mercoledì 18 febbraio 2015

L'arcivescovo Moxon: la missione, nuovo motore dell'ecumenismo - Aleteia

L'arcivescovo Moxon: la missione, nuovo motore dell'ecumenismo - Aleteia: "E’ in corso a Durban, in Sudafrica, la quarta riunione dei membri della Commissione internazionale anglicano-cattolica della terza fase di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana (Arcic III). L'Arcic III nasce dall'incontro a Roma tra Benedetto XVI e l’allora primate anglicano Rowan Williams nel 2006 quando, in una Dichiarazione Comune, entrambi avevano espresso il desiderio di continuare il dialogo ecumenico avviato nel 1970 con l’istituzione dell’Arcic I e proseguito, dal 1983, con l’Arcic II, per superare le divisioni lasciate dallo scisma del XVI secolo. L’ultimo incontro dell’Arcic III si è tenuto dal 29 aprile al 7 maggio 2013 a Rio de Janeiro in Brasile. La relazione che verrà prodotta come risultato di questa terza fase di dialogo verterà sul tema della Chiesa come Comunione, locale e universale. Ascoltiamo quanto dice in proposito l’arcivescovo David Moxon, direttore del Centro anglicano a Roma e co-presidente della Commissione, al microfono di Philippa Hitchen:

R. – The Report will be about three things: what do we have in common?, …
La relazione verterà su tre domande: cosa abbiamo in comune e perché facciamo insieme quello che facciamo insieme? Su cosa stiamo lavorando, attualmente, su cui non abbiamo un’intesa piena ma per cui possiamo intravedere una potenziale intesa? E in ultimo, su cosa siamo in disaccordo e non vediamo possibilità di intesa? In tutti e tre questi ambiti – su cosa ci intendiamo, su cosa potremmo intenderci e su cosa non possiamo intenderci – credo che potremo compiere grandi progressi. Ma accanto a questo, guarderemo anche al “receptive ecumemism”, un ecumenismo aperto, che è un metodo secondo cui approcciarci tra di noi, Chiese e comunità diverse nel mondo, in spirito di collaborazione, di sostegno e di apprendimento vicendevole. Qui si tratta più di metodo che di contenuti. Ma immagino che la relazione preveda una seconda parte, incentrata sull’accoglimento dell’ecumenismo. Qui a Roma ci sono tanti esempi: la lotta contro le forme di schiavitù moderna e il traffico delle persone umane, è un preciso esempio di metodologia ecumenica.

D. – Lei ha detto che siete a metà strada nella stesura di questa relazione. Quando pensa che potrà essere terminata?

R. – I would think it is another two or three years away. I would think that …
Penso che ci vorranno ancora due-tre anni, e credo che alla fine avremo un documento che sarà di interesse non soltanto per le persone interessate all’ecumenismo. Spero che possa essere un documento all’interno del quale la gente possa trovare una teologia di lavoro condivisa, una teologia condivisa sul modo con cui prendiamo le decisioni, una teologia condivisa sulle missioni in comune, e che possano vedere in esso una sorta di manuale, di prontuario per la mutua collaborazione sul terreno, ognuno a casa propria.

D. – Avrà sentito che uno dei precedenti arcivescovi emeriti di Canterbury ha detto che molte persone ritengono che questi colloqui dell’Arcic, che si svolgono ormai da 40 anni, siano irrilevanti perché non hanno prodotto grandi frutti e che, se la gente non vedrà progressi concreti, perderà del tutto l’interesse nell’iniziativa ecumenica. Cosa risponde a questo?

R. - Well, I think that’s a challenge to us that we should take seriously. …
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