Papa Francesco: "Ho pianto per i rohingya. Volevano cacciarli dal palco, ma mi sono arrabbiato" - Repubblica.it: "Dice che "con le armi nucleari non è lecito spingersi oltre. Siamo al limite. Il rischio è che l'umanità finisca". Sul volo di ritorno dal viaggio in Myanmar e Bangladesh il Papa risponde ad alcune domande dei giornalisti chiedendo che siano incentrate solo sulla sua permanenza nei due Paesi asiatici. Unica eccezione, una domanda sul tema degli armamenti nucleari. Sui Rohingya racconta come è arrivato a pronunciare il loro nome. "Volevano cacciarli dal palco" alla fine dell'incontro interreligioso di Dhaka "e anche che non parlassero con me", dice. "Non l'ho permesso. Ho pianto per loro cercando di non farlo vedere e, dopo averli ascoltati, ho sentito crescere cose dentro di me e ho pronunciato il loro nome". E spiega che nell'incontro col generale Ming Aung Hlaing di lunedì non ha "negoziato la verità".
Durante la Guerra fredda Giovanni Paolo II disse che la deterrenza nucleare era moralmente accettabile. Lei ha detto di recente che anche il possesso di armi nucleari è da condannare. Perché questo cambiamento? Hanno influito le tensioni tra il presidente Trump e Kim Jong-un?
"Cosa è cambiato? L'irrazionalità. Penso all'enciclica 'Laudato Si' sulla custodia del creato. Dal tempo in cui Giovanni Paolo II nel 1982 ha detto queste cose sono passati tanti anni. Oggi siamo al limite, è la mia opinione convinta, della liceità di avere e usare le armi nucleari. Perché oggi con un arsenale nucleare così sofisticato si rischia la distruzione dell'umanità o almeno di gran parte di essa. È cambiato questo: la crescita dell'armamento nucleare, le armi sono capaci di distruggere le persone senza toccare le strutture. Da Papa mi faccio questa domanda: è lecito mantenere gli arsenali nucleari così come stanno o per salvare il creato e l'umanità non è forse necessario tornare indietro? Pensiamo a Hiroshima e Nagasaki, settant'anni fa. E pensiamo a ciò che succede quando dell'energia atomica non si riesce ad avere tutto il controllo. Pensate all'incidente in Ucraina. Per questo, tornando alle armi che servono per vincere distruggendo dico che siamo al limite della liceità".
La crisi del Rohingya ha catturato l'attenzione del viaggio. L'altro ieri lei ha pronunciato il loro nome. Voleva parlarne anche in Myanmar?
"Non è la prima volta che ne ho parlato. Già in piazza di San Pietro lo feci. Per me la cosa più importante è che il messaggio arrivi. Se nel discorso ufficiale avessi detto quella parola, sarebbe stato come sbattere la porta in faccia ai miei interlocutori. Così a volte fanno certe denunce nei media: dette con aggressività chiudono il dialogo, chiudono la porta, e il messaggio non arriva. Allora ho descritto la situazione, ho parlato dei diritti delle minoranze, per permettermi poi nei colloqui privati di andare oltre. Sono rimasto soddisfatto dei colloqui: è vero, non ho avuto il piacere di sbattere la porta in faccia pubblicamente a nessuno, ma ho avuto la soddisfazione di dialogare, di dire la mia"." SEGUE >>>
Durante la Guerra fredda Giovanni Paolo II disse che la deterrenza nucleare era moralmente accettabile. Lei ha detto di recente che anche il possesso di armi nucleari è da condannare. Perché questo cambiamento? Hanno influito le tensioni tra il presidente Trump e Kim Jong-un?
"Cosa è cambiato? L'irrazionalità. Penso all'enciclica 'Laudato Si' sulla custodia del creato. Dal tempo in cui Giovanni Paolo II nel 1982 ha detto queste cose sono passati tanti anni. Oggi siamo al limite, è la mia opinione convinta, della liceità di avere e usare le armi nucleari. Perché oggi con un arsenale nucleare così sofisticato si rischia la distruzione dell'umanità o almeno di gran parte di essa. È cambiato questo: la crescita dell'armamento nucleare, le armi sono capaci di distruggere le persone senza toccare le strutture. Da Papa mi faccio questa domanda: è lecito mantenere gli arsenali nucleari così come stanno o per salvare il creato e l'umanità non è forse necessario tornare indietro? Pensiamo a Hiroshima e Nagasaki, settant'anni fa. E pensiamo a ciò che succede quando dell'energia atomica non si riesce ad avere tutto il controllo. Pensate all'incidente in Ucraina. Per questo, tornando alle armi che servono per vincere distruggendo dico che siamo al limite della liceità".
La crisi del Rohingya ha catturato l'attenzione del viaggio. L'altro ieri lei ha pronunciato il loro nome. Voleva parlarne anche in Myanmar?
"Non è la prima volta che ne ho parlato. Già in piazza di San Pietro lo feci. Per me la cosa più importante è che il messaggio arrivi. Se nel discorso ufficiale avessi detto quella parola, sarebbe stato come sbattere la porta in faccia ai miei interlocutori. Così a volte fanno certe denunce nei media: dette con aggressività chiudono il dialogo, chiudono la porta, e il messaggio non arriva. Allora ho descritto la situazione, ho parlato dei diritti delle minoranze, per permettermi poi nei colloqui privati di andare oltre. Sono rimasto soddisfatto dei colloqui: è vero, non ho avuto il piacere di sbattere la porta in faccia pubblicamente a nessuno, ma ho avuto la soddisfazione di dialogare, di dire la mia"." SEGUE >>>
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