Lotta all'Isis, perché Barack Obama ha completamente fallito - Glauco Maggi - Libero Quotidiano: ""Contro l’Isis non stiamo vincendo, e quando in guerra non stai vincendo significa che stai perdendo”. Il presidente della Commissione della Difesa in Senato John McCain ha attaccato Obama e la sua strategia di guerra contro l’Isis durante l'audizione di oggi in Congresso, dove ha deposto il ministro della Difesa Ashton Carter. “Non c’e’ nessun motivo per credere che qualsiasi cosa stiamo facendo oggi sara’ sufficiente a raggiungere l’obiettivo dichiarato del presidente di sminuire e alla fine distruggere l’Isis sia nel breve sia nel lungo termine”, ha detto McCain.” I nostri mezzi e l’attuale livello del nostro impegno non sono in linea con i nostri fini. Cio’ indica che non stiamo vincendo, e quando in una guerra non stai vincendo significa che stai perdendo”. Non bastasse, i tagliagole del Califfo sono ora presenti con loro milizie in tre regioni dell’Afghanistan, dove affiancano e in qualche caso assorbono i Talebani.
Le parole d’allarme del senatore repubblicano, veterano ed ex prigioniero in Vietnam, sono una chiara allusione alla dichiarazione sdrammatizzante di Barack fatta il giorno precedente durante una sua rara visita al Pentagono. Quando il comandante in capo ha detto, a proposito della strategia nella regione, che “non sara’ una cosa veloce, questa e’ una campagna di lungo termine. In molti posti l’Isis e’ opportunistico e agile, comprese le aree urbane, dove si nasconde tra la innocente popolazione civile. Ci vorra’ tempo per sradicarli, e farlo deve essere il lavoro delle forze locali sul terreno, con l’addestramento e il sostegno dei raid aerei”.
Ma in quasi un anno da quando Obama le ha ordinate, le 5mila incursioni Usa non hanno affatto frenato le avanzate in Siria e in Iraq. Quanto ai 60 paesi che Obama ha spesso millantato come alleati attivi, chi li ha visti? Sulla lentezza del reclutamento e della formazione di soldati irakeni e siriani ha fatto il punto Carter nella deposizione davanti ai senatori. “Entro il 30 giugno abbiamo ricevuto solo 8.800 reclute da istruire per l’esercito irakeno e i Peshmerga curdi, e altri 4600 militari e forze speciali antiterrorismo sono sotto training. Ma in Siria, dove l’obiettivo del Pentagono e’ di formare quest’anno migliaia di volontari per contrastare l’ISIS ne abbiamo attualmente solo 60”. Carter ha spiegato che il processo di ammissione, mirando ad arruolare personale fidatissimo, e’ lungo e rallenta il reclutamento. “Non un grande successo”, ha ironizzato McCain.
Anche il senatore Democratico piu’ alto in grado nella Commissione Difesa, Jack Reed del Rodhe Island, e’ apparso assai insoddisfatto dell’andamento della guerra all’Isis, e ha accusato soprattutto il governo centrale di Bagdad, in mano agli sciiti, perche’ non ha fatto sforzi per conquistare la fiducia e l’alleanza dei sunniti pacifici, che si sentono discriminati e ghettizzati. “In assenza di una moderata opposizione che vuole ed e’ in grado di riprendere il territorio in mano all’Isis e di mantenerne il controllo, ogni cambiamento nello status quo e’ improbabile”, ha detto Reed.
Il problema e’ che il coinvolgimento nella lotta anti ISIS della popolazione sunnita in Iraq, la stessa che fece vincere David Petraeus e George Bush nella surge contro Al Qaeda, e’ ora un miraggio. Obama ha infatti l’obiettivo suicida, che gli ha alienato le simpatie degli ex alleati arabi dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, per non parlare dell’aperta ostilita’ di Israele, di stringere una alleanza strategica con l’Iran, che di fatto e’ gia’ diventato, dopo l’abbandono di tutti i marines USA nel 2012, il “padre-padrone” del governo sciita irakeno. Dopo la pace con il nuovo amico Castro, la Casa Bianca vuole ora addirittura cementare l’asse con Teheran con il patto nucleare in dirittura d’arrivo, delegando poi completamente alla Guardia Rivoluzionaria Sciita le operazioni militari di terra contro l’Isis. Il risultato sara’ l’opposto di una “win win (vinci-vinci) situation”. Teheran avra’ la bomba atomica, e allarghera’ la sua influenza regionale dominando in Iraq e salvando il regime siriano di Assad, quello che gassa la sua gente. E Obama? Potra’ trascinare il conflitto contro l’Isis consegnando la noiosa pratica, insieme all’Iran “neo-nucleare”, al suo successore."
