Burioni: “La scienza non è democratica, ognuno parli di quel che sa” - micromega-online - micromega: "Il medico del San Raffaele, dopo la battaglia sull'importanza dei vaccini, torna in libreria con "La congiura dei somari", un libro contro i tuttologi del web, nel quale rimarca l'importanza della scienza: "Nella sua imperfezione e nella sua incertezza è quanto di meglio abbiamo e ci ha permesso di fare passi avanti che nessuno può negare. Sono quelli che rifiutano il suo metodo e che diffondono pericolose bugie che richiedono un atto di fede".
intervista a Roberto Burioni di Giacomo Russo Spena
Nel 2016 per Mondadori ha pubblicato il libro Il vaccino non è un’opinione perché, per lui, "la vaccinazione non è un atto di protezione individuale ma un gesto di responsabilità sociale". Ora Roberto Burioni - professore di microbiologia e virologia all’università San Raffaele di Milano – torna in libreria con La congiura dei somari (Rizzoli, 176pp). La tesi sostenuta? "Non tutti hanno diritto di parola su tutto, nel campo scientifico conta il parere solo di chi ha studiato, non del cittadino comune". Il testo inizia proprio con un aneddoto: un incontro tra Burioni e un gruppo di genitori. "Tra le mamme ce n'era una, appassionata di cucina – ricorda il medico del San Raffaele – Voleva spiegarmi come funzionano gli adiuvanti, allora le feci notare che, mentre io non mi sarei mai permesso di insegnarle come si cucina una lasagna, lei stava invece facendomi una lezione proprio sugli argomenti che insegno ai miei studenti e ai miei colleghi durante lezioni e convegni. Niente da fare".
La tesi del suo libro è inequivocabile: la scienza non può essere democratica (tra l'altro è il sottotitolo del saggio). Quindi, secondo lei, quando si tratta di scienza le opinioni non hanno tutte la stessa dignità?
"La scienza non può essere democratica” è uno slogan che ha un significato ben colto da Piero Angela: la velocità della luce non si decide per alzata di mano. Naturalmente come tutti gli slogan ha una grande efficacia nel comunicare un concetto, ma lo semplifica in maniera eccessiva. In realtà la scienza è quanto di più democratico esista, visto che intesa nel suo significato più nobile, quello di conoscenza, è accessibile solo attraverso lo studio, che è una “livella” in grado di porre povero e ricco, potente e umile esattamente sullo stesso piano.
Questo approccio non può risultare autoritario e poco democratico?
Non credo che si tratti di autoritarismo, ma di autorevolezza. La scienza, con il suo metodo, il suo rigore, la sua condivisione ha una forza che io ritengo venga attenuata nel momento in cui, in nome di una divulgazione diffusa, si pensa di potere discutere anche con chi ritiene che la terra sia piatta. In questo caso non si tratta di divulgazione, ma di semplificazione: in realtà è molto importante non tanto “divulgare” la scienza, quanto insegnare il metodo scientifico, cosa che forse avviene troppo poco nelle nostre scuole.
O abbiamo fede nella scienza oppure cadiamo nel buio e nell'oscurantismo? Non è troppo tranchant questo giudizio?
La scienza non richiede nessun atto di fede: nella sua imperfezione e nella sua incertezza è quanto di meglio abbiamo e ci ha permesso di fare passi avanti che nessuno può negare. Sono quelli che rifiutano il suo metodo e che diffondono pericolose bugie che richiedono un atto di fede.
Leggendo il libro si evince che solo chi ha gli strumenti intellettuali, e ha sottoposto le proprie ipotesi a una rigorosa procedura di esperimenti e controlli, può distinguere la verità dalla bugia. Però la scienza è anche imperfetta, fatta da uomini ancora più imperfetti, le verità che ci offre non sono sempre parziali e mai troppo sicure?
La scienza è fatta di uomini che sono imperfetti, avidi, talvolta disonesti. Per questo non bisogna mai ascoltare la voce del singolo, ma quella della comunità. E’ possibile che un poliziotto si comporti male, ma della Polizia continuiamo comunque a fidarci.
Ma qual è il motivo per cui molta gente non crede più nella scienza? Siamo vivendo una fase di crisi delle autorità?
Sostengo a spada tratta che ognuno deve parlare delle questioni che conosce; in questo caso la domanda dovrebbe porla a un sociologo e non a un virologo, io posso solo – da medico e scienziato – evidenziare l’importanza che ha la comunicazione nei confronti dei cittadini e dei pazienti. Chi la omette lascia spazio alla disinformazione e alle superstizioni, spesso pericolose.
