Dopo Brexit: all'Europa ora serve un progetto | Commenti | www.avvenire.it: "L’uscita delle Gran Bretagna dall’Europa impone riflessioni che vanno oltre le ragioni e le conseguenze immediate di un sì o un no su una scheda referendaria. Brexit va considerata prima di tutto il riscontro di quanto il progetto europeo sia diventato debole e non pienamente convincente. A sua volta tale risultato può indebolire ancor più il percorso di integrazione e farlo implodere. È però anche possibile che inneschi una reazione positiva, in grado di produrre un rinsaldamento nell’immediato e metta le basi per un rilancio nel medio e lungo periodo. La possibilità che questo avvenga realmente è bassa, non ci sono però alternative; va quindi non solo auspicata, ma favorita ad ogni livello. Gli attori principali per un salto qualitativo – dopo il processo di allargamento quantitativo che ha portato a estendere a Est perdendo però ora a Ovest – sono due: le istituzioni e le nuove generazioni. Di fatto, significa spingere verso l’alto il rapporto tra domanda e offerta di una migliore Europa, la prima riferita soprattutto ai giovani e la seconda alla politica.
>> Grande trasformazione non compresa ed è venuta meno la rappresentanza (F.Seghezzi e M.Tiraboschi)
Le generazioni che hanno subito il conflitto mondiale e quelle successive che hanno vissuto il clima della Guerra fredda si sono riconosciute in un desiderio di Europa diversa dal passato, che al suo interno non si sentisse divisa tra parti ostili. Oggi tale spinta si è esaurita e più che ridurre il rischio di conflitto interno serve ora un processo di vera comunione. Questo significa superare non solo i confini geografici tra popoli, ma anche le barriere mentali che li separano tra di loro e che li rendono vittime delle proprie paure. Per un’Europa così vi sarebbe un posto di primo piano nel mondo, mentre i singoli Paesi sono destinati a smarrirsi andando da soli verso il futuro. Nel 1950, ben tre delle cinque città più popolate al mondo stavano in Europa, ora nessuna metropoli di questo continente è tra le prime quindici del Pianeta. Nello stesso lasso di tempo, l’Italia è scesa dal decimo posto al ventitreesimo posto tra i Paesi demograficamente più consistenti. Nel 2050 nessun Paese europeo sarà tra i primi venti, nemmeno la Germania, attualmente il più popoloso ma in sensibile sofferenza demografica. Se però l’Europa fosse uno Stato, verrebbe superata, come abitanti, solo da Cina e India.
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>> Grande trasformazione non compresa ed è venuta meno la rappresentanza (F.Seghezzi e M.Tiraboschi)
Le generazioni che hanno subito il conflitto mondiale e quelle successive che hanno vissuto il clima della Guerra fredda si sono riconosciute in un desiderio di Europa diversa dal passato, che al suo interno non si sentisse divisa tra parti ostili. Oggi tale spinta si è esaurita e più che ridurre il rischio di conflitto interno serve ora un processo di vera comunione. Questo significa superare non solo i confini geografici tra popoli, ma anche le barriere mentali che li separano tra di loro e che li rendono vittime delle proprie paure. Per un’Europa così vi sarebbe un posto di primo piano nel mondo, mentre i singoli Paesi sono destinati a smarrirsi andando da soli verso il futuro. Nel 1950, ben tre delle cinque città più popolate al mondo stavano in Europa, ora nessuna metropoli di questo continente è tra le prime quindici del Pianeta. Nello stesso lasso di tempo, l’Italia è scesa dal decimo posto al ventitreesimo posto tra i Paesi demograficamente più consistenti. Nel 2050 nessun Paese europeo sarà tra i primi venti, nemmeno la Germania, attualmente il più popoloso ma in sensibile sofferenza demografica. Se però l’Europa fosse uno Stato, verrebbe superata, come abitanti, solo da Cina e India.
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