Le parole d’allarme del senatore repubblicano, veterano ed ex prigioniero in Vietnam, sono una chiara allusione alla dichiarazione sdrammatizzante di Barack fatta il giorno precedente durante una sua rara visita al Pentagono. Quando il comandante in capo ha detto, a proposito della strategia nella regione, che “non sara’ una cosa veloce, questa e’ una campagna di lungo termine. In molti posti l’Isis e’ opportunistico e agile, comprese le aree urbane, dove si nasconde tra la innocente popolazione civile. Ci vorra’ tempo per sradicarli, e farlo deve essere il lavoro delle forze locali sul terreno, con l’addestramento e il sostegno dei raid aerei”.
Ma in quasi un anno da quando Obama le ha ordinate, le 5mila incursioni Usa non hanno affatto frenato le avanzate in Siria e in Iraq. Quanto ai 60 paesi che Obama ha spesso millantato come alleati attivi, chi li ha visti? Sulla lentezza del reclutamento e della formazione di soldati irakeni e siriani ha fatto il punto Carter nella deposizione davanti ai senatori. “Entro il 30 giugno abbiamo ricevuto solo 8.800 reclute da istruire per l’esercito irakeno e i Peshmerga curdi, e altri 4600 militari e forze speciali antiterrorismo sono sotto training. Ma in Siria, dove l’obiettivo del Pentagono e’ di formare quest’anno migliaia di volontari per contrastare l’ISIS ne abbiamo attualmente solo 60”. Carter ha spiegato che il processo di ammissione, mirando ad arruolare personale fidatissimo, e’ lungo e rallenta il reclutamento. “Non un grande successo”, ha ironizzato McCain.
Anche il senatore Democratico piu’ alto in grado nella Commissione Difesa, Jack Reed del Rodhe Island, e’ apparso assai insoddisfatto dell’andamento della guerra all’Isis, e ha accusato soprattutto il governo centrale di Bagdad, in mano agli sciiti, perche’ non ha fatto sforzi per conquistare la fiducia e l’alleanza dei sunniti pacifici, che si sentono discriminati e ghettizzati. “In assenza di una moderata opposizione che vuole ed e’ in grado di riprendere il territorio in mano all’Isis e di mantenerne il controllo, ogni cambiamento nello status quo e’ improbabile”, ha detto Reed.
Il problema e’ che il coinvolgimento nella lotta anti ISIS della popolazione sunnita in Iraq, la stessa che fece vincere David Petraeus e George Bush nella surge contro Al Qaeda, e’ ora un miraggio. Obama ha infatti l’obiettivo suicida, che gli ha alienato le simpatie degli ex alleati arabi dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, per non parlare dell’aperta ostilita’ di Israele, di stringere una alleanza strategica con l’Iran, che di fatto e’ gia’ diventato, dopo l’abbandono di tutti i marines USA nel 2012, il “padre-padrone” del governo sciita irakeno. Dopo la pace con il nuovo amico Castro, la Casa Bianca vuole ora addirittura cementare l’asse con Teheran con il patto nucleare in dirittura d’arrivo, delegando poi completamente alla Guardia Rivoluzionaria Sciita le operazioni militari di terra contro l’Isis. Il risultato sara’ l’opposto di una “win win (vinci-vinci) situation”. Teheran avra’ la bomba atomica, e allarghera’ la sua influenza regionale dominando in Iraq e salvando il regime siriano di Assad, quello che gassa la sua gente. E Obama? Potra’ trascinare il conflitto contro l’Isis consegnando la noiosa pratica, insieme all’Iran “neo-nucleare”, al suo successore."
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