@ - Carabinieri e Dda di Roma stanno notificando misure cautelari a 28 persone nella Capitale, Napoli, Foggia e Viterbo. "Marcellone" Colafigli, già della Banda, gravemente indiziato di essere a capo di un'associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Gli elicotteri hanno svegliato alle prime luci dell'alba l'intero quadrante a Sud di Roma.
Marcello Colafigli, arrestato l'ultimo big della Banda della Magliana. Il blitz all'alba: controllava ancora lo spaccio© Forze ordine
Su delega della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, stanno dando esecuzione a un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 28 persone (11 destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere, 16 della misura degli arresti domiciliari e una dell’obbligo di firma), gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale. Tra i destimatari, oltre Colafigli già detenuto per altra causa, ci sono altri 22 italiani, 2 albanesi, 1 kosovaro, 1 macedone e 1 colombiano. Tra i deputati allo spaccio, nel sodalizio, compare anche Walter Garofalo, l'elettrauto 55enne ferito da colpi d'arma da fuoco il 25 marzo in via Pian due Torri.
Le indagini
Le indagini, avviate dai militari del Nucleo Investigativo di Roma e dirette dalla DDA di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale, con base logistica nella Capitale e operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale, capeggiato da uno dei promotori storici della cosiddetta “Banda della Magliana”, Marcello Colafigli che, nonostante in regime di semilibertà, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano. Approfittando del regime di semilibertà che gli permetteva di recarsi esternamente in una cooperativa agricola, Marcellone invece di lavorare si cimentava nella getione del narcotraffico. Anche la responsabile della cooperativa è ora coinvolta nell'inchiesta.
Chi è Marcello Colafigli
Marcello Colafigli, è stato riconosciuto unitamente a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, come uno dei promotori del gruppo criminale noto con il nome Banda della Magliana. Gravato da più ergastoli, è stato condannato, tra l’altro, per il sequestro e l’omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere (considerata l’azione con cui la Banda ha iniziato la propria attività criminale) e l’omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis. Il 16 marzo dell'81 a Roma fu protagonista di un feroce e impietoso agguato ai "pesciaroli" di Donna Olimpia, i fratelli Mario e Maurizio Proietti. Quella sera tra l'andirivieni degli inquilini dei palazzoni popolari di Monteverde, un commando cominciò a sparare all'impazzata nei confronti dei due, davanti a moglie e figli. Maurizio cadde sotto la pioggia di fuoco. Marcellone e un complice si asserragliarono sui tetti prima di consegnarsi, braccati, alle forze dell'ordine. Colafigli fu uno tra i primi ad appellarsi all'infermità mentale per attutire la portata delle conseguenze giudiziarie.
Lui che era uno dei "drizzatorti" più ricercati dalla Banda, per la sorella aveva patito tali sofferenze nell'nfanzia da riportare traumi indelebili: «E' nato settimino, da parto gemellare, con morte quasi immediata del fratello; appena nato, pesando chili 1,200, è stato tenuto, anziché in incubatrice, in una scatola da scarpe imbottita di ovatta; avrebbe sofferto di meningite verso i due anni e mezzo; è stato seguito per molto tempo, nel corso dell'infanzia e fino a dieci, dodici anni, per certe crisi che la sorella a tratti definisce di epilessia, a tratti di acetone; era molto affezionato alla madre (che era sempre molto premurosa e protettiva con lui) e ha molto sofferto per la sua morte, reagendo negativamente al secondo matrimonio del padre e attaccandosi morbosamente alla sorella; verso il 1978 fu ricoverato in una clinica per malattie nervose a Roma». Ma le informative degli investigatori parlavano di tutt'altro profilo: «Noto rapinatore e bandito di levatura nazionale, incontrastato boss della malavita organizzata dei quartieri Magliana, Trullo, San Paolo e altre zone, per il suo grado di cultura superiore agli altri (diplomato geometra) è tenuto in particolare considerazione», si legge in un rapporto dell'81. Quando nell'ospedale psichiatrico di Aversa incontra Gregorio Marchese, instaura i primi contatti con Cosa Nostra per il traffico di eroina. Va a Palermo dove,a dimostrazione della sua affidabilità, si mise a disposizione con la sua organizzazione per provvedere all'eliminazione di Gianni De Gennaro, futuro capo della polizia. Progetto che non andò in porta per un suo nuovo sopravvenuto arresto.
Passano i tempi, ma Marcellone è sempre in prima linea, pronto a stringere accordi, secondo gli inquirenti, con le mafie più attuali e potenti, non ultima quella albanese. Nelle intercettazioni traspare la sua tracotanza: «Pure se chiacchierano e fanno il nome mio - dice Colafigli a un sodale - a mia insaputa io me la difendo sempre però perché gli dico "Questi qua sono 40 anni che vanno avanti col mio nome, si sono arricchiti che ca… volete?"»
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