sabato 15 febbraio 2025

"Non potevo voltarle le spalle. Per me resta un dovere morale"

@ - Storia di Serena Coppetti - «Ha scelto lei il nome Serena, proprio perché si sentiva così, molto serena nella sua decisione. E lo ha scelto nel momento in cui ha davvero capito che dopo nove mesi la vicenda si poteva concludere positivamente».

"Non potevo voltarle le spalle. Per me resta un dovere morale"

Mario Riccio, anestesista rianimatore, consigliere dell'associazione Luca Coscioni è il medico che ha seguito 4 delle 6 persone che fino a oggi in Italia hanno ottenuto l'accesso alla morte volontaria. Dal primo, a Senigallia, Federico Carboni, fino a «Serena», l'ultimo caso, il primo in Lombardia. Ma è stato sempre lui, 18 anni fa, ad accompagnare fino alla fine Piergiorgio Welby. «È stata Serena a scegliere la data. Per lei il tempo diventava ogni giorno più difficile. Ed è morta serenamente, circondata dall'affetto dei suoi familiari e, le posso dire, non è retorica».

È stato così anche negli altri casi?
«Quello che ho sempre visto è stata l'assoluta decisione, la fermezza nella richiesta. Casomai momenti di preoccupazione di raggiungere l'obiettivo. Ma chi chiede di poter morire non lo fa sulla base emotiva del momento. È un processo che credo e vedo con una riflessione importante dietro».

In che cosa consiste la sua assistenza?
«Nel caso di Serena l'ospedale ha fornito farmaco e strumentazione ma non il personale sanitario. Ma io mi ero reso disponibile da subito. Devo applicare la flebo e inserire il farmaco. In Italia non c'è la pastiglia per bocca come in Svizzera. Poi è il paziente che deve muovere il cursore per il gesto finale, far partire il flusso. Per procedura fino all'ultimo momento chiedo se c'è un ripensamento. Poi è come una anestesia, il paziente si addormenta in pochi secondi».

Le hanno rivolto fin dai tempi di Welby accuse pesantissime. L'hanno definita persino medico della morte. Come vive tutto questo?

«Ho ancora cause in corso. Mi hanno chiamato medico nazista. 18 anni fa buona parte dei giuristi italiani sosteneva che sarei stato condannato a 15 anni per omicidio di consenziente. Mi dissero che era stato compiuto un reato che mai nessuna legge avrebbe potuto permettere. Oggi invece è legge. Archeologia politica. Mi dicevano che ero il medico che staccava la spina. Inizialmente mi dava fastidio perché la ritenevo una frase così riduttiva... parliamo di bioetica. Adesso non più. Anzi. Credo nell'idea di essere un medico che prende una decisione. Dico sempre che ho una mia opinione che capisco sia minoritaria, ma vorrei che ci fosse rispetto reciproco e che un medico non venga considerato come un assassino».

E da un punto di vista personale?
«Sono vicende che nella vita di un uomo sono pesanti, necessitano di una rielaborazione personale per trovare la giusta distanza con il richiedente. Non le nascondo che è impegnativo. Ma fa parte della vita del medico, lo sento come un dovere morale del medico moderno a fronte della richiesta del paziente di morire. Perché questi pazienti, sono persone arrivate in queste condizioni grazie al tentativo della medicina di guarirle o perlomeno cronicizzarle. Succede che il paziente accetta il percorso. Tutti i medici vorrebbero far guarire i propri pazienti, ma purtroppo la medicina riesce a guarire in molte situazioni, alcune le cronicizza. Altre le rende peggiori della situazione di partenza. Chi si trova in questa condizione dice, si dice ci ho provato, ci abbiamo provato insieme io paziente tu medico, ma non siamo arrivati dove volevamo. A questo punto, per me, il medico non può dire no, non può voltare le spalle».

Perché dice un medico «moderno»?
«Perché 50 anni fa i pazienti non arrivavano a questa condizione. Si moriva prima. Ma il bene-vita è un bene disponibile e ognuno deve poter farne quello che vuole. E questo supera anche le barriere ideologiche. Ripeto, ho il completo rispetto del collega che non lo fa, capisco che è un problema di coscienza. Quello che per me è un dovere morale per lui lo è altrettanto. Dunque rispetto chi lo ritiene inconciliabile. Per me sarebbe molto difficile il contrario. Non saprei spiegare perché no».

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