@ - Dalla guerra in Ucraina al colpo di Stato in Niger: al DiariodelWeb.it le tensioni internazionali viste dal giornalista Michele Dalla Palma, autore di «Sopravvivere al nuovo ordine mondiale».
Una protesta in Niger a sostegno dei golpisti con la bandiera russa (© Fotogramma)
Alla tensione internazionale dovuta alla guerra in Ucraina si è aggiunta, dalla scorsa settimana, quella generata dal colpo di Stato in Niger. Un fatto tutt’altro che periferico sullo scacchiere del mondo, visto che dietro le quinte si agita ancora lo scontro tra Stati Uniti e blocco russo-cinese. Il presidente deposto, Mohamed Bazoum, era infatti uno dei pochi capi di Stato dell’Africa occidentale ad essere filo-statunitense. Il DiariodelWeb.it ha commentato ciò che sta accadendo sul fronte sovranazionale con il giornalista Michele Dalla Palma, autore del libro «Sopravvivere al nuovo ordine mondiale», appena pubblicato da Byoblu editore.
Michele Dalla Palma, a cosa ci riferiamo quando parliamo di nuovo ordine mondiale?
È una terminologia che, nella storia, fu utilizzata da George Washington, da Winston Churchill, da George Bush senior. Che indica il tentativo dei grandi del mondo, non solo gli Stati nazionali ma la finanza speculativa e le multinazionali, di ridisegnare le mappe del pianeta, dal punto di vista politico, sociale e commerciale.
Dunque non è un concetto complottista, come spesso viene descritto?
Chiunque inorridisca di fronte a questo termine non sa cosa significhi, in termini letterali.
Oggi in quale ordine mondiale viviamo?
Da qualche anno siamo tutti seduti su un orizzonte dal quale osserviamo un continuo divenire degli eventi. Siamo in bilico, in equilibrio instabile. Oggi c’è un immenso disordine mondiale, dal quale sicuramente scaturirà un nuovo ordine, che però neanche gli analisti più visionari possono prevedere.
Quindi, in realtà attualmente l’ordine mondiale non c’è?
Dagli anni ’80 si cercò di fissare un nuovo ordine mondiale nell’economicismo: cioè di assoggettare le società umane all’economia e alla finanza sovranazionali, e tramite queste fermare la storia. Ma i fatti degli ultimi dieci anni hanno mandato a gambe all’aria l’assetto del mondo, facendo rientrare pesantemente nelle nostre vite la storia, cioè i confronti tra grande potenze egemoniche.
Quella che Francis Fukuyama, nel suo celeberrimo libro, pensava che fosse finita.
È evidente che questo principio fosse sbagliato. Perché abbiamo sempre dato per scontato che il mondo fosse quello che vedevamo noi, cioè quello occidentale. Dimenticando che, per quanto potente sia la nostra finanza, che a tutt’oggi governa, la nostra civiltà ne rappresenta un decimo. Gli altri nove vogliono vivere in modo diverso da noi.
La guerra in Ucraina ci sta mostrando chiaramente il ritorno della storia.
È una dimostrazione eclatante, ma anche facilmente ipotizzabile, con il senno di poi. Ci eravamo anestetizzati nella convinzione che la guerra appartenesse a una società passata, ma sbagliavamo alla grandissima. Il mondo di oggi ce lo mostra. Avevamo investito tutta la nostra energia sull’economia e sulla finanza, convinti che fosse il meccanismo per emanciparsi, ma oggi si sta ritornando alla dimostrazione di potenza attraverso gli eserciti.
Insomma, la finanza e l’economia che ha preteso di controllare il mondo non ci è riuscita?
Ha tentato per trent’anni, ma ha fallito. Uno dei temi principali oggi è: quanto può durare ancora il dominio del dollaro come moneta di riferimento, sapendo che almeno metà del mondo sta cercando una soluzione diversa, dai Brics all’Africa?
A proposito di Africa, è della settimana scorsa il colpo di Stato in Niger.
Era l’unico baluardo in Africa occidentale dell’espansionismo imperialista francese e americano. Ma dietro il Niger ci sono la Russia e la Cina, non è la rivoluzione di quattro poveracci scappati di casa. Quella guerra non è un conflitto regionale, ma un confronto economico-bellico internazionale. Infatti gli altri Paesi del Sahel si stanno rapidamente convertendo alla filosofia russo-cinese, che promette loro di barattare il loro patrimonio in cambio di infrastrutture, invece di rubarglielo. Lo stesso sta accadendo in Sudamerica. C’è una grandissima parte del mondo che sta contestando e rifiutando il potere dell’economicismo occidentale.
E in Europa?
L’Europa è irrilevante, è il servo sciocco del potere americano, da cui può solo prendere ordini e ritrasmetterli agli Stati nazionali, a loro volta esautorati da qualsiasi capacità di fare politica. Nel grande scontro tra Usa e Russia-Cina, possiamo diventare merce di scambio: se il dollaro dovesse crollare, probabilmente userà l’euro come parafulmine per rallentare la sua caduta. E non è uno scenario così impossibile: a fine giugno 2023, il mese scorso, si è rischiato il default degli Stati Uniti…
Lo stesso vale anche per l’Italia?
L’Italia è stata gestita, dal 1860 alla prima guerra mondiale, dagli inglesi, che hanno favorito prima la carboneria di Mazzini e poi Garibaldi. Poi l’armistizio della seconda guerra mondiale ha di fatto venduto il nostro territorio agli americani, come frontiera per contrastare l’Unione sovietica. Pensiamo di aver contato qualcosa, ma in realtà non abbiamo mai contato niente nel mondo: ogni volta in cui qualche nostra eccellenza è stata in grado di competere con i grandi poteri economici, da Mattei a Olivetti, è stata cancellata in modo cruento.
E quindi qual è la strada per sopravvivere, per citare il titolo del suo libro?
La consapevolezza. Se so in che mondo vivo sono anche in grado di tutelare il mio microcosmo personale. Nessun’azione di nessun governo, di nessun gruppo umano, di nessun singolo può interferire con le scelte fatte a monte. Ma se sappiamo quello che succede possiamo mettere in atto quotidianamente piccoli meccanismi per sopravvivere.
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