Poco tempo fa Richard Horton il direttore di Lancet, una delle più famose riviste scientifiche al mondo, ha scritto che fino al 50% dei cosiddetti “articoli scientifici” apparsi sulle riviste mediche accreditate potrebbe non avere una base scientifica. E ciò non solo a causa della poco ortodossia del metodo o della grandezza dei campioni utilizzati, ma anche per il flagrante conflitto di interessi che vige tra studiosi, medici e case farmaceutiche. Siamo sicuri che è possibile distinguere in maniera così evidente la verità dalla bugia, il bene dal male, la razionalità dal populismo. La realtà non è sempre più sfumata?" SEGUE >>>
intervista a Roberto Burioni di Giacomo Russo Spena
Nel 2016 per Mondadori ha pubblicato il libro Il vaccino non è un’opinione perché, per lui, "la vaccinazione non è un atto di protezione individuale ma un gesto di responsabilità sociale". Ora Roberto Burioni - professore di microbiologia e virologia all’università San Raffaele di Milano – torna in libreria con La congiura dei somari (Rizzoli, 176pp). La tesi sostenuta? "Non tutti hanno diritto di parola su tutto, nel campo scientifico conta il parere solo di chi ha studiato, non del cittadino comune". Il testo inizia proprio con un aneddoto: un incontro tra Burioni e un gruppo di genitori. "Tra le mamme ce n'era una, appassionata di cucina – ricorda il medico del San Raffaele – Voleva spiegarmi come funzionano gli adiuvanti, allora le feci notare che, mentre io non mi sarei mai permesso di insegnarle come si cucina una lasagna, lei stava invece facendomi una lezione proprio sugli argomenti che insegno ai miei studenti e ai miei colleghi durante lezioni e convegni. Niente da fare".
La tesi del suo libro è inequivocabile: la scienza non può essere democratica (tra l'altro è il sottotitolo del saggio). Quindi, secondo lei, quando si tratta di scienza le opinioni non hanno tutte la stessa dignità?
"La scienza non può essere democratica” è uno slogan che ha un significato ben colto da Piero Angela: la velocità della luce non si decide per alzata di mano. Naturalmente come tutti gli slogan ha una grande efficacia nel comunicare un concetto, ma lo semplifica in maniera eccessiva. In realtà la scienza è quanto di più democratico esista, visto che intesa nel suo significato più nobile, quello di conoscenza, è accessibile solo attraverso lo studio, che è una “livella” in grado di porre povero e ricco, potente e umile esattamente sullo stesso piano.
Questo approccio non può risultare autoritario e poco democratico?
Non credo che si tratti di autoritarismo, ma di autorevolezza. La scienza, con il suo metodo, il suo rigore, la sua condivisione ha una forza che io ritengo venga attenuata nel momento in cui, in nome di una divulgazione diffusa, si pensa di potere discutere anche con chi ritiene che la terra sia piatta. In questo caso non si tratta di divulgazione, ma di semplificazione: in realtà è molto importante non tanto “divulgare” la scienza, quanto insegnare il metodo scientifico, cosa che forse avviene troppo poco nelle nostre scuole.
O abbiamo fede nella scienza oppure cadiamo nel buio e nell'oscurantismo? Non è troppo tranchant questo giudizio?
La scienza non richiede nessun atto di fede: nella sua imperfezione e nella sua incertezza è quanto di meglio abbiamo e ci ha permesso di fare passi avanti che nessuno può negare. Sono quelli che rifiutano il suo metodo e che diffondono pericolose bugie che richiedono un atto di fede.
Leggendo il libro si evince che solo chi ha gli strumenti intellettuali, e ha sottoposto le proprie ipotesi a una rigorosa procedura di esperimenti e controlli, può distinguere la verità dalla bugia. Però la scienza è anche imperfetta, fatta da uomini ancora più imperfetti, le verità che ci offre non sono sempre parziali e mai troppo sicure?
La scienza è fatta di uomini che sono imperfetti, avidi, talvolta disonesti. Per questo non bisogna mai ascoltare la voce del singolo, ma quella della comunità. E’ possibile che un poliziotto si comporti male, ma della Polizia continuiamo comunque a fidarci.
Ma qual è il motivo per cui molta gente non crede più nella scienza? Siamo vivendo una fase di crisi delle autorità?
Sostengo a spada tratta che ognuno deve parlare delle questioni che conosce; in questo caso la domanda dovrebbe porla a un sociologo e non a un virologo, io posso solo – da medico e scienziato – evidenziare l’importanza che ha la comunicazione nei confronti dei cittadini e dei pazienti. Chi la omette lascia spazio alla disinformazione e alle superstizioni, spesso pericolose.
Poco tempo fa Richard Horton il direttore di Lancet, una delle più famose riviste scientifiche al mondo, ha scritto che fino al 50% dei cosiddetti “articoli scientifici” apparsi sulle riviste mediche accreditate potrebbe non avere una base scientifica. E ciò non solo a causa della poco ortodossia del metodo o della grandezza dei campioni utilizzati, ma anche per il flagrante conflitto di interessi che vige tra studiosi, medici e case farmaceutiche. Siamo sicuri che è possibile distinguere in maniera così evidente la verità dalla bugia, il bene dal male, la razionalità dal populismo. La realtà non è sempre più sfumata?" SEGUE >>>
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