L’incoraggiamento di Gesù a «uscire nel mare aperto dell’umanità del nostro tempo, per essere testimoni di bontà e di misericordia, dà senso nuovo alla nostra esistenza, che rischia spesso di appiattirsi su sé stessa». A volte si può restare «sorpresi e titubanti di fronte alla chiamata che ci rivolge il Maestro divino, e siamo tentati di rifiutarla a motivo della nostra inadeguatezza. Anche Pietro, dopo quella pesca incredibile, disse a Gesù: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”». «È bella questa umile preghiera», commenta a braccio Bergoglio. Però san Pietro lo afferma «in ginocchio davanti a Colui che ormai riconosce come “Signore”. E Gesù lo incoraggia dicendo: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”, perché Dio, se ci fidiamo di Lui, ci libera dal nostro peccato e ci apre davanti un orizzonte nuovo: collaborare alla sua missione».

Il miracolo più grande «compiuto da Gesù per Simone e gli altri pescatori delusi e stanchi, non è tanto la rete piena di pesci - osserva il Vescovo di Roma - quanto l’averli aiutati a non cadere vittime della delusione e dello scoraggiamento di fronte alle sconfitte. Li ha aperti a diventare annunciatori e testimoni della sua parola e del regno di Dio». 

E la reazione «dei discepoli è stata pronta e totale: "Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”». 
Dopo l’Angelus, il Papa mette in evidenza che «due giorni fa, nella memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita, si è svolta la quinta “Giornata mondiale contro la tratta di persone”. Il motto di quest’anno: “Insieme contro la tratta”, è un invito ad unire le forze per vincere questa sfida». Francesco ringrazia tutti «coloro che combattono su questo fronte, in particolare tante religiose». E fa «appello specialmente ai governi, perché siano affrontate con decisione le cause di tale piaga e siano protette le vittime». Però precisa: «Tutti possiamo e dobbiamo collaborare denunciando i casi di sfruttamento e schiavitù di uomini, donne e bambini». 

Per il Pontefice la preghiera è la forza «che sostiene il nostro impegno comune. Per questo, adesso vi invito a recitare insieme la preghiera a Santa Giuseppina Bakhita che è stata distribuita in Piazza». 
Eccola: «Santa Giuseppina Bakhita, da bambina sei stata venduta come schiava e hai dovuto affrontare difficoltà e sofferenze indicibili. 
Una volta liberata dalla tua schiavitù fisica, hai trovato la vera redenzione nell’incontro con Cristo e la sua Chiesa. 

Santa Giuseppina Bakhita, aiuta tutti quelli che sono intrappolati nella schiavitù. 

A nome loro, intercedi presso il Dio della misericordia, in modo che le catene della loro prigionia possano essere spezzate. 
Possa Dio stesso liberare tutti coloro che sono stati minacciati, feriti o maltrattati dalla tratta e dal traffico di esseri umani. Porta sollievo a coloro che sopravvivono a questa schiavitù e insegna loro a vedere Gesù come modello di fede e speranza, così che possano guarire le proprie ferite. 
Ti supplichiamo di pregare e intercedere per tutti noi: affinché non cadiamo nell’indifferenza, affinché apriamo gli occhi e possiamo guardare le miserie e le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della loro dignità e della loro libertà e ascoltare il loro grido di aiuto. Amen».

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