@ - Le dure parole di Guido Crosetto nei confronti di Jens Stoltenberg hanno fatto emergere ancora una volta la non facile relazione tra l’Italia e l’Alleanza Atlantica. Il ministro della Difesa italiano ha attaccato il segretario generale della Nato per aver affidato alla Spagna il ruolo di inviato per il Fronte Sud, un ruolo fortemente voluto dall’Italia nonostante l’opposizione di Stoltenberg, e invece assegnato allo spagnolo Molina.
Guido Crosetto© Fornito da Il Riformista
Episodio di per sé significativo e ancora più rilevante se consideriamo che Stoltenberg è uomo noto per cautela e razionalità. Cautela che dovremmo avere anche noi Italia, specie se ci facessimo un esame di coscienza. A giugno, infatti, l’Italia si era distinta per la sua riluttanza a impegnarsi nell’erogazione di 40 miliardi di euro l’anno in aiuti militari per l’Ucraina. Il ministro Crosetto aveva affermato che questo impegno avrebbe comportato per l’Italia una spesa di 3,5 miliardi di euro all’anno, politicamente insostenibile per un paese ancora ben lontano dal raggiungere il 2% del Pil previsto dagli accordi Nato per le spese della Difesa. Una posizione non ben accolta dagli alleati, e che ha generato tensioni non solo con Stoltenberg.
A maggio lo stesso Crosetto – il cui supporto pubblico all’Ucraina, va riconosciuto, è sempre stato molto deciso – aveva criticato duramente Stoltenberg sull’invio di armi, appellandosi persino all’articolo 11 della Costituzione (“l’Italia ripudia la guerra”) in relazione all’uso delle stesse anche in territorio russo. Un’interpretazione – ripetuta anche dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani – che molti costituzionalisti hanno prontamente respinto. Ancora meglio Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio (le cariche istituzionali pesano) oltre che ministro delle Infrastrutture, che nell’occasione ha richiesto le dimissioni di Stoltenberg. Il leghista, le cui simpatie per la Russia sono ben note, è forse la principale fonte di sospetti sulla coerenza e affidabilità della posizione italiana, e – appare chiaro – il principale problema politico di Giorgia Meloni, non solo su questo tema. Lasciamo poi perdere le imbarazzanti posizioni dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte – colui che nel 2020 fece sfilare l’esercito russo in Italia nel quadro di un’operazione tra propaganda e spionaggio – o di pezzi del Pd.
Non solo Roma però. La scorsa settimana, una risoluzione del Parlamento europeo ha riaffermato il sostegno all’Ucraina, chiedendo aiuti militari senza restrizioni. I partiti di maggioranza italiani hanno votato a favore, ma Fratelli d’Italia si è astenuto su alcune parti del testo (sulla stessa parte Forza Italia ha dato via libera per un errore!), mentre la Lega ha votato contro l’intera risoluzione. Nel frattempo sul tema delle spese per la Difesa Crosetto – che non è in una posizione facile tra l’incudine dei conti nazionali e il martello Nato – continua a insistere sullo scorporo rispetto al calcolo del rapporto debito/Pil, una proposta ripetutamente bocciata e con inesistenti possibilità di successo futuro, tanto più considerando la discussione sul debito che ci aspetta a breve con la Commissione. E come se non bastasse il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha proposto di ricalibrare il concetto di spesa per la Difesa, suggerendo di includere alcune voci non considerate finora. Una manovra che molti vedono come un tentativo di aggirare le regole. Giorgetti ha infatti dichiarato alla Camera: “Da una sommaria analisi di quello che viene contabilizzato come spesa per la Difesa da altri partner europei, abbiamo scoperto che il concetto vada ricalibrato. Alcune spese militari, che in questo momento non sono considerate tali, potrebbero esserlo in un ragionamento complessivo”. Immaginiamo i report inviati nelle rispettive capitali da parte degli ambasciatori dei paesi Nato in Italia.
Infine c’è l’elefante nella stanza: l’Italia, all’interno della Nato, è considerata – per tutti i motivi di cui sopra – un potenziale pericolo, paragonabile a paesi come Ungheria e Slovacchia. Questa percezione è aggravata dall’ingombrante presenza di figure come il generale Vannacci, importante esponente di un partito di governo, la cui fascinazione – sua e di alcuni pezzi delle nostre forze armate – per l’aggressore russo che minaccia l’Europa desta preoccupazioni.
Intanto, rispetto alla guerra in Ucraina, dall’Italia politica e televisiva salgono messaggi che vanno da “abbassare i toni con la Russia” alla “difesa nonviolenta” (Pannella si starà rivoltando nella tomba), sino allo scioglimento della Nato, senza che quasi nessun politico abbia il coraggio di dire in maniera chiara la verità agli italiani. La verità sul perché dobbiamo essere a fianco dell’Ucraina o combattere gli Houthi, e sul perché ciò sia nell’interesse dell’Italia, della propria economia, e della democrazia. E sì, questo comporta un aumento delle spese della Difesa, su cui abbiamo risparmiato per 70 anni grazie all’ombrello americano, che però presto Trump potrebbe chiudere, lasciando l’Italia – più di altri paesi, essendo impreparata – esposta alle intemperie di una geopolitica impazzita.
Insomma, con una tale sequenza di situazioni – col solo presidente Meloni a toccare i tasti giusti – è purtroppo inutile poi stupirsi di certe decisioni. L’Italia, di destra di sinistra, sembra da sempre pensare che un ruolo internazionale debba esserle attribuito d’ufficio: in nome della geografia, della produzione industriale, dell’essere paese fondatore dell’Ue e via di seguito. Ma un paese diventa determinante quando sa posizionarsi nei momenti chiave delle questioni internazionali con azioni chiare, basate su un percorso storico coerente, e rappresentate in maniera credibile grazie a un forte supporto interno (quello che Crosetto ha da Meloni ma non dalla maggioranza). Questo è ancora più importante in un tempo di guerra come questo, che ci coinvolge tutti, anche se preferiamo pensare che si svolga lontano e non ci tocchi.
Possiamo anche dire che è sempre colpa degli altri, dei poteri forti, del destino baro, dell’arbitro cornuto, ma alla fine rimane solo che così le partite vengono perse. E, parafrasando una vecchia frase di Claudio Lotito: “La politica non è come le bocce, in cui vince chi si avvicina di più, qui contano i risultati”.
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