lunedì 18 febbraio 2019

Brexit: scontenti di Corbyn, 7 deputati lasciano il Labour

I deputati: "Il partito si è spostato troppo sull’estrema sinistra e ha posizioni antisemite, oltre a idee molto pericolose in politica estera, vedi Russia, Siria e Venezuela. Ci vuole qualcosa di nuovo”.

LONDRA. C’è una falla, e non di poco conto, nel Labour di Jeremy Corbyn. Oggi sette deputati laburisti hanno lasciato il partito e formeranno un gruppo indipendente in Parlamento. I ribelli sono Luciana Berger, la deputata ebrea che all’ultimo congresso laburista venne addirittura scortata per timore di attacchi antisemiti, la giovane promessa Chuka Umunna, già definito “l’Obama inglese” e uno dei più fermi promotori di un secondo referendum sulla Brexit, oltre a politici navigati come Mike Gapes, Angela Smith e Ann Coffey, fino a Gavin Shuker e Chris Leslie. “Non ci sentiamo più parte di questo progetto politico”, hanno dichiarato i sette spiegando la loro decisione, “il partito si è spostato troppo sull’estrema sinistra e ha posizioni antisemite, oltre a idee molto pericolose in politica estera, vedi Russia, Siria e Venezuela. Ci vuole qualcosa di nuovo”.

La scissione dei sette ribelli è arrivata principalmente per tre motivi: la linea di sinistra radicale di Jeremy Corbyn non è mai andata giù ai laburisti centristi o “blairiani” così come l’approccio ambiguo del leader sulla Brexit (in passato euroscettico e oggi molto freddo sulla possibilità di un secondo referendum); infine, le polemiche sull’antisemitismo strisciante nel partito, non nuove, hanno dato il colpo di grazia. La settimana scorsa un report interno ha dimostrato come solo 12 membri laburisti avrebbero subito provvedimenti interni a causa delle loro posizioni antisemite su un migliaio di casi. Una cifra irrisoria secondo alcuni laburisti, che dimostrerebbe “l’accondiscendenza della dirigenza del partito”.




Non solo: i sette lamentano una sorta di crescente autoritarismo nel Labour, dove secondo loro sarebbe sempre più difficile e pericoloso criticare il leader Jeremy Corbyn, sinora sostenuto da una ampia maggioranza di iscritti e dal movimento giovanile di sinistra radicale Momentum. In questo contesto, sono cresciute nella base laburista le richieste di “deselection” dei ribelli, cioè di “sfiducia" da parte degli elettori delle loro circoscrizioni, affinché non possano essere rieletti al prossimo giro. Azioni che hanno scosso i laburisti moderati, già definiti “traditori” da alcuni corbyniani radicali.

Stamattina Corbyn si è detto “deluso” dalla decisione di Berger, Umunna e gli altri, soprattutto “in un momento simile, decisivo per la Brexit e per il nostro partito ai massimi livelli di consenso, in cui la cosa più importante è restare uniti”. Le conseguenze di questa mini-scissione possono essere tante: innanzitutto come numeri in Parlamento, soprattutto per le votazioni cruciali che verranno nei prossimi giorni sulla Brexit. Inoltre, potrebbe essere un grande favore per il partito conservatore, che potrebbe approfittare del caos nelle circoscrizioni dei ribelli e strappare questi seggi al Labour alle prossime elezioni. 

Anche il consenso per Corbyn potrebbe scemare, come già visto nelle ultime settimane a causa della posizione algida sulla Brexit e delle polemiche sull’antisemitismo. Giovedì il “caro leader” laburista è atteso a Bruxelles dal capo negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier, che ora vuole puntare tutto su di lui ora per rompere lo stallo a Londra. Ma è chiaro che la scissione di oggi toglierà peso alla posizione di Corbyn. 

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