martedì 23 giugno 2015

Vaticano, aperture per divorziati risposati. E al Sinodo si discuterà di coppie gay - Il Sole 24 ORE

Vaticano, aperture per divorziati risposati. E al Sinodo si discuterà di coppie gay - Il Sole 24 ORE: "Sono i capitoli più spinosi del prossimo Sinodo ordinario sulla famiglia, che si terrà a ottobre. Certamente i più attesi dai media e dalla politica: le coppie gay e i divorziati risposati. Per le prime al momento (e secondo la disciplina in vigore) è non contemplata ogni forma di equiparazione con il matrimonio accettato dall a Chiesa, senza escludere forme di accoglienza (e sarà quello il terreno di scontro), mentre per i divorziati si conferma l'ipotesi di una riammissione ai sacramenti dopo un percorso individuale.

Ne discuteranno per tre settimane cardinali, vescovi e sacerdoti (“i padri sinodali”), mettendo a confronto varie tendenze e opinioni dentro la Chiesa. Al di là delle semplificazioni tra conservatori e progressisti, è già un fatto clamoroso che i temi vengano posti da Papa Francesco sul tavolo. Ne parla il documento-base del Sinodo, l'Istrumentum Laboris - presentato oggi in Vaticano dal cardinale Lorenzo Baldisseri, dal cardinale Peter Erdo e dall'arcivescovo Bruno Forte, rispettivamente relatore generale e segretario del Sinodo - che ha voluto fortemente aprire questo capitolo della dottrina e dalla pastorale della Chiesa. Il documento di fatto recepisce le conclusioni del Sinodo straordinario del 2014, che è stata di fatto una sessione preparatoria di quello ordinario di ottobre 2015.
«Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l'indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità», dice l'Istrumentum.

Quindi «si richiede da molte parti che l'attenzione e l'accompagnamento nei confronti dei divorziati risposati civilmente si orientino verso una sempre maggiore loro integrazione nella vita della comunità cristiana, tenendo conto della diversità delle situazioni di partenza». Insomma, vanno ripensate le forme di esclusione attualmente praticate nel campo liturgico-pastorale, in quello educativo e in quello caritativo. «Dal momento che questi fedeli non sono fuori della Chiesa, si propone di riflettere sulla opportunità di far cadere queste esclusioni. Inoltre, sempre per favorire una loro maggiore integrazione nella comunità cristiana, occorre rivolgere un'attenzione specifica ai loro figli, dato l'insostituibile ruolo educativo dei genitori, in ragione del preminente interesse del minore». Ma ogni atto non può essere erga omnes e senza un percorso preciso: «È bene che questi cammini di integrazione pastorale dei divorziati risposati civilmente siano preceduti da un opportuno discernimento da parte dei pastori circa l'irreversibilità della situazione e la vita di fede della coppia in nuova unione, vengano accompagnati da una sensibilizzazione della comunità cristiana in ordine all'accoglienza delle persone interessate e vadano a realizzarsi secondo una legge di gradualità, rispettosa della maturazione delle coscienze».

Il documento ricorda che si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all'Eucaristia e la comunione con la Chiesa e il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un'accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari e a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L'eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali».


Quindi per affrontare la tematica c'è un comune accordo sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l'autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversibile. Quindi si suggerisce un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell'eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza. «Altri, per via penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un presbitero a ciò deputato. Questo processo dovrebbe condurre l'interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione»."
SEGUE >>>